Louis

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Tomlinformica mi minaccia. Se scrivo questa e non traduco C&C è colpa sua. Prendetevela con lei. Ecco.
Nah! Non è vero. Cioè sì, ma io sono in ferie e non ho una minchia da fare. Sono ispirata, quindi ne approfitto. Sia mai che poi mi viene il blocco e non aggiorno per 8 anni.
E niente, ciao bellezze, e GRAZIE! xx

   Harry aveva dormito a casa sua. Harry aveva dormito accanto a lui. Harry aveva pianto sulla sua spalla e si era addormentato fra le sue braccia. Harry aveva indossato i suoi vestiti.
Louis e sua madre avevano giocato al tiro alla fune con quegli abiti. Non poteva mica lasciare che li gettasse in lavatrice. Avevano il magnifico profumo di Harry, quell'afrodisiaca fragranza di arcobaleno. Alla fine aveva vinto Arlene, piegata dalla risate per la dolcissima stupidità del figlio.
Il riccio aveva lasciato la loro casa nel tardo pomeriggio con il naso congestionato ed il viso più pallido del solito.
Louis si era sdraiato a letto, un sorriso ebete sulle labbra sottili. Aveva stretto le braccia al petto, chiudendo gli occhi e fingendo che Harry fosse ancora lì, accoccolato in quell'abbraccio come un orsacchiotto di peluche. Il suo orsacchiotto. Aveva urlato di gioia, e squittito come una ragazzina, mentre la madre se la rideva ancora. Si era chiesto un centinaio di volte il motivo della disperazione del bellissimo ragazzo riccio; del perché avesse deciso di chiamare proprio lui. Gli aveva detto che avrebbe passato il fine a settimana a Portland in compagnia di quel brutto imbecille di Scott. Forse avevano litigato, anche se agli occhi ingenui di Louis nessuna discussione giustificava lasciare un amico solo, sotto la pioggia, e per di più senza un soldo.
Decise di smettere di pensarci. Magari Harry gliel'avrebbe raccontato. Infondo adesso, un po' amici lo erano, no?
Trascorse la giornata a battere le dita sulla tastiera del pc. Il suo acerrimo nemico aveva rapito l'amore della sua vita, e Sir Edward non avrebbe lasciato un'onta simile impunita.
Quando la palla infuocata del sole sparì dietro la cresta montuosa, e le stelle comparvero luminose nel cielo del crepuscolo, Louis si addormentò, sognando coraggiosi cavalieri ed orsacchiotti dagli occhi di giada.

   Harry non andò a scuola il giorno dopo. E nemmeno quello successivo. Louis meditò a lungo se mandargli un messaggio, e l'occasione gli si presentò quando poté origliare una conversazione fra Christie ed una sua amica cheerleader. Pareva che Harry fosse a letto con un febbrone da cavallo e un raffreddore da guinness dei primati.
Louis prese il pretesto al volo e gli inviò un sms.

Ciao Harry, sono Lou. Spero che tu ti rimetta presto. Ci vediamo a scuola, x

Non era certamente il messaggio migliore del mondo, ma poteva funzionare. Almeno così pensava, anche se fu costretto a ricredersi a fine giornata, quando la risposta di Harry non era ancora arrivata. Trascorse il giorno con la faccia incollata allo schermo, controllando il telefono persino durante le lezioni, cosa che Louis lo studente modello non aveva mai fatto. Il suo orsacchiotto rappresentò la più dolce delle eccezioni.
Quella sensazione di gioia e beatitudine che l'avevano tenuto sospeso in un magico mondo fatto di unicorni e case di marzapane, vide la sua rovinosa fine la sera stessa. Harry aveva letto il suo messaggio, ma per qualche motivo a lui sconosciuto, aveva deciso di ignorarlo.
Tentò di non farsi prendere dal panico. Incrociò le gambe, seduto sul pavimento della propria stanza, e chiuse gli occhi. La meditazione l'avrebbe aiutato a mantenere lo spirito in uno stato di positività ed armonia. Dopo una manciata di minuti, fece una smorfia e rise della propria idiozia. Scese in cucina e divorò una confezione di Twinkies*. Perché sì.

   Harry tornò a scuola il mercoledì successivo, con il naso ancora arrossato come Rudolph la renna. Louis sorrise fra sé, desiderando soltanto di poter passare le dita fra i suoi ricci sparuti e baciare via quel cipiglio imbronciato. Gli si avvicinò lentamente, ma non appena dischiuse le labbra per salutarlo, quello gli passò accanto senza degnarlo di uno sguardo.
Louis rimase lì, impalato al centro del corridoio, la mano alzata e la bocca aperta. Come un idiota.
L'unica spiegazione plausibile era che Harry non l'avesse visto. Per forza. Ormai era chiaro che non fosse lo stronzo che Louis aveva pensato. Era un dolce peluche coccoloso che aveva chiamato Louis quando aveva bisogno di aiuto.
Si morse il labbro ed aspettò con ansia la lezione di educazione fisica che avrebbero condiviso.

The Non-So-Secret Lives of Two American TeenagersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora