8. Lily - Rotture.

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Mi risvegliai con una voce fastidiosa che mi urlava nell'orecchio.
-Lily! LILY DEVI SVEGLIARTI!-
Non capivo cosa stesse succedendo, le mie spalle venivano scosse e strette da delle mani. Appena riaprii gli occhi notai il volto imbellettato di Bethany, con un ombretto scuro sugli occhi.
-Sei pazza? Cosa vuoi? Che ci fai qui?- chiesi, ancora in dormiveglia.
Non mi sentivo più male come il giorno prima, probabilmente ero solo raffreddata. Non mi trovavo nella mia stanza ma in cucina, sul divano.
Aspetta! Jamie era rimasto accanto a me fin quando ricordavo. Mi girai di scatto, quasi facendomi male al collo. Capii, con delusione, di essere da sola.
-Guarda che il tuo bello se n'è appena andato. Lily, comunque sono le nove e mezza!-
Le nove e mezza, e allora? Mi guardai le calze che uscivano dalla coperta per qualche istante, poi ricollegai tutto: sarei dovuta andare a lavoro.
Mi fiondai giù dal divano e, quasi correndo, arrivai al cellulare, poggiato sul comodino in camera da letto. C'erano sette chiamate di Amy, la mia collega. La richiamai istantaneamente.
-Amy! Sono Lily. Mi sono addormentata, scusami. Di' che sto arrivando, che sono per strada, prenderò un taxi. Faccio subito!- urlai mentre mi sfilavo i pantaloni della tuta, cercando qualcosa da mettere.
-Lily stai calma. Ho detto che mi avevi chiamato e non saresti venuta. Ti ho coperta-
-L'hai fatto davvero? Grazie! Ti devo un favore, Amy, sei un'amica- risposi con voce quasi supplichevole.
-Non ti preoccupare, ma non farlo mai più. Ora vado a lavorare, riposati ancora per un giorno, va bene?-
-Sì, Amy, grazie ancora.-
Sentii chiudere la chiamata. Mi sedetti sul letto, come già esausta. Vidi la figura snella di Beth spuntare da dietro la porta. Le spiegai cosa era successo e lei si limitò a sorridere.
-Bene. Lavati e vestiti, usciamo a fare shopping!- esclamò con aria radiosa.
Quel giorno, nonostante dovessi soffiare continuamente il naso, avevo voglia di accompagnarla. Mi preparai in fretta e prendemmo la sua macchina, una piccola utilitaria. Senza chiedere un vero parere, decise che Westfield era il posto giusto per rinchiudersi tra la folla. Una volta entrati, esplorava senza scrupoli ogni negozio femminile le si parasse davanti e aveva già in mano parte del suo bottino. Io, mentre la rincorrevo, sentivo la testa girare per il raffreddore. Svoltando in un corridoio del piano terra improvvisamente mi bloccai.
-Lily, andiamo! Lo sai che da Burberry non riesco a comprare niente!- mi disse, tirandomi per un braccio.
Rimasi bloccata a guardare l'enorme poster che spiccava sulla parete bianca, illuminata da una fortissima luce, dietro la vetrina. Avevo la bocca spalancata e probabilmente un'espressione inebetita.
-Quello... quello è Jamie, vero?-
Beth mi osservò con un sorrisetto malizioso sulle labbra, poi mi poggiò un braccio attorno al collo, cosa che le veniva dannatamente bene, visto che era alta parecchi centimetri più di me.
-Vedo che non hai fatto bene le tue ricerche.- Con l'altra mano reggeva già cinque o sei sacchetti zeppi di indumenti e accessori.
-Cioè, vuoi dirmi che fa pure il modello? È bellissimo.- Sentivo le guance scottare.
Delle ragazzine si fermarono accanto a noi, gli occhi nella nostra stessa direzione, parlavano concitatamente e ridacchiavano. Mi girai verso di loro e una ricambiò con uno sguardo complice.
-Possiamo andare?- chiese Beth, dalla direzione opposta.
Cosa stava succedendo? Stavo entrando a far parte di un gruppo di ragazzine in paranoia per un attore famoso? Io però, a differenza loro, lo conoscevo davvero. Mi sembrava assurdo.
-Credo che sia arrivato il momento di sederci da qualche parte e discutere con calma di ieri sera- sentenziò Bethany. In realtà mi aveva già chiesto molte cose, ma io ero stata un po' evasiva e lei era distratta da mille possibili acquisti.
Tenendomi per un braccio, mi portò verso un locale italiano, Ca'puccino. Dall'esterno, le grandi lastre di vetro che lo delimitavano spiccavano subito alla vista.
-Ti va di prendere un gelato, Lily?-
Acconsentii, soprattutto perché, a causa del raffreddore, avevo voglia di sedermi, e poi sapevo che avrebbe fatto comunque di testa sua.
Prendemmo posto in un divanetto basso e nero, accanto a una finestra da cui si vedeva l'interno del centro commerciale.
-Hai tante cose da raccontarmi, Lily, preparati!- esclamò la mia amica, euforica, dopo aver ordinato.
-Credo che tu abbia delle aspettative troppo alte-
-Vuoi dire che trovare la tua migliore amica che ha dormito con un figo non debba creare alcuna aspettativa?-
-Dico che non è quello che sembra- conclusi, mentre il cameriere ci portava i nostri gelati, il mio era gigante, con del cioccolato sopra, mentre il suo era semplice, magro e alla frutta.
Gustando il delizioso dolce, che però non sembrava affatto quello di casa, le raccontai della mia serata per filo e per segno, come piaceva a lei. Non c'era stato nessun momento romantico, solo momenti in cui mi ero imbarazzata più di altri.
-Senti, Lily, non è che semplicemente non ti accorgi di quello che sta succedendo? Ho visto come ti ha guardata, stamattina. Ti ha osservata per un po', con quegli occhi stupendi puntati su di te, e poi si è riscosso dai sogni. Avanti, anche uno scemo capirebbe che non è normale.- Mentre parlava concitatamente, i riccioli ramati le ballavano intorno al viso, creando dei giochi d'ombre. Il nasino le si accartocciava quando faceva un'espressione buffa. Era proprio bella, da ogni punto di vista.
-Beth, non pensi mai che quello che dici tu non è necessariamente la realtà? Non c'era nessun altro in quella stanza, e tu sei bravissima a sognare. Inoltre, non ha mandato un messaggio fino ad ora-
-Sarà. Probabilmente si è andato a coricare- rispose lei, distrattamente.
Finito il nostro spuntino, chiesi a Beth di riaccompagnarmi a casa, visto che non mi sentivo del tutto bene.

