Capitolo 1

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Un suono stridulo sveglia la mia mente e interrompe i bei sogni fatti di arcobaleni e petali di rosa che ricoprono un prato di fiori colorati.
So bene che giorno è oggi. Il 2 di settembre. Questa data mi rimbomba nelle orecchie da ormai qualche mese e non ci credo ancora che sia arrivato il momento.
Per quanto riguarda i miei sogni, non direi fossero proprio così. È dall età di 10 anni che faccio incubi e peggiorano sempre di più. Prima per la morte di mia nonna, poi per il cambio di casa, per aver perso quei pochi amici che mi ritrovavo. Dopo per l adolescenza; ragazzi, veglie, alcool e fumo. Una volta ho preso una pasticca in discoteca e cominciai a fare incubi terribili ogni notte per sei mesi.
Insomma, hai avuto una vita da inferno Allyson.
E devo tutto questo a mia madre, che mi ha fatta nascere per poi non ricordarsi neanche di prepararmi da mangiare.
Prima di morire, era mia nonna a badare a me. Mi portava a scuola, mi faceva fare i compiti e mi raccontava le storie. Faceva tutto ciò che dovrebbe fare una buona madre. E invece no, la mia se ne stava tutto il giorno a lavorare al supermercato e la notte scompariva da un uomo a caso. Qualche volta se li portava a casa e non voleva che uscissi dalla mia stanza.

Ma adesso stop.
Cambio vita per onorare i miei 18 anni passati in quella merda.
Andrò a Gredween, dove vive mio padre. Nonostante se ne sia andato poco dopo la mia nascita, ho bisogno di un posto dove stare purchè senza quella bastarda di mia madre. Ed ecco che sto per andare nella sua mega villona a due passi dal liceo. Mi manca solo un anno, sono riuscita a non farmi bocciