Capitolo II: Michael

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15 gennaio 2007

"No, NO! FERMATI!"
Il ragazzo si girò, stupito dalle grida del suo complice, che intanto rimbalzavano piene di eco.
Avanzò lentamente verso di lui, mentre si rigirava il coltello fra le mani, sorridendo ambiguamente, con la faccia ora immersa in una piscina di luce, ora in penombra o nella totale oscurità a causa della cattiva manutenzione delle lampade coniche penzolanti dall'alto soffitto.
"Che c'è, Michael? Hai paura? Proprio adesso, dopo tutto ciò che abbiamo fatto, hai paura adesso? Adesso che siamo ad un solo passo dal nostro obiettivo?!", domandò irritato il giovane uomo, con la sua profonda e solitamente calma voce diventata nervosa ed irrequieta.
"Non ho paura...", rispose titubante Michael, "semplicemente non mi pare giusto ucciderlo."
L'ostaggio, con la bocca serrata da una decina di stretti giri di nastro adesivo, fece segno di sì con la testa, per quanto glielo permettessero le pesanti catene coperte di ruggine che lo tenevano legato ad uno dei pilastri di metallo dell'ampio capannone.
"Tu sta' zitto e fermo, piccolo stronzo!", sbottò furioso l'aguzzino, prima di sferrare un calcio micidiale dritto nelle budella dell'ostaggio, facendogli mugugnare un urlo disumano e piegandolo in due dal dolore, mentre la frequenza del suo respiro aumentava nuovamente in comunione a quella del cuore, e piccole sfere liquide rotolavano giù dagli occhi, passando per le guance e finendo la loro corsa sul collo.
Il giovane munito di coltello e perfidia riprese il suo discorso.
"Che c'è, Michael? Hai per caso paura di finire 'All'inferno'?"
Michael era in difficoltà.
"N-no, ma possiamo ottenere le informazioni che ci servono senza far scorrere sangue, non credi?"
Una goccia di sudore nervoso percorse la fronte del pacifista.
"Tu dici?", chiese candidamente l'altro mentre scagliava il coltello lontano nelle viscere buie del capannone, producendo un tonfo armonico, "Lo pensi davvero?", concluse in un sussurro.
I loro sguardi si scontravano nell'aria producendo un'invisibile serie di scariche elettriche.
"Lo penso davvero.", sibilò Michael.
I due erano vicini uno all'altro, e Michael notò, infilato nei pantaloni dell'altro, all'altezza della cintura, un caricatore di scorta stracolmo di proiettili.
Non si preoccupò di cercare di carpire informazioni come il loro calibro o l'arma di appartenenza.
Al momento, gli importava solo della pistola che gli veniva premuta sopra la fronte.
La voce dello psicopatico si ridusse ad un indistinto alitare nell'orecchio dell'apprendista.
"Ne sei ancora così sicuro, Michael?", mugugnò l'uomo velenoso.
L'altro si leccò le labbra in un misto fra il terrorizzato ed il tesissimo poco prima di sputare tutto d'un fiato un "Assolutamente no, dovremmo fare come dici tu."
Il pistolero sorrise compiaciuto e perfido mentre spostava la mano ruvida e costellata di tagli per rivelare la mancanza del caricatore nel suo scomparto.
"Vedo che ci capiamo in fretta!", ghignò, aprendo la bocca in un diabolico sorriso che non si preoccupava di nascondere un dente d'argento esattamente al centro dell'arcata superiore.
Michael indietreggiò con le guance contratte in un'espressione di fittizio divertimento.
L'uomo dal dente d'argento lo notò, e sorrise ancora di più.
In una frazione di secondo quindi estrasse il caricatore, lo infilò nella pistola, trasse il colpo in canna e fece fuoco in direzione dell'ostaggio senza nemmeno voltarsi, colpendolo con mira infallibile nel centro della mano legata dietro alla sua schiena.
Il poveraccio strillò più forte e a lungo che poté, dimenandosi e contorcendosi per l'acutissimo e penetrante dolore; il sangue colava dal buco circolare lungo tutta la catena per poi crollare esausto al suolo, formando una piccola chiazza.