Durante il tragitto, guardai la città attraverso il finestrino di sinistra. La Westway era carica di auto di qualsiasi colore e dimensione, ai lati, potevo scorgere i profili degli edifici che si perdevano nel nulla. I miei amici londinesi non avrebbero mai apprezzato la bellezza di quella città, ma io ero sempre più felice di essere lì. Non in Italia, non a Manchester ma a Londra.
Il rumore del clacson di Beth mi riscosse dai miei pensieri. Non era una guidatrice provetta e molto spesso avrei voluto guidare al posto suo, ma lei non me lo permetteva, dicendo che non ero abituata ad avere il volante a destra.
-Lily, io credo che dovresti sfruttare questa opportunità. Voglio dire, non posso giurare che è interessato a te, ma sicuramente ti vuole conoscere...-
-Per favore, Bethany, non dirmi quello che devo fare. Non voglio vedere qualcuno. Non voglio che qualcuno ci provi con me-
-Ma perché?!- Avevamo avuto quella discussione un infinito numero di volte, finiva sempre in un litigio e, appena se ne presentava l'occasione, lei ricominciava.
-Perché dovrei stare per forza con qualcuno? Perché dovrei fare l'oca?-
-Nessuno ti ha detto di fare l'oca, Dorotea, ti ho solo consigliato di svagarti un po'.- Ogni volta che si girava per guardarmi, notavo quell'aria di disapprovazione mista a una certa superiorità, come se lei fosse una donna vissuta, mentre io non sapevo affrontare la vita nel modo giusto.
-Consigliarmi? Tu non mi hai mai consigliato niente, Bethany. Sei sempre lì, perfetta, bellissima che ti imponi sugli altri, che vuoi che facciano quello che dici tu solo perché ti senti migliore di loro.- Questa volta si girò di colpo, finendo quasi su un'auto che stava svoltando da un incrocio. Non le avevo mai detto quelle cose, anche se forse, inconsciamente, le pensavo da molto tempo.
-Scusami se cerco di darti una mano. Sai, l'unica cosa che sai fare da sola è rinchiuderti in casa a mangiare.- Beth urlava con un tono sempre più alto. Cominciavo a riconoscere le strade.
-Grazie per avermi fatto capire che non sai niente di me, Bethany. Ora ferma questa macchina e fammi scendere. Me ne andrò a piedi-
-Bene- affermò, frenando un po' troppo bruscamente. La voce le era tornata calma, troppo calma.
Aprii la portiera senza guardare, quasi colpendo un ciclista che mi urlò qualche insulto. Mi girai verso di lei per un secondo, lo sguardo fisso nei suoi occhi.
-Ciao- dissi soltanto.
-Buon compleanno, per lunedì.- Questo fu un duro colpo. Mi aveva appena comunicato che non aveva intenzione di farmi gli auguri, né di uscire con me, l'indomani e per un po' di tempo.
Me ne andai appena capii dove mi trovavo. Sentii la macchina ripartire alle mie spalle con un brusco colpo di acceleratore.
Avevamo litigato alcune volte, io e Bethany, ma mai in quel modo. Probabilmente le avevo detto delle cose vere in un modo troppo duro. Ero troppo arrabbiata, però, per esserne pentita. Lungo la strada scrutai un'altra volta il cellulare: nessuna chiamata, nessun messaggio.


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