Harry

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Nella foto, l'outfit di Louis che ho immaginato per questo capitolo.

Ah. Chiedermi di aggiornare più in fretta, non mi farà effettivamente aggiornare più in fretta. Anzi. Sono una persona che si mette già abbastanza pressione da sola, se capite cosa intendo, ed in più, è un periodo in cui sono incasinatissima. Non fraintendete, adoro che adoriate questa storia, ma vi prego, soffro già d'ansia, e non voglio che la scrittura diventi un ulteriore motivo di apprensione.
   Detto questo, vi lascio, kittens, e vi ringrazio, perché sul serio, il  successo di questa storia a volte mi spaventa, ahahah.
   Alla fine, oltre alle QOTC, troverete una nuova cosina alla quale sto lavorando da un paio di giorni. Come sempre, ogni vostra opinione è più che gradita :)
All the love.
Ps: special dedication all'amore mio, lappi88 , perché quei brutti cattivi le hanno cancellato il profilo. Ma non disperate, riposterà tutto, voi però intanto schiacciate il tastino follow e il tastino stellina. Tutto ino. Oggi va così. #Emotional wreck.

"Lou, esci di lì!"
"No!"
"Louis!"
"No!"
"Guarda che ti prendo su di peso!"
"Ha! Dovresti sfondare la porta prima."
"Ti sfondo qualcos'altro se non esci!"
"Harry! Porco!"
   Il riccio sghignazzò coprendosi la bocca con il dorso della mano. Quel siparietto, per quanto esilarante, stava rallentando la tabella di marcia.
"Lou, ti prego, siamo in ritardo," ritentò.   
   Erano giorni che pianificava il loro primo vero appuntamento e voleva che fosse tutto perfetto. Per arrivare fino a Portland ci avrebbero impiegato un paio d'ore, non potevano aspettare ancora.
"Non uscirò mai conciato così!"
Urlò il ragazzo dall'altro lato della porta del bagno.
   Harry sospirò, passandosi le dita fra i ricci ribelli. "Lou, stai benissimo, come te lo devo dire?"
   Non ottenne altra risposta, ma il rumore della chiave che ruotava finalmente nella serratura. Il viso scarlatto di Louis spuntò dall'uscio, lo sguardo basso ed un broncio contrariato ad aggrottargli la fronte.
"Dio," mormorò Harry, mordicchiandosi il labbro inferiore. Se non fossero stati così maledettamente in ritardo, l'avrebbe trascinato a letto e tanti cari saluti.
"Sembro un twink di un qualche porno di serie B," si lagnò il ragazzo dagli occhi celesti. Harry ridacchiò nuovamente e lo strinse fra le braccia, costringendolo a voltarsi verso il grande specchio appeso alla parete del corridoio.
"Mi stai sentendo lamentarmi?"
Lo vide alzare gli occhi al soffitto e lo udì borbottare, malgrado fosse concentrato sul suo aspetto. Aveva scelto quei vestiti personalmente, e se avesse potuto, si sarebbe dato una pacca sulla spalla da solo.
"Stai benissimo," gli ripeté in un sussurro, indugiando accanto al suo orecchio fino a farlo rabbrividire da capo a piedi.
   Con un sorrisetto soddisfatto, lo prese per mano e sollevò le sopracciglia.
"Allora, andiamo?"
Louis fece una smorfia, ma annuì, seguendolo al piano di sotto.
"Oddio, Boo! Sei bellissimo!" Cinguettò Arlene quando vide i due ragazzi entrare in salotto. Gli corse incontro e gli baciò entrambe le guance, ridacchiando giuliva.
"Mamma, ti prego! Non ti ci mettere anche tu," disse lui, nascondendo il viso dietro i palmi aperti.
   Harry vide la donna voltarsi nella sua direzione e fargli l'occhiolino, prima di sentirla dire, "passate una bella serata, ragazzi. Guida piano, Harry!" Si raccomandò puntandogli il dito al petto.
Il riccio sorrise e fece sì con la testa. "Tranquilla, signora Tomlinson. E grazie," rispose, infilandosi il cappotto di lana.
"Arlene, Arlene, non signora Tomlinson," urlò la madre di Louis mentre Harry chiudeva la porta dietro di sé.
   Sorrise ancora, dopo aver ripreso la mano di Louis, tenendola stretta per le due ore successive.
   Era stato a Portland soltanto una volta, ed il ricordo bruciava ancora come sale su una ferita, ma per qualche ragione, con le dita affusolate del suo ragazzo intrecciate alle proprie, non gli passò neanche per la mente.

