Il cimitero

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Sento il bisogno di scrivere, di raccontare ciò che accadde quella tragica notte.
Questa non è una delle tante storielle dell'orrore, non è una delle tante storie di mostri e creature del male; questa è solo un breve ma terrificante capitolo della mia vita.
Qualcuno di voi leggerà tutto e non crederà a una sola delle mie parole; chi lo farà avrà fatto la scelta giusta.
Ma altri potrebbero credere, a questi ultimi non posso dire altro che dormiranno poco la notte; buona fortuna.
Per molto tempo ho tenuto tutto dentro, ho cercato di dimenticare e andare avanti, ho cercato di vivere come uno dei tanti ragazzi della mia età; adesso ho capito che quello che successe quella notte d'inverno rimarrà sempre come un ricordo del passato, molto vicino al presente, come un incubo incredibilmente lucido, che sconvolge il tuo modo di pensare, e nel mio caso, di vivere.
Io ho smesso di credere ai fantasmi e ai vampiri quando avevo tredici anni, ma quella notte capii che in questo mondo di cui sappiamo tutto e non sappiamo niente, esiste qualcosa di inspiegabile, qualcosa di invisibile, che si rivela ad alcune persone per motivi sconosciuti.
Quella notte non vidi nessun fantasma, nessun vampiro e neanche l'ombra di un licantropo; non vidi niente di ciò che voi potreste immaginare.
Ebbi la certezza che queste creature leggendarie sono, appunto, leggendarie; popolano solamente i racconti dell'orrore, le fiabe, e le menti di persone superstiziose e deboli di carattere.
Mia nonna era una di queste persone, come quasi tutte le anziane, era superstiziosa e io ammetto che la superstizione è solo il risultato di un misto di paura infondata e ignoranza.
C'è da dire però, che fin dall'antichità, la superstizione, la magia, e la paura di un qualcosa di superiore all'uomo, fragile ma allo stesso tempo, la più forte delle creature, ha caratterizzato la nostra esistenza.
Persone sospettate e accusate di essere streghe, di avere legami con il male, furono uccise, bruciate vive, a causa dell'ignoranza che dominava la mente delle persone.
Sono passati molti anni da allora, molte cose sono cambiate, ma l'uomo stesso ha avuto un immaginazione troppo forte, ha creduto così tanto nel male, che adesso lo ha creato.
Era mezzanotte, c'era la luna piena e una fitta nebbia, così fitta che la visibilità era limitata ad una quindicina di metri; faceva molto freddo.
Mi alzai dal etto, mi vestii, scesi al piano di sotto senza accendere la luce e presi il telefono; chiamai Tom e Mark, i miei più cari amici, ci eravamo lasciati un appuntamento.
Nella mia abitazione regnava il silenzio, tutti dormivano.
Vidi l'ora, era mezzanotte in punto, poi mi accorsi che le lancette si erano fermate, coincidevano entrambe sul numero dodici.
Io ero in leggero ritardo e non aggiustai l'orologio, adesso capisco che forse avrei dovuto farlo.
Aprii la porta e uscii nel giardino, mi stupii del silenzio che c'era; solitamente si sentivano versi di animali selvatici e, a volte, rumori difficilmente identificabili; c'è chi dice di aver sentito anche urla o pianti, ma ricordate quello che vi ho detto sulla superstizione e la paura.
Io non avevo un minimo di paura, stando attento a non fare rumore, chiusi la porta a chiave e andai verso il cancello che affacciava sulla strada.
Non si vedeva un gran che a causa della nebbia e io dovetti fare attenzione a dove mettere i piedi.
C'erano solo una ventina di metri dalla porta di casa mia al cancello, ma quella notte sembrava più lontano che mai.
Avvertivo la sensazione che il tempo trascorresse molto lentamente, o che addirittura si fosse fermato; ma ero troppo stanco e assonnato, era normale pensai.
Ero nel bel mezzo del giardino, quando vidi nella nebbia una sagoma, non riuscivo a definire i lineamenti, ma notai che era di grandi dimensioni ed era immobile.
Ammetto che mi lasciai prendere dallo spavento, e rimasi immobile anche io. I miei sensi erano tutti in allerta; cercavo di capire cos'era ma era molto difficile.
La figura si trovava vicino al cancello, a una quindicina di metri da me, ma si confondeva con la nebbia e le tenebre della notte. All'improvviso sentii qualcosa, era qualcosa molto simile a un sussurro, sembrava che qualcuno parlasse, parlasse sottovoce. Io non riuscii a capire e la paura diventava sempre più avvertibile nel mio volto.
Era mezzanotte e non c'era neanche l'ombra di una persona; pensai che fossero i miei amici, che magari volevano farmi uno scherzo o più semplicemente, erano venuti a casa mia invece di aspettare sul luogo dell'appuntamento, vicino a una vecchia casa abbandonata.
Allora feci il nome di Tom, poi quello di Mark, ma non alzai molto la voce; con mio grande stupore vidi che la sagoma cominciò a muoversi, veniva verso di me...
Io non ebbi neanche la forza di scappare, ero troppo impaurito e confuso; e vedendo che la creatura era più simile a una bestia più che a una persona, mi salirono i brividi.
La bestia corse verso di me, potevo sentire i suoi passi pesanti sul terreno e, in meno di cinque secondi, mi assalì saltandomi addosso, io pensai che era arrivata la mia ora e che stavo per morire.
Caddi a terra e mi accorsi che la "bestia" che avevo sopra di me era.... il mio grosso labrador nero.
Era soltanto il mio cane ma io ero terrorizzato, poi mi ripresi e mi avviai verso la vecchia casa.
Uscii sulla strada, era un rettilineo d'asfalto di circa trecento metri, ed era deserto.
Mi incamminai nel silenzio della notte, ma dopo l'esperienza in giardino, per la prima volta, ebbi paura di percorre quella strada.
Quel silenzio era più minaccioso di qualsiasi rumore, erano passati solo cinque minuti da quando ero uscito, a me però sembrava un eternità.
Mi dissi che io non ero una di quelle persone facilmente terrorizzabili e mi feci coraggio ad andare avanti.
Finalmente giunsi alla vecchia casa e mi accorsi che non c'era nessuno, i miei amici non c'erano.
Pensai di aspettare altri cinque minuti e poi me ne sarei andato; aspettai i cinque minuti più lunghi della mia vita. Mark e Tom non arrivavano e io feci per andarmene, quando però sentii delle voci...erano loro.
Ci incontrammo, Tom aveva portato con sé la sua ragazza Sara, mi sembrò strano che fosse venuta anche lei, non ci avrei mai scommesso.
La nostra meta era un vecchio, vecchissimo cimitero sulla montagna; non ci andava mai nessuno se non qualche anziano.
Volevamo andare lì perché c'era un bisnonno di Tom, morto durante la seconda guerra mondiale; potevamo andarci di giorno come fanno tutti, ma non fu così.
Tom aveva sognato il defunto, mi disse che dovevamo andare al cimitero e cercare la sua tomba e pregare per lui; ma tutto ciò doveva accadere a mezzanotte. Io pensai che fosse uno dei tanti sogni insignificanti e dissi al mio amico che forse era meglio lasciare perdere o almeno, potevamo andarci di giorno. Ma Tom insisteva, non aveva mai insistito così per qualcosa, io capii che forse per lui era importante; nonostante non capissi perché andare proprio a mezzanotte, acconsentii.
La famiglia di Tom non era molto religiosa, ansi, per niente. Non ricordo di averli visti mai andare al cimitero a trovare il loro defunto. Forse il mio amico aveva sentito inconsciamente la mancanza del bisnonno, anche se non me ne aveva mai parlato, se non il giorno del sogno.
C'era un vecchio sentiero che portava dritto al cimitero, i vecchi del paese raccontavano molte storie di suicidi e morti accidentali, accadute proprio nelle vicinanze di quel cimitero. Forse era anche per questo motivo che nessuno ci andava mai; io non ho mai creduto a quelle storie, ma quella sera successe qualcosa.
Il sentiero era ricoperto, a tratti, dalla vegetazione, c'erano molte buche, alcune anche di trenta o quaranta centimetri. Sara mise il piede in una di queste, nonostante avesse una torcia in mano, ed ebbe una distorsione alla caviglia; Tom la aiutò ad avanzare.
Io avevo un'altra torcia che, a dire il vero, non illuminava molto con la fioca luce che si perdeva nella nebbia, ed ero a capo del gruppo.
Davanti a noi un grosso, vecchio cancello arrugginito, era l'entrata del cimitero. Io mi accorsi di una strana incisione, era una scritta in latino, nessuno di noi sapeva il latino; ma tutti vedemmo che, sotto la scritta, c'era un disegno.
Rimanemmo tutti stupiti, il disegno raffigurava due cavalieri, uno dall'apparenza "amichevole"e l'altro decisamente meno. Era una scena di lotta e il cavaliere che avrebbe dovuto rappresentare il male, stava vincendo.
Inoltre, sul muro accanto alla porta, c'era un altorilievo di un teschio. Insomma, non è normale che all'entrata di un cimitero ci siano raffigurate cose del genere;ma quella sera, la normalità era l'unica cosa che non c'era.
Il cancello era chiuso da una catena, anch'essa arrugginita. Dato che Tom doveva aiutare la sua ragazza, facemmo una conta tra me e Mark per chi doveva essere il primo a scavalcare; nessuno dei due voleva essere il primo, insomma, fa un certo effetto stare rinchiuso in un cimitero.
Toccò a me, dopo un attimo di esitazione mi arrampicai e saltai dall'altra parte; mi girai subito dietro e cercai di osservare il luogo. Poi saltò giù anche Mark e insieme a Tom, che fu l'ultimo a scavalcare, aiutammo Sara.
Eravamo lì, in piedi, e nessuno faceva un passo in avanti se non lo faceva qualcun altro.
Io dissi a Tom che era voluto venire lui in questo luogo, quindi se dovevamo andare a cercare la Tomba del bisnonno dovevamo muoverci.
Il cielo era diventato nuvoloso e si sentiva, di tanto in tanto, rumore di tuoni. Tra poco sarebbe venuto a piovere.
Al contrario di ciò che ci aspettavamo, il cimitero era molto vasto; c'erano tombe e croci dappertutto. Cominciammo a cercare la nostra tomba.
Intanto venivano giù delle gocce d'acqua, dissi agli altri che dovevamo affrettarci, ma era quasi impossibile trovare una tomba in mezzo a delle centinaia.
Il luogo era davvero inquietante, non ero mai stato in posti più lugubri di quello, c'erano tombe scavate e vuote per i futuri defunti, con all'interno carcasse di gatti randagi in putrefazione, che evidentemente, cadendo all'interno, non ne sarebbero più usciti.
Ci aggiravamo lentamente tra le tombe, cercando di non cadere in quelle vuote; sembrava impossibile trovare la tomba che cercavamo.
Io dissi al gruppo che forse era meglio che ci dividessimo, così ci dividemmo.
Non mi perdonerò mai quello che o fatto, è trascorso molto tempo da allora ma il rimorso è incancellabile dentro di me.
Ognuno di noi andò in una direzione diversa e io vedevo i miei amici sparire nella nebbia, divenendo tutt' uno con le tenebre.
Passò molto tempo, i minuti diventavano ore, le ore sembravano infinite. All'improvviso un lampo, seguito da un potentissimo tuono, illuminò la zona.
Io inciampai in qualcosa e caddi a terra, sbattei la testa sul marmo di una tomba e credo che, per non so quanto tempo, persi conoscenza.
Quando rinvenni mi guardai intorno, era buio pesto, nebbia fittissima ed ero bagnato fradicio; c'era un forte temporale.
Mi dissi che doveva finire così, che non potevamo più continuare, quando vidi qualcosa; una scritta, proprio sul marmo di una tomba.
Le varie tombe erano messe in ordine casuale nel campo, ma ce n'erano quattro una accanto all'altra. Andai a vedere quella scritta e pensai che avevo trovato il bisnonno del mio amico che si chiamava proprio come lui, Tom.
Chiamai gli altri urlando sotto la pioggia, che sembrava ghiacciata e aspettandoli guardai le scritte sulle altre lapidi...
Non ci potevo credere, quello che avevo visto sulla prima lapide non era il nome del bisnonno di Tom, quello era il nome del mio amico, seguito da Sara, Mark ed il mio nome.
In quello stesso istante io divenni pallido e caddi a terra terrorizzato, ero scioccato...
Poi sentii un urlo, sembrava la voce di Sara; corsi in direzione dell'urlo, sotto la pioggia scrosciante e, una volta arrivato lì, vidi una scena che mi fece rimanere sotto shock per molti giorni.
Vidi Mark a terra, ricoperto di fango, con gli occhi aperti; era morto dallo spavento.
Sara era caduta in una delle tombe aperte, aveva sbattuto la testa ed era morta.
Infine, trovai il mio amico Tom impiccato su un albero d'ulivo.
Proprio sotto di lui, sul terreno c'era una scritta, era una scritta in latino.
Tornai a casa correndo, con le lacrime che si confondevano con le gocce della pioggia.
Raccontai tutto ai miei genitori, poi arrivò la polizia e la scientifica non riuscì a trovare niente di importante, nessuna impronta digitale, nessuna traccia di un ipotetico assassino.
Per quanto riguarda la scritta, fu tradotta da un agente della polizia, era la stessa scritta del cancello.
Quel agente morì per cause sconosciute il giorno dopo. Per questo io non ho mai pronunciato le parole incise su quel cancello, e non le pronuncerò qui; potrebbero accadere cose terribili a chi le legga o forse era solo un caso la morte dell'agente?
Questo non lo so, posso solo dire che forse sono diventato superstizioso, sono diventato come chi una volta ho giudicato ignorante, con paure infondate.
Non sono mai più riandato in quel cimitero, a dire il vero, nessuno ci è mai più andato. Adesso è ricoperto completamente dalla vegetazione ed è stato dimenticato da tutti, così come il terribile episodio verificatisi.
Ma io non ho dimenticato, io rivivo quella tragica notte nei miei incubi, ogni notte.
Adesso che voi sapete spero che io starò meglio e che i miei incubi finiranno, e spero che dormirete la notte.

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