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"Troye?"
Troye trasalì al suono del suo nome. La voce sconosciuta era soffocata, come se la sua testa fosse stata sommersa dall'acqua. Incapace di dire chi fosse, scelse di non rispondere.
"Troye? Se riesci a sentirmi, apri gli occhi."
Esitante Troye aprì gli occhi, la luce bianca di ciò che lo circondava però era accecante, costringendolo così a chiuderli subito. Poi, molto più lentamente rispetto a prima, riaprì gli occhi. Il suo sguardo venne accolto da una figura maschile sconosciuta, alta e ben costruita. Mentre i suoi occhi si concentravano sulla figura di fronte a lui, Troye vide un sorriso crescere sul suo volto.
"Chi sei?" chiese Troye, la sua voce secca e rauca. Cercò di schiarirsi la gola ma senza alcun risultato, così chiuse gli occhi ancora una volta.
"Sono il dottor Jennings. Ti sto osservando dalle ultime ore per assicurarmi della tue condizioni di salute." La figura sorrise, i suoi lineamenti morbidi e cordiali, contribuendo così a mettere a proprio agio Troye.
"Osservando me? Per cosa? Dove sono?" Troye cominciò a farsi prendere dal panico, la sua confusione e preoccupazione fecero aumentare la sua frequenza cardiaca piuttosto rapidamente.
"Sei in ospedale, Troye. Non ti ricordi che cosa è successo?" Il dottor Jennings alzò gli spessi occhiali neri e li posizionò appena sopra la fronte.
Troye rimase in silenzio per qualche istante. "No." mentii. Ricordava esattamente quello che era successo - la maggior parte di esso, almeno. Anche se non era qualcosa che voleva ricordare, era qualcosa che non poteva dimenticare. Sapeva che mentire sulla sua memoria non avrebbe aiutato la situazione ma non era pronto a parlarne. Tutto quello che voleva era dimenticare, ma era come se fosse stato inciso in modo permanente nel suo cervello, e sarebbe stato un ricordo che gli avrebbe lasciato una cicatrice per il resto della sua vita. "Voglio dire, sì... ma non voglio parlarne."
Il dottor Jennings annuì lentamente. "Capisco. Ma non si può ignorare quello che è successo. A un certo punto, avrai bisogno di parlarne con noi, in modo da poter dare una spiegazione del perché quello che è successo, è successo."
Troye gemette. "Bene." Si sdraiò sul cuscino e chiuse gli occhi, un'improvvisa ondata di stanchezza lo colpì come un treno. Sentì il dottor Jennings lasciare la stanza e chiudersi la porta alle spalle con un click. Non appena il dottor Jennings se ne andò, Troye scivolò nel mondo dei sogni.
La testa di Troye scattò al suono di qualcuno bussare alla porta della sua camera. "Troye?"
Qualche istante dopo, Sage fece capolino intorno alla porta. "Tyde, mamma e io stiamo andando a guardare un film. Vieni a vederlo anche tu?"
Troye scosse la testa, cercando di nascondere quanto gli tremavano le mani e sperando che Sage non notasse i suoi occhi gonfi e iniettati di sangue. "Non stasera. Sono stanco."
"Okay." Sage rispose piano prima di scomparire, chiudendo la porta mentre usciva.
Troye cercò di uniformare il respiro e di calmarsi, ma non funzionò. La sua ansia era più alta del solito, causando frequenti attacchi di panico durante la giornata. Tuttavia, a differenza degli altri, questo sembrava non andare via. Le mani gli tremavano violentemente e il suo corpo era intorpidito. Nel tentativo di sentire qualcosa, affondò le unghie nel pugno al punto di vedere il sangue, ma ancora non riusciva a sentire nulla. La sua vista si stava appannando e l'unica cosa che riusciva a sentire era il suo battito cardiaco nelle orecchie, come due grancasse grandi che venivano ripetutamente colpite da entrambi i lati.
'Sei debole, Troye.'
Troye afferrò i capelli e seppellì la testa tra le ginocchia. "Esci dalla mia testa." supplicò, la sua voce non più forte di un sussurro. Le sue mani erano a pugni stretti e lui era quasi sicuro che sarebbe finito col strapparsi i capelli se non avesse lasciato andare.
'Debole. Patetico. Inutile. Stupido. Brutto.' Insulti dopo insulti giravano nella testa di Troye, tutti da voci si sentiva di riconoscere, ma non riusciva ad associarle alle persone che conosceva. Essi crescevano di secondo in secondo, fino a quando non urlavano da dentro il suo cervello. Troye scosse la testa freneticamente, ma non si fermavano. Non importa quello che faceva, erano sempre lì, alloggiati dentro il suo cervello tormentandolo giorno dopo giorno.
"Lasciami in pace!" cercò di urlare, ma solo un gracidio lasciò la sua gola. "Perché stai facendo questo?"
'Ucciditi. Muori. Tagliati. Inutile. Muori.'
Troye inciampò nel suo letto e si trascinò attraverso il pavimento in fretta e furia, la sua visione offuscata e la mancanza di udito lo rendeva estremamente difficile. Attraversò il corridoio e si chiuse in bagno, esaminando la sua figura allo specchio ignorando le voci che gridano ancora nella sua testa. Aveva i capelli annodati e disordinati e la sua pelle era bianca come un lenzuolo, il suoi occhi rossi, gonfi e iniettati di sangue erano fortemente contrastanti contro il pallore della sua pelle. I suoi occhi si muovevano dallo specchio all'armadietto dei medicinali, che era sul muro accanto alla porta.
'Fallo! Fallo! Può essere finito tutto così in fretta! Fallo, Troye. Fallo!' le voci cominciarono a cantare, e Troye si ritrovò a raggiungere lo sportello del mobile, senza pensarci due volte. I suoi occhi erano attratti da una scatola chiusa di capsule paracetamolo, contenente sedici compresse da 500mg. Troye sapeva che, sicuramente, consumando l'intera scatola sarebbe stato sufficiente ad ucciderlo. Guardò di nuovo nello specchio ed esitò prima di procedere a riempire il calice che teneva gli spazzolini da denti della sua famiglia con l'acqua del rubinetto. Uno per uno, spuntò le singole capsule dalla confezione metallica e allineò lungo il bordo esterno del lavandino.
Le voci nella sua testa, non si fermavano. 'Andiamo Troye! Puoi farlo!'
Senza pensare, Troye prese tre delle capsule e se le mise in bocca, inghiottendole rapidamente con un sorso d'acqua. Non appena inghiottì, le voci cominciarono a svanire. Poteva ancora sentirle cantare ed incoraggiarlo a prenderne di più, ma erano più tranquille, e lui era ancora più rilassato. Preso le prossime tre e li inghiottì giù, nonostante il gran sorso d'acqua gli fece venire voglia di vomitare. Sapeva che non poteva. Rigettandole avrebbe portato indietro le voci e il tormento sarebbe ricominciato. Doveva finire. Non poteva lasciare le voci vincere. Dopo aver ingoiato dodici delle sedici pastiglie, Troye cominciò a sentirsi incredibilmente nauseato. Le sue gambe tremavano violentemente mentre cercava di alzarsi in piedi. Come perse l'equilibrio cercò di afferrare l'armadietto dei medicinali come il supporto, ma la porta si staccò e lo specchio dal lato esterno si fracassò a pezzi sul pavimento.
Mentre Troye giaceva sul pavimento, circondato da schegge di vetro che si erano infilate nella pelle delle sue braccia e delle mani, si sentiva come se stesse galleggiando. Le voci erano scomparse e si sentiva perfettamente a suo agio. Avevano ragione, sarebbe tutto finito rapidamente. Lentamente, i suoi occhi cominciarono a chiudersi. Per la prima volta dopo anni, Troye si sentì completamente rilassato. A poco a poco, tutto diventò nero mentre giaceva svenuto, e il colore cominciò a defluire dalla sua pelle mentre giaceva circondato da vetro, tra imballaggi vuoti di paracetamolo e piccole pozze di sangue sulle piastrelle del bagno. Ecco.
Poteva essere di nuovo felice.
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Ciao a tutti! Per prima cosa ci tengo a precisare che questa storia non è mia ma di -tronnor, una magnifica scrittrice che mi ha permesso di tradurla in italiano. Ho amato questa storia e quindi ho deciso di condividerla con voi che magari preferite leggere in italiano piuttosto che in inglese!! Spero che la traduzione vi piaccia e se notate errori non esitate a dirmelo! votate e commentate così so che state leggendo. A presto :)
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pills ✧ tronnor [ITA]
FanfictionQuando Troye è ricoverato in un reparto psichiatrico a seguito di un tentato suicidio l'unica cosa che vuole è essere dimesso il più presto possibile. L'ultima cosa che si aspetta è di trovare un amico, per non parlare poi di qualcosa di più. Se c'è...