Tornai a casa quasi correndo. Nonostante la giornata autunnale fosse abbastanza fresca, del sudore mi imperlava la fronte a causa della camminata e un fianco mi cominciava a far male. Non ero una tipa molto sportiva. Non avevo nemmeno idea di dove avessi preso il coraggio di scrivere quel messaggio sul foglietto e darlo al ragazzo. Era carino, si doveva ammettere, inoltre il suo viso mi era noto, ma non sapevo dove l'avevo visto.
In ogni caso, lavorando in un negozio di musica, si incontrano molte persone ogni giorno, alcune più volte al giorno e credevo di aver guardato in faccia almeno tutta Londra, per non parlare dei turisti.
Quasi senza ragionare, i miei piedi fecero strada verso la metropolitana di Bethnal Green e in quasi mezz'ora arrivai a Holborn, vicino a casa mia.
Stavo in un appartamento, al secondo piano di una palazzina dalla facciata con i mattoni rossi. Non era un posto molto grande, e soprattutto la mia roba stava sempre sparsa su ogni superficie, a rendere il luogo ancora più angusto. Appena riuscii ad aprire la porta d'ingresso, mi accasciai sul divano grigio, buttando i piedi sul basso tavolino di legno.
Girandomi verso destra notai il lavabo zeppo di piatti sporchi. Non avevo voglia di fare niente, in quel momento. La passeggiata mi aveva stancata e il volto mi diventava rosso ogni volta che pensavo a quello che avevo fatto.
Uno sconosciuto! Un ragazzo che non avevo mai visto! Come avevo potuto fare una cosa simile?
Ritenendo che fosse inutile continuare a rimuginare sull'accaduto, presi il portacolori dalla borsa e cominciai a frugare in cerca di una matita. Mi accorsi, improvvisamente, che il matitatoio non c'era da nessuna parte. Non aveva molto valore, in sé, ma era particolare, interamente metallico e me l'aveva regalato mio padre molti anni prima. Doveva essere caduto al momento dello scontro e non l'avrei ritrovato mai più, né avrei potuto sostituirlo facilmente.
Pensai con tristezza al mio matitatoio mentre cominciavo a preparare la tela. Se c'era una cosa che mi rilassava era proprio l'odore acre dei colori, delle colle e di tutto ciò che si usa per fare arte.
Mentre sistemavo la tela sul cavalletto sentii il telefono squillare. Ebbi un sussulto: e se fosse stato il ragazzo? Non ricordavo nemmeno il suo nome, che cosa gli avrei detto?
Senza nemmeno guardare lo schermo, con le mani sporche, poggiai il cellulare tra la spalla e l'orecchio.
-Salve?- chiesi timidamente. Dall'altra parte sentii una sonora risata.
-Cosa ti è successo, Lily? Hai visto un fantasma?- mi rispose una voce chiara, alta e molto femminile.
-Bethany! Sei proprio scema alcune volte. Credevo fosse qualcun altro-
-Altro? Aspetta, aspetta. C'entra qualche ragazzo?- a volte mi leggeva proprio dentro la testa.
-Ragazzo? E pensi che girino ragazzi attorno a me? Non mi conosci?- mentii, fingendo una lunga risata.
-Mhm, qualcosa non mi quadra. Comunque, hai voglia di uscire? Io e Paul avevamo intenzione di andare in giro per negozi-
-No, Beth, sono appena rientrata a casa. Ho voglia di mettere il pigiama, dipingere e poi leggere. Mi dispiace, comunque di' a Paul che se vuole parlare lo chiamo stasera.-
Paul era il nostro migliore amico, un ragazzo che qualsiasi madre avrebbe gradito come fidanzato di sua figlia. Noi tre, però, eravamo come fratelli.
-Okay, anche se ti farebbe bene vedere qualcuno, certe volte. Non capisco come tu faccia a voler rimanere sempre in casa, sai? È un po' strano-
-Sì, Beth, tranquilla. Ci sentiamo- dissi con il tono di chi voleva chiudere.
-Ho capito, chiudo! Ci sentiamo presto, Lily.-
A quel punto riattaccai la chiamata. Non volevo essere scortese, ma proprio non mi andava di passare un pomeriggio a chiedermi quale abito stesse meglio sul fisico perfetto di Bethany. Di certo non avrei comprato niente, visto che i soldi non mi avanzavano.
Passai un pomeriggio dipingendo, completamente in un altro mondo. Non mi venne nemmeno fame, all'ora di cena. Anche la sera passò senza colpi di scena, lessi un libro in spagnolo e poi andai a letto presto. Proprio quando pensavo di aver preso sonno il telefono squillò nuovamente.
-Ciao Paul, so che Beth ti ha detto che ci saremmo sentiti stasera, ma proprio non mi va di parlare. Puoi chiamare domani?- chiesi, senza aspettare nemmeno di sentire la voce dall'altra parte.
-Non sono Paul, ma posso comunque aspettare domani.-
Effettivamente, non era Paul quello. Schizzai a sedermi sul letto. Non avevo riconosciuto chi fosse.
-Ehm...- risposi solamente, non sapendo cosa dire.
-Sono Jamie, il ragazzo di oggi pomeriggio. Sto disturbando, perciò richiamerò domani.-
Jamie?! Com'era potuto succedere? Mi aveva chiamata?
-Oh, ciao. In realtà posso parlare- risposi con un filo di voce, le parole mi uscivano dalla bocca veloci e impastate.
-Ti va di fare colazione insieme, domani? Ho un giorno libero e vorrei farmi perdonare per lo spintone.-
Una lunga pausa seguì questa affermazione. L'indomani avrei dovuto lavorare ma il mio turno cominciava alle nove quindi... aspetta. Stavo davvero pianificando di incontrare uno sconosciuto?
-Pronto?- chiese il ragazzo dall'altra parte della cornetta, aveva un tono calmo e rilassato.
-Oh, sì. Facciamo alle 8 vicino la metro di Oxford street, okay?- non sapevo nemmeno cosa stavo dicendo.
-A domani- rispose soltanto, poi agganciò.
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Hanbury St
FanficLondra. Jamie vive da solo nel suo appartamento in centro, da qualche tempo si sente vuoto e anche i suoi amici non si fanno vivi. Lily è una ragazza londinese con la passione per la pittura e il disegno. Si incontreranno, più volte. Qualcosa si nas...