Paul

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12 maggio 2003

Lo chiamai una sera che ero stata in casa e avevo vomitato tutto il pomeriggio.
Le nausee erano terribili: non sopportavo l'odore di nulla e qualsiasi cosa mangiavo la rigettavo.
Presi il cellulare e mi distesi sul divano.
Composi il numero.
Uno squillo... due squilli... tre squilli...
Stavo per riattaccare quando sentii una voce di donna
«Pronto?»

«Sì, scusi. C'è Paul?» chiesi, titubante.

«Chi sei?» La donna non usava mezzi termini.

«Sono Jeanette, un'amica.» Non avevo troppa voglia di identificarmi con una sconosciuta.

«Mio figlio è sotto la doccia. Quando finisce ti faccio richiamare», disse seccata.

Era la madre.
Mi ci volle un po' per smettere di ridere! Era più forte di me, ma la situazione mi sembrava così assurda.
Io andai via di casa a vent'anni.
Sì, è vero. In confronto alla media, anch'io sono uscita di casa tardi, ma fu perché non riuscivo a trovare un lavoro che mi permettesse di mantenermi decentemente.
Ma Paul, a trentotto anni!
Doveva esserci dietro qualche motivo oscuro.

Dopo un quarto d'ora, il mio telefonino suonò.
Era lui.

«Paul», dissi, immediatamente.

«Jeanette, ciao! Ti avrei chiamata prima, ma sono stato così preso! Sai, il lavoro.»

Ma se fai il ragioniere! Lavori otto ore al giorno! Le altre sedici ore cosa fai?

«Non preoccuparti», risposi invece.

«Sì, dobbiamo proprio rivederci», iniziò a blaterare senza fermarsi. «Mi sei mancata anche tu. Sabato magari potrem...»

Chiudi quella fogna, falso!

«No, no. Aspetta Paul non è per questo che ti ho chiamato.»

Rimase senza parole, ma sentii distintamente un sospiro di sollievo.

Che brutta persona!

«Ah no, tesoro? Dimmi allora, cosa volevi?» mi chiese rilassato.

Non averti mai conosciuto!
Destino menagramo!

«Sono incinta e il bambino è tuo, ma non voglio nulla da te, tranquillo. Non pretendo neanche che tu lo riconosca. Pensavo solo che fosse giusto avvertirti. E poi...»

«Wo, wo, wo aspetta! Frena! Hai detto che diventerò padre?» m'interruppe.

«Sì, tra sette mesi circa.»

«Ma è una notizia FAN-TA-STI-CA! Ho sempre voluto un bambino! Un piccolo Paul a cui tramandare quello che ho, e soprattutto quello che so!»

Sei serio? Non volevo crederci.

«Vabbè, non devi per forza occupartene anche tu. Dopotutto, neanche ci conosciamo.» Sperai che non stesse dicendo davvero.

«No, no, no, non dirlo nemmeno! È la nostra creatura! Ci sposeremo e daremo a questo bambino un padre e una madre.»

Tutte le mie paure si stavano concretizzando.
Paul mi aveva completamente spiazzata con la sua proposta di vita futura insieme.

Decidemmo di incontrarci al famoso bar l'indomani per discutere i dettagli.
Già iniziava a mettermi i piedi in testa e a fare di me il burattino suo e di sua madre.
Ma questa è un'altra storia che forse più in là ti racconterò.

~~~~~~

Dopo una settimana, da quella conversazione, ebbi il primo di una lunga serie di problemi.
Paul si era trasferito definitivamente a casa mia.

Ho paura di mio figlio ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora