Boh, io non so davvero che dire.
Scrivo perché mi piace, scrivo perché mi rilassa e scrivo anche un po' perché l'immaginazione è il posto più bello che esista. Ho sempre immaginato e scritto per me stessa, ma qualche giorno fa, un paio di voi mi hanno lasciato dei commenti che non solo mi hanno emozionato, ma mi hanno fatto riflettere.
Continuerò a scrivere per me stessa, ma con una nuova consapevolezza: scrivere anche per qualcun altro, è proprio una bella sensazione.
Un bacione, e alla prossima!Camminava strascicando i piedi sul pavimento di pietra gelido, ignorando il dolore pulsante che dalla gamba risaliva per tutto il corpo come uno sciame di vespe velenose. Il rumore dei suoi passi echeggiava nel lungo corridoio, illuminato dalle fiamme tremolanti delle torce.
Era stato avventato, e per poco non era caduto dritto nella trappola dei suoi nemici, ma le alleanze che la sua nobile famiglia aveva stretto nei secoli travagliati dalla guerra, gli avevano garantito la salvezza.
Alcune spie erano riuscite ad informarlo prima dell'attacco, e grazie a loro era riuscito a sventare il massacro nel campo di fortuna che i suoi avevano allestito poco lontano dalle mura del castello di Dunure.
Edward era riuscito ad infiltrarsi nelle segrete, ma un dannato arciere appostato sui merli della torre di guardia aveva scoccato una freccia che l'aveva colpito proprio sopra il ginocchio. Stringendo i denti, Edward aveva proseguito, ma l'allarme era stato lanciato, e il suono del corno aveva rimbombato fra le colline.
Probabilmente William era già stato portato via, e l'immane sforzo profuso dal cavaliere l'avrebbe trascinato fra le nere mani della Morte, ma se quella missione suicida l'avesse condotto a rivedere lo splendido viso del suo amore, ne sarebbe valsa la pena."Louis!"
La voce di Arlene lo fece sobbalzare.
Chiuse il laptop con un clic e corse di sotto. Più o meno. Con quegli stupidi jeans anche il più semplice dei movimenti diveniva un'ardua impresa.
Schioccò un bacio sulla guancia della madre e prese la chiavi dell'auto. Uscì nella fredda aria di quel pomeriggio senza sole, stringendosi nella felpa e pregando che Dio gliela mandasse buona.Tamburellava le dita sul volante, il fiato corto e la mente appannata. La musica hard rock che passava alla radio faceva il paio con le pulsazioni del suo cuore.
Era una delle sue passioni segrete. Gli piaceva ascoltare canzoni melodiche, dal ritmo orchestrale e arricchite da testi poetici e quasi sibillini, tutti da interpretare; ma a volte, in giorni come quello, si ritrovava a desiderare soltanto l'iniezione di adrenalina dei suoni metallici del rock aggressivo.
In quel momento, tutta la tensione accumulata che lo stava divorando come un tarlo, parve scemare insieme alle note della chitarra elettrica.
Mentre imboccava la statale ME-4 in direzione Avon, Louis provò a deglutire l'eccessiva salivazione e quel fastidioso quanto insensato senso di colpa. Aveva finalmente un appuntamento con un essere umano in carne e ossa, non frutto dei suoi castelli in aria, eppure non riusciva a smettere di pensare che quel pomeriggio stesse irrimediabilmente tradendo l'amore della sua vita.
Scosse la testa. Lui ed Harry si erano avvicinati, persino più di quanto avrebbe mai osato sperare; avevano condiviso lacrime e segreti, uno spazio stretto e caldo in una tenda striminzita, dolcissimi abbracci e parole sussurrate. Ma Harry non era Edward, e lui non era William. Per loro non ci sarebbe stato nessun happy ending. Era arrivato il momento di convincersene e voltare pagina.
Colin sarebbe stato il suo punto di partenza.Parcheggiò la vecchia Grand Voyager e, dopo aver gettato una rapida occhiata attorno a sé, si allacciò il bottone dei jeans. Dannata pancetta. Avrebbe dovuto comprare almeno una taglia in più, ma Harry gli aveva detto che stava benissimo...
Colin, Colin, Colin! Concentrati!
Scese dall'auto e si sgranchì le gambe, prendendo un profondo respiro. Si erano dati appuntamento di fronte all'entrata nord del centro commerciale di Avon, e come suo solito, Louis era in anticipo di un buon quarto d'ora.
Si passò una mano fra i capelli, come a controllare che quell'insolita pettinatura fosse ancora lì. Arlene glieli aveva spettinati con un po' di gel, e quando l'aveva visto indossare quei jeans attillati, era arrossita e, quasi commossa, gli aveva detto, "il mio bambino."
Louis si era coperto il viso con le mani.
Con il volto di Colin stampato nella mente, si mise a girovagare studiando la gente che entrava ed usciva dall'edificio. Cercava un ragazzo più o meno della sua età, lisci capelli castani, due profondi occhi scuri ed un viso chiaro e magrolino.
Guardò l'orologio, sospirando, lo stomaco attorcigliato nella morsa di un pitone reale.
Combattuto se darsela e gambe e tornare nella tiepida sicurezza della propria casa, o restare ed iniziare a vivere come una persona normale, che faceva cose normali come conoscere gente nuova, Louis si agitava sul posto, mordicchiandosi le unghie e picchiettando i talloni sul cemento.
"Louis?"
Una mano gli si posò sulla spalla, e quando si voltò, sussultando di terrore, si ritrovò di fronte quel ragazzo che aveva visto soltanto in foto.
Chi ben comincia...
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The Non-So-Secret Lives of Two American Teenagers
FanfictionE se per un banalissimo progetto di scienze il più cliché degli sfigati e il più popolare, atletico ed irraggiungibile della scuola, dovessero finire insieme? Larry Stylinson Highschool AU