Michael sobbalzò evidentemente.
"Allora, hai paura!?" - strillò lo psicopatico - "Eh? Cazzo se hai paura... hai paura 'di essere punito dalla giustizia divina', vero? Piantala con queste stronzate fin troppo cattoliche, Evans, quel fottuto Prete di merda ti ha riempito la testa di puttanate."
Prima che Michael potesse solo controbattere tramite un "A dire il vero non è un prete vero e proprio", una fulminea doppietta di colpi di fucile fu esplosa, arrivando in mezzo agli occhi dell'altro ragazzo e turbando ulteriormente l'atmosfera.
Una risata seguì lo sparo.
Una risata compiaciuta.
"Il fottuto Prete di merda è qui, piccolo bastardo."
Dall'ombra generata dall'alternanza di lampade accese e bulbi esplosi da troppo o troppo poco uso, spuntò una figura con la faccia coperta da un cappello bianchissimo, immortalato nell'atto di brandire nelle mani un fucile a canna doppia.
Con un colpo sonoro lo ricaricò, facendo saltare fuori le due cartucce esaurite, che finirono rotolando vicino al cadavere del ragazzo con un rumore metallico.
Il suo sangue ormai stava macchiando il ruvido pavimento in cemento grigio, e rischiava di incriminare le scarpe bianchissime ed immacolate del Prete.
"Se solo pensi che io sia in qualche modo anche lontanamente correlato alla Chiesa per un qualsiasi motivo, ti sbagli, picciotto. E 'merda' lo dici a tua madre."
"Forza, la polizia non tarderà ad arrivare, andiamocene.", ribattè Michael guardingo.
"Certo.", mugugnò risoluto il Prete.
Michael si avvicinò all'ostaggio, sempre più terrorizzato e sconvolto, e gli iniettò una consistente dose di sedativi.
Pian piano egli si assopì, dunque il giovane doppiogiochista se lo caricò in spalla e in meno di due secondi sparì dal capannone insieme al cosiddetto Prete.
Appena uscito, il caratterizzante freddo notturno della Russia gli investì il viso, risvegliando in lui un animo gioviale e frizzante.
Davanti a sé la caratterizzante steppa sovietica, coperta da uno spesso strato di brina che avrebbe messo paura di uscire allo scoperto persino ai più grossi dei cinghiali.
Spinse l'inerme corpo del drogato nel bagagliaio della macchina nera come la pece parcheggiata lì fuori, e si mise al posto del passeggero.
Il Prete era già pronto a guidare, con le chiavi infilate nel quadro e il motore rombante acceso.
Si tolse velocemente guanti e cappuccio indossati per il freddo, rivelando il suo viso curato e dai caratteristici tratti duri e spigolosi.
Durante il viaggio, entrambi parlarono come fossero vecchi amici della loro missione andata a buon fine, di come Michael avesse finto così bene la sua parte di "novellino disposto a tutto pur di entrare nel giro" e di come fosse riuscito a convincere così quell'idiota finito sulla "lista dei cattivi" del Prete, ora disteso sul cemento con un paio di buchi in testa.
Arrivati al loro quartier generale, una casa tanto diroccata all'esterno quanto moderna e tecnologica all'interno, dispersa nel nulla assoluto, il resto della banda li accolse festosamente, tutti certi che la missione era entrata in porto senza intoppi.
Michael, mentre si rintanava nella cosiddetta "Sala 100/101", il vero e proprio Centro Tecnologico della banda, completo di attrezzature futuristiche di ogni genere, lasciò i suoi pensieri a briglia sciolta, ed iniziò a ripensare al giorno in cui si era unito alla Banda: era tutto successo esattamente cinque anni fa.
Il 15 gennaio 2002.
Quel giorno, lui non era a giocare come tutti i ragazzini della zona nella propria camera, non era tantomeno a studiare, e, figuriamoci, neppure a tentare di estorcere denaro ai ragazzini più piccoli di lui.
Al contrario di tutti gli altri ragazzi della zona, lui sedeva davanti al computer.
Più precisamente, navigava su Internet.
Se proprio vogliamo essere pignoli, si era infiltrato dentro alla rete protetta del Pentagono, come ogni singolo martedì, e, dato che era già passato sul sito dell'Agenzia Spaziale Russa, e soprattutto perché non aveva nient'altro da fare, stava guardando se ci fossero nuovi nomi sulla lista dei ricercati a livello nazionale.
Non gli piaceva per niente l'impostazione seriosa dell'area on-line del combattimento al crimine americano, ma, dopo qualche modifica alle impostazioni, il font da lui modificato era molto simpatico!
Mentre scrollava la pagina, annoiato, gli cadde l'occhio su un nome in particolare: il Prete.
I reati da lui commessi erano tutti molto comuni in quella lista - mandante di omicidi, esecutore materiale, trafficante di droga, scassinatore, rapinatore e truffatore, un delinquente a tutto tondo insomma - tranne uno.
C'era un crimine che non appariva spesso, anzi, quasi mai, nella lista dei più temuti crimimali.
Hacking professionale.
Incuriosito, volle vedere il suo profilo, ma ciò che ottenne fu un misero risultato, in quanto la sua cartella era una sfilza di "Unknown": vero nome, età, professione di copertura, luogo di origine, data di nascita, persino colore dei capelli, tutto ciò che lo riguardava era una grande incognita persino per il sistema di sicurezza degli Stati Uniti.
Un piccolo bollino alla sinistra dell'immagine (assente e rimpiazzata da un punto fisso di domanda), segnalava che il misterioso Prete era ricercato anche in altri 17 paesi, a cui se ne stavano aggiungendo - in tempo reale! - altri 8, in mezzo ai quali, ad esempio, si trovavano Italia, Spagna, Svezia, Francia ed India.
Ciò spinse Michael, all'epoca solamente 13enne, a cercare più informazioni su quel misterioso uomo, che si faceva chiamare "il Prete".
Cercò in ogni meandro di Internet e nella sua parte più oscura ancora in via di formazione, il Deep Web, ma non trovò niente che avesse a che fare con quel criminale multifunzione.
Stava quasi per abbandonare l'idea, quando una schermata di colore nero, con una scritta rosso sangue, si aprì, coprendo tutti e tre i suoi monitor.
Recava le parole "Pensa ai fatti tuoi".
Michael la chiuse, ignorandola, e, con una rinnovata speranza, determinata da quella che per lui era una specie di sfida, continuò a cercare.
Dopo qualche minuto, il suo computer si spense improvvisamente.
Davanti ai tre schermi passavano centinaia di codici, contenenti quasi tutti le parole: patch, hack, virus, firewall bypassed.
Ciò significava una sola cosa: avevano tranquillamente infranto la sua protezione informatica.
Michael era sconvolto: fino a quel momento nessuno, nemmeno la polizia, era riuscito ad entrare nel suo server.
Quando le schermate di codici smisero di occupare abusivamente l'intero megaschermo del giovane hacker, si aprì una schermata di chat, di quelle in vecchio stile.
-Complimenti per il tuo firewall, ho impiegato quasi cinque minuti per buttarlo giù!_15.17, Unknown User
Michael non ci pensò due volte prima di ingaggiare una conversazione con quello sconosciuto virtuale.
-Chi sei e cosa vuoi?_15.17, Unknown User2
-Ehi stronzetto, le domande le faccio io. Impara a farti i cazzi tuoi quando sei sulla rete._ 15.17, Unknown User
-Sono un hacker, è la mia natura farmi i fatti degli altri._ 15.18, Unknown User2
-Guarda caso, anche io sono un hacker. E, dato che ti sto osservando da un po' di tempo, ritengo necessaria la tua collaborazione per una certa operazione, ci stai?_15.18, Unknown User
-Se non mi dici chi sei e di cosa si tratta, giuro che ti vengo a cercare e ti blocco tutti i server che hai, coglione._15.19, Unknown User2
-Forse il pivello non ha ancora capito con chi sta parlando._15.19, Unknown User
-Magari se mi avessi risposto, potrei saperlo._15.19, Unknown User2
-In effetti hai ragione... Beh, in teoria qualcosa su di me dovresti saperlo. Mi hai cercato fino a pochi secondi prima che ti ibernassi il computer._15.20, Unknown User
-Sei... sei il Prete?_15.21, Unknown User2
-Come sei perspicace._15.21, Unknown User
-Ti prego, non fare del male alla mia famiglia, non uccidermi, non fare niente, per favore, farò tutto quello che vuoi!!!_15.22, Unknown User2,
-Hey, calmati, nanetto. È vero, sono un assassino, sono ricercato in mezzo mondo e anche faccio parte della mafia, ma uccido solo se qualcuno mi fa arrabbiare. Hai intenzione di farmi arrabbiare?_15.22, Unknown User
-Assolutamente no!_15.22, Unknown User2
-Benissimo, ti offro la possibilità di un lavoro. Un lavoro molto ben pagato. Puoi scegliere tranquillamente se farlo o meno._15.22, Unknown User
-E non ci saranno ritorsioni?_15.22, Unknown User2
-Nessuna ritorsione di alcun tipo._15.23, Unknown User
-Allora preferisco non immischiarmi in certi affari, grazie._15.24, Unknown User2
-Come se fino ad adesso non avessi fatto qualcosa di illegale. Sappi però che hai delle grandi potenzialità, io e il mio gruppo ti stavamo osservando da un po', e, cazzo se ci sai fare con i computer._15.24, Unknown User
Michael lesse quel messaggio, ma "cazzo se aveva paura."
Pensava che era stato uno stupido idiota a non farsi i fatti suoi, che avrebbero potuto fare del male a sua madre.
Povera donna, aveva già sofferto abbastanza quando il padre di Michael l'aveva abbandonata alla sua nascita...
-Anche se non mi rispondi, so che sei ancora davanti al computer._15.31, Unknown User
Il Prete aveva assolutamente ragione, al momento Michael stava leggendo tutti i messaggi, ma era troppo occupato a mettersi le mani nei capelli e a prendersela con sé stesso per poter rispondere.
-Se dovessi cambiare idea, io sono qui._15.35, Unknown User
Il computer a quel punto riprese il suo normale funzionamento, tutti e tre gli schermi si riavviarono come se niente fosse successo, il server riprese a funzionare come prima.
L'unica differenza stava in un piccolo pallino nero, piazzato fra le innumerevoli icone che popolavano la home di Michael.
Terrorizzato, Michael formattò tutte le memorie, spense ogni singolo apparecchio, strappò via qualsiasi cavo, tolse la corrente elettrica e, per finire, corse in garage, afferrò un grosso martello, tornò in camera sua e sfogò tutta la sua rabbia, la sua paura e la sua frustrazione sugli schermi ultrapiatti da lui stesso inventati.
Ansimando, si mise ad urlare, dando calci al letto ed al suo armadio.
Qualche minuto dopo, quando si fu calmato quasi del tutto, si buttò sul materasso in lacrime.
"Cosa posso fare? COSA CAZZO POSSO FARE?" strillò esasperato.
Andare dalla polizia?
Escluso.
Equilvaleva a rivelare anni e anni di crimini informatici.
Dire tutto a sua madre?
Doppiamente escluso.
Punto primo: non sapeva nulla di tutto ciò che sui figlio facesse,
Punto secondo: anche se le avesse spiegato tutto per filo e per segno non avrebbe capito una singola parola e
Punto terzo: anche se i punti uno e due non fossero accaduti la donna non avrebbe potuto fare niente.
Che fare dunque?
Affidarsi a Sergej, il baby-boss della scuola?
E se fosse stato anche lui coinvolto in questa pazzia?
E se lo avesse portato direttamente da questo Prete?
E se non avesse potuto scappare?
E se non avesse mai più rivisto la luce del so-
In quel momento, mentre si disperava fra pensieri non proprio felici, in mezzo ai rottami dei suoi computer, una piccola lucina brillò.
Michael la vide.
Eccome se la vide.
Corse verso gli schermi distrutti, e notò un piccolo aggeggio di metallo, della grandezza di un fagiolo, appiccicato dietro alla scheda madre.
"Una cimice. Una fottutissima cimice.", disse rabbioso il piccolo hacker.
Ecco come avevano previsto le sue mosse.
Determinato a vendicarsi, ricacciò indietro la paura che lo affliggeva fino a poco prima, e si mise all'opera.
Dopo aver riparato a tutti i disastri da lui stesso compiuti, riaccese il computer, notando che l'icona nera non c'era più.
"Infame di un Prete... storpiare il nome di una figura sacra in questo modo...", sputò, velenoso, dopo aver realizzato che per aver incollato la cimice alla sua scheda avevano effettuato almeno un paio di effrazioni in casa sua.
Qualche minuto di lavoro, e aveva tracciato il segnale della cimice.
Portava alla periferia della città: il Prete stava prendendosi una vacanza in un paese in cui non era ancora ricercato.
Furioso, in breve tempo Michael creò un virus letale per ogni tecnologia, capace di bloccare permanentemente anche i processori più potenti.
Caricò tutto su una chiavetta, e schizzò verso la periferia con la sua bicicletta.
Arrivato al luogo tracciato, si trovò davanti una vecchia casa quasi completamente distrutta: varie finestre erano mancanti, le sterpaglie crescevano in ogni dove, e l'intero edificio era sepolto da ragnatele, polvere e buchi nei muri e pavimenti.
Una solitaria fila di pali del telefono passava accanto alla casa, separata da un vecchio strato di asfalto dissestato.
Scoraggiato, pensò di essersi sbagliato nel tracciare il segnale.
Ma quando vide uscire dal garage decadente una Ferrari nuova di pacca, che sgommò via in un rombo assordante, cambiò idea.
Si riscosse dalla stupore, e dunque entrò furtivamente prima che il basculante automatico del garage si richiudesse da solo.
All'interno, una serie di supercar e led bianchissimi gli fecero precipitare la mandibola qualche centimetro più in basso.
Si riprese nuovamente, determinato a portare a termine il suo compito.
Si guardò un attimo indietro, stupefatto e un po' geloso di tutta quella ricchezza, quella ricchezza che lui non aveva mai posseduto.
Tornò sui binari giusti, e concentrandosi aprì con cautela la porta che collegava il garage al resto della casa, attento a non fare nemmeno il minimo rumore.
Gli si parò davanti un muro, parte di un corridoio che partiva da destra e arrivava a sinistra.
All'improvviso sentì delle voci e i passi veloci di alcuni individui provenire da destra: parlavano di affari poco legittimi.
Istintivamente, scappò verso sinistra, e piombo in una sala molto ampia, riempita di ogni sorta di computer: decine di server e di schermi diversi, tutti collegati fra di loro e ordinatamente disposti uno in fila all'altro, tutti illuminati da utopistici led freddi come il ghiaccio, costituivano la parte tecnologica della banda.
Era parecchio affascinato, il suo sguardo non la smetteva di rimbalzare da una parte all'altra della stanza, estasiato dalla presenza di tutta quell'avanguardia tecnologica.
Notò con una punta di invidia come non fosse stato l'unico a ideare gli schermi ultrapiatti.
Dopo questo primo momento di smarrimento, Michael non ci pensò due volte prima di infilare la sua chiavetta nell'apposita fessura del primo server che gli capitò sotto tiro.
Fu una mossa davvero stupida.
"ALLARME. ALLARME. ACCESSO NON AUTORIZZATO ALLA SALA 100101. CHIUSURA DI EMERGENZA."
In seguito a queste parole, gridate da un piccolo altoparlante nascosto dietro a uno dei tanti server, una lampeggiante ed insistente luce rossa si attivò, in comunione con un simpatico allarme spaccatimpani e con una pesante serranda di colore nero che sigillava la porta da cui era entrato.
In pratica, avevano chiuso Michael dentro alla Sala 100101.
L'allarme cessò di suonare, e un gas bianco, spruzzato da chissà quale bocchetta, invase la stanza.
Michael era nel panico: la sensazione di claustrofobia si faceva sempre più forte, e la nebbia bianca che si andava formando poteva essere pericolosa!
Ma, in breve, non diede moltissima importanza a questi fatti, in quanto una sonnolenza inaudita lo stava aggredendo, voleva sempre di più chiudere gli occhi, distendersi sul pavimento, e dormire...
Si risvegliò dopo quella che a lui sembrò un'eternità.
Quanto tempo era stato addormentato?
Non lo sapeva.
Cosa lo aveva fatto addormentare?
Non lo sapeva.
Di chi erano le voci che discutevano fuori dalla stanza in cui si trovava?
Non lo sapeva.
Sembrava che Michael, con tutte quelle domande irrisolte, stesse tentando di trovare la soluzione ad un'equazione di terzo grado a 7 incognite, a mente e da ubriaco (cosa che, tra parentesi, era tranquillamente in grado di fare).
Terrorizzato, il piccolo e temerario hacker si guardò nervosamente intorno: era in una stanza completamente dipinta di bianco, con al centro un tavolino grigio all'altezza delle sue ginocchia.
Lui era legato con il nastro telato ad una sedia di legno, di quelle che si possono trovare nei vecchi caseggiati di epoca coloniale.
Provò ad ascoltare con più attenzione, ma non colse una singola parola di ciò che dicevano, sembrava che i due individui dietro alla parete di fronte a lui parlassero in un'altra lingua.
A breve, notò che sul tavolino c'era un oggetto che lui aveva avuto la possibilità di osservare, con occhi spaesati e temerari allo stesso tempo, solo nei telefilm polizieschi.
Una pistola.
Nera come solo la pece può essere.
Vicino ad essa, un flacone di alcool, un fiammifero, una spessa e ruvida corda sfilacciata e un coltello decisamente affilato, con un manico anch'esso nero.
Sussultò quando i due uomini entrarono dentro alla stanza, spalancando la porta con un rumore molto simile a quello di uno sparo.
Il primo era un uomo di mezza età, con i capelli sbiancati dal tempo, mentre il secondo corrispondeva esattamente all'immagine del cattivo delle favole che si fanno i lattanti quando vengono loro raccontate.
Il simpatico duo iniziarò a bombardarlo di domande - principalmente "Chi cazzo sei tu?", "Come diamine hai fatto ad entrare, sgorbio?" e "Cosa stavi provando a fare?" - quasi fossero proiettili con cui crivellarlo, assumendo un tono decisamente poco gentile.
Michael non rispose a nessuna di esse, in quel momento stava piangendo silenziosamente, per paura che potessero ucciderlo anche solo se avesse fatto un minimo di rumore.
Le sue lacrime, colme di rimpianti, gli stavano solcando il viso, in un innaturale disegno con righe trasparenti che correvano dagli occhi al mento.
Uno dei due perse la pazienza, e puntò la pistola contro la tempia sinistra di Michael.
Armò il cane, ed il piccolo ragazzino sentì io freddo metallo appoggiarsi sulla sua pelle bollente.
"Se tu, piccolo e losco bastardo che non sei altro, non parli nei prossimi venti secondi, non parlerai mai più. Hai capito? Ti faccio saltare la testa, e poi la mando per posta a tua madre."
Sussurrò quest'ultima frase con un evidente dose di cattiveria, e, come se non fosse contento di ciò, afferrò la bottiglia di alcool sul tavolino, e fece fuoco.
Il proiettile trapassò da parte a parte il contenitore di fragile plastica, esaurendo la sua corsa sul muro in cemento, dal quale staccò un pezzo di intonaco e ci sostituì un bel buco tondo.
Intanto, il roseo liquido contenuto nella bottiglia squarciata stava sgorgando dal buco senza sosta, e stava precipitando sul pavimento in una singolare cascata di fiamme a punta bluastra, scatenate della vampa di bocca generatasi poco prima.
A poco a poco una chiazza si formò, andando ad allargarsi sempre di più e rischiando di appiccare il fuoco anche al tavolino.
"Ecco cosa ti succederà se non parli ora." disse l'uomo, con un maligno sorriso sul volto.
"Prova solo a sfiorarlo con un dito e vedrai che tutta 'st'arroganza se la squaglierà come hai fatto tu nell'ultimo colpo, minchione."
A quelle parole autorevoli, il tizio sbiancò di colpo, e una figura alta, vestita di bianco da capo a piedi, fece la sua comparsa nella stanza.
Portava un grande cappello a falda larga, che lasciava trasparire la barba curata e qualche eloquente cicatrice, ma al tempo stesso nascondeva con zelo gli occhi, probabilmente duri come gemme e guizzanti.
Nella tasca sinistra della sua giacca, all'altezza del cuore, vi era infilato un garofano rosso, certo simbolo della sua appartenenza ad organizzazioni ben poco raccomandabili.
Quel puntino rosso e una pistola nera infilata nei pantaloni erano gli unici elementi di colore addosso a quell'uomo così affascinantemente misterioso e pericoloso.
"N-non i-intendevo trasgredi-di-dire i suoi ordini, s-signore!", balbettò tremante il tizio.
"Ah davvero? Perché è proprio quello che stavi a fare. Ti conviene filare a prendermi una sedia, se non vuoi fare la fine di Jack."
Il suo accento siciliano mischiato alla classica parlata russa - così dura e spigolosa alla nascita e ora tanto peculiare - e quel modo di fare così particolare erano decisamente inusuali in una località come San Pietroburgo, e Michael per un attimo dimenticò di essere in mano alla Mafia Russa.
Come un fulmine, il tipo che lo aveva minacciato tornò con una grande sedia di velluto rosso in mano, fece accomodare il suo capo sulla sedia e, dopo un breve inchino, si dileguò.
Uno sguardo molto eloquente saettò dall'uomo all'altro aguzzino alla porta, impercettibile.
Il torturatore sparì.
"Michael, che piacere vederti dal vivo, non da dietro a uno schermiciattolo."
Gesticola molto, pensò l'hacker.
"B-buongiorno, signore."
"Dovresti dire buonasera, sono le otto e mezza qui. In effetti, ti sei fatto una bella pennica. Questo, d'altronde, è bene, in quanto significa che il nostro impianto di sicurezza funziona a meraviglia."
"Posso c-chiederle una cosa?"
"Certo Michael, chiedi pure."
"Potrebbe lasciarmi a-andare?"
"Mi dispiace, Micheal, ma questa è un'offerta che proprio non posso accettare. Dovremmo darti una bella lezione per quello che hai provato a fare."
Il cuoricino del giovane russo mancò un battito.
"Ma, dato che sono molto magnanimo", proseguì l'uomo con la sua voce profonda, "ti do una seconda chance."
"C-cioè?"
"Ho analizzato il tuo virus, e questa è stata l'ennesima conferma che tu sei un vero e proprio genio. Un bimbo prodigio sei! Potremmo fare uno scambio equo, che dici? Tu lavori per noi, guadagni la pagnotta ...e in cambio noi non te facciamo tirare le cuoia."
"S-sì, accetto."
"Perfetto, iniziamo adesso."
Un altro sguardo si fece strada nella stanza, mentre l'uomo vestito di bianco si alzava.
In risposta a quegli occhi bambini, colmi di timore, riverenza e al contempo affascinati e stregati, un sorrisetto si fece spazio nelle labbra dell'adulto.
Da quel momento Michael entrò a far parte della banda, che lo prendeva come fosse un lavoro a tempo pieno.
Se ci ripensava adesso, ci rideva su, ma la paura che ebbe la prima volta gli rimase incastrata nel cuore, senza una minima speranza di scomparire.
Ritornando alla realtà, il Micheal maggiorenne iniziò la sua solita sessione di hackeraggio di 3 ore, durante la quale spillava soldi in ogni modo alle persone più disparate.
Quando una voce alle sue spalle lo fece trasalire.
"Ciao, Michael."
Quella voce estremamente calma e pacata lo fece scattare sull'attenti.
Si girò lentamente, e quello che vide lo lasciò senza parole...
Che cosa vide?
Chiedete troppo.
Per ora vi posso dire una cosa: 1'000'000'000.

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