Paura del buio

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Un sussurro, un'ombra e poi quel suono che ruppe improvvisamente il silenzio sacro della notte. Era un suono secco, come un passo sulle assi consunte del pavimento di legno. Aprì gli occhi, il respiro affannoso, le membra incollate al materasso, gli occhi che scrutavano l'oscurità cercando di penetrarla ma scorsero solo le ombre che vagavano silenziose e leggere per la stanza, tentò di allungare un braccio per accendere la luce sul comodino ma si rese conto con orrore di non potersi muovere.
Erano tornati, lo sapeva, nessuno gli aveva mai creduto ma lui sapeva che c'erano. Sempre loro le creature del buio, avrebbe voluto urlare ma la voce gli morì in gola. Un respiro sibilante si sovrappose al suo, si stavano avvicinando al suo letto e alle suo corpo immobile ed incapace di difendersi. Sentì le viscere contorcersi, gocce di sudore gelido gli rotolarono lungo la fronte e negli occhi annebbiandogli la vista.
Sentì la presenza di uno di loro accanto a lui, nella parte del letto dove una volta dormiva sua moglie.
Sapeva che tra un minuto lo avrebbero portato via, nel loro orribile mondo scuro ed era convinto che stavolta non lo avrebbero mai lasciato tornare a casa, non gli avrebbero mai permesso di fuggire. Troppe volte era scappato dalle loro prigioni negli ultimi quarant'anni.

Le creature del buio non volevano che si sapesse di loro se qualcuno avesse creduto ai racconti di quell'uomo sulla loro esistenza nutrirsi per loro sarebbe diventato sempre più difficile per questo agivano nell'ombra della notte da secoli, silenziosi ed infidi come serpenti scivolavano negli antri scuri e caldi delle camere da letto delle vittime designate per divorare, lentamente, silenziosamente, i loro sogni e la loro paura. Le persone più resistenti venivano rapite e portate a Ralbarum, il loro regno, che esisteva in modo parallelo a quello degli uomini, e venivano vuotate completamente e rimandate poi a casa come gusci vuoti, privi di volontà o scaricati in canali di scolo senza vita ma con quella vittima non era mai stato semplice.
Lo avevo portato via per anni e per anni lui era riuscito a fuggire, prima di lui nessuno era sopravvissuto alle loro prigioni e nessuno era mai restato sano di mente così a lungo. Dovevano prendere provvedimenti seri stavolta, così aveva parlato il loro sovrano, non potevano permettere che li distruggesse.

Cercò di restare calmo, si stavano avvicinando, li odiava, gli avevano rovinato la vita, persino sua moglie lo aveva lasciato a causa loro, si diceva stanca delle sua insensata paura infantile del buio e dei mostri che venivano con la notte e dei suoi discorsi blasfemi di demoni e mondi al di là della comprensione.
Non conosceva i loro nomi ma conosceva il loro odore ed il loro aspetto, si somigliavano un po' tutti ma ognuno di loro aveva tratti unici a suo modo, erano creature pensanti, la loro lingua non somigliava a nulla che avesse mai sentito, parlavano a sibili e versi come le bestie ma sapeva che non erano stupidi. Era stato nel loro mondo molte volte e sapeva che vivevano in modo civilizzato.
Ora lo avevano circondato, si sentì strattonare verso il basso vide per un attimo il bagliore bianco degli occhi di uno di loro poi il buio che emanavano i loro corpi gli penetrò negli occhi e nei polmoni, una sensazione disgustosa di bagnato all'altezza dell'inguine poi il mondo vacillò e scomparve e non esistette più nulla dell'uomo che era stato fino a quella notte.

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