   Aveva pianificato tutto affinché fosse una serata da ricordare. E lo fu, eccome. Anche se di certo non per le ragioni che aveva immaginato.
Aveva trascorso un intero pomeriggio su Google, digitando in continuazione parole come "romantico," e "primo appuntamento a Portland", finché trovò ciò che pensava fare al caso loro. Uno splendido ristorante che si affacciava sul porto della città, all'ultimo piano di un grattacielo di vetro e cristallo e che offriva la vista panoramica più suggestiva dell'oceano e delle montagne che circondavano la penisola.
Erano partiti presto, in modo da poter ammirare i colori dell'autunno che si fondevano con il mare nel momento magico del tramonto, ma la superstrada stranamente sgombra aveva consentito loro di arrivare a destinazione prima del previsto.
Harry aveva colto l'occasione e lo aveva preso ancora per mano, trascinandolo per le vie del centro e fermandosi di tanto in tanto di fronte a qualche negozio.
Che Louis fosse timido non era certo una novità, ma che l'imbarazzo di essere insieme, mano nella mano, sotto gli occhi disinteressati di altri esseri umani, lo paralizzasse al punto tale di non emettere un fiato e lo costringesse a tenere la testa incassata nelle spalle con lo sguardo puntato al terreno, non era stato esattamente incluso nei piani mirabolanti di Harry per il primo appuntamento da favola.   
   Proprio come non era stata inclusa quella goccia che divenne una cascata, quell'evento dettato dal karma, o dalla sfiga, comunque la si voglia chiamare, che aveva inviato uno stormo intero di gabbiani Jonathan a svolazzare e starnazzare sopra le loro teste, e ne aveva scelto uno per bombardare la spalla di Louis come un missile aria-terra.
Che fare in una situazione simile, se non ridere a crepapelle, tenendosi le braccia strette al petto per calmare gli spasmi addominali? Ed Harry l'aveva fatto, piegato in due di fronte al viso scarlatto e furente e imbarazzato e rigido come un monolite di Louis, convinto che ogni altra forma di vita sul pianeta si fosse fermata per unirsi alla risata dirompente del riccio.
Risultato, la furia cieca del povero Louis l'aveva spinto a nascondersi nel primo bagno pubblico che avevano trovato, nel misero tentativo di lavare via l'onta maleodorante della vergogna, mentre Harry si asciugava le lacrime ed il sole tramontava indifferente delle disgrazie umane. E come a casa poche ore prima, tirare Louis fuori da quello stanzino si era rivelata un'impresa tutt'altro che semplice, mentre il buio della notte calava su Portland portandosi via gli ultimi spiragli di luce e la prenotazione al ristorante.
   Erano risaliti in macchina, le risate di Harry ormai echi lontani di una serata disastrosa.   
   Louis aveva gli occhi puntati fuori dal finestrino, o in qualunque altra direzione che non incrociasse quelli del riccio, un'espressione stralunata che Harry poteva scorgere dal riflesso sul vetro appannato dalla condensa.
   Picchiettava le dita sul volante, un fascio di nervi pronti a saltare, mentre cercava le parole giuste per interrompere quel lugubre silenzio.
"Lou?" Tentò a bassa voce, come avesse a che fare con un animaletto spaventato. Il ragazzo al suo fianco grugnì e sbuffò senza degnarlo di uno sguardo.
"Mi dispiace tanto, lo so che non è stata la serata che avevamo programmato-"
"Dici, Harry? Dici?" Lo interruppe, alzando un sopracciglio con quel suo fare sarcastico e quasi insolente.
   Harry puntò nuovamente gli occhi sulla strada, sopprimendo un sospiro rassegnato, malgrado di rassegnarsi non ne avesse alcuna intenzione. D'accordo, il loro primo appuntamento era stato un fiasco, ma non poteva certo finire così.
   Non appena vide una piazzola di sosta, sterzò e spense il motore, voltando tutto il corpo verso destra. Louis lo guardò accigliato e confuso da quelle manovra inaspettata.
"Che fai? Perché ci siamo fermati?" Chiese indispettito, controllando l'ora sul cruscotto, "voglio arrivare a casa il prima possibile e dimenticarmi di questa serata."
   Harry scosse la testa. "No," disse, e gli puntò un dito in mezzo alla fronte, costringendolo ad incrociare gli occhioni celesti.
"Ti chiedo scusa per aver riso, ma andiamo, Lou, fa ridere!" Esclamò, mordendosi le guance per non sorridere ancora.
"Ha! Certo che fa ridere, quel maledetto pennuto non ha scelto te come bersaglio!" Piagnucolò il ragazzo con gli occhiali, melodrammatico come suo solito.
   Trattenere un'altro isterico attacco di risa divenne via via più complicato, ma Harry ce la mise tutta per non cedere alla tentazione.
"Ti rendi conto almeno di quanto ci potremmo ridere su se la smettessi di essere Mr Perfezione?" Domandò il riccio, agitando le mani.
"Me Perfezione? Senti chi parla! Portami a casa, Harry" Gli fece eco Louis, voltandosi nuovamente verso il finestrino.
   Harry si passò una mano sul viso, sconsolato. Provò a giocarsi l'asso nella manica.
"Ci pensi, allora, a quanto ci potremmo ridere su quando la racconteremo fra qualche anno?"
   Lo vide irrigidirsi prima di tornare a girarsi lentamente verso di lui.
"Ci pensi, Lou? Quando racconteremo del nostro primo appuntamento? Nel frattempo avremo avuto un sacco di serate meravigliose, ma questa ce la ricorderemo per sempre," continuò, mentre gli occhi di Louis si facevano più liquidi.
   Quel discorso se l'era studiato nell'ultima ora, ma man mano fluiva dalla sua mente alle sue labbra, si ritrovò a pensare che quelle non fossero soltanto parole, ma auspici, sogni che Louis rimanesse al suo fianco, per molto tempo ancora.
   Gli prese la mano e finalmente sorrise, incontrando i suoi occhi verdi.
"Hai...hai detto qualche anno," mormorò Louis, sbattendo le lunghe ciglia umide di lacrime.
   Harry si sporse in avanti e catturò le sue labbra con le proprie, facendo ciò che aveva desiderato fare per tutto quel lunghissimo e grottesco pomeriggio.
"Certo che l'ho detto," sussurrò contro la sua bocca dolcissima dal sapore di burro cacao, "perché lo penso."
   Lo guardò sciogliersi in uno dei suoi meravigliosi sorrisi mozzafiato, tutto denti perfetti e rughette accanto agli occhi, ed il cuore di Harry batté un po' più forte.
"Tutto a posto, allora?" Gli chiese subito dopo per assicurarsi di essersi davvero lasciati alle spalle quel disastro sotto forma di gabbiano bombardiere.
   Louis annuì, ridacchiando appena, "ma il prossimo appuntamento lo scelgo io. Il più lontano possibile dai gabbiani."
Harry rise di nuovo, e questa volta Louis si unì a lui. Lo baciò di nuovo, passandogli la punta della lingua sulle labbra, prima di assaggiare l'interezza della sua bocca e soffocare un gemito di piacere.
   Lo voleva, lo voleva come un assettato, e bere dalle sue labbra sembrava non bastare più. Incastrò le dita nei suoi soffici capelli, tirandolo più vicino, desiderando toccare ogni centimetro del suo bellissimo corpo. Quando lasciò che la mano scivolasse lungo la sua coscia soda, Louis interruppe il bacio e abbassò lo sguardo.
"No, Harry, dai, siamo in macchina," disse trafelato, il respiro irregolare che tradiva la sua stessa eccitazione, "se- se si ferma qualcuno..."
   Harry si allontanò, poggiando la schiena al sedile ed annuendo.
"Scusami, adesso andiamo," mormorò, agitandosi sul posto per placare il calore che lo avvolgeva.
   Girò le chiavi e ripartì, la patta dei jeans più stretta e l'amaro in bocca.

The Non-So-Secret Lives of Two American TeenagersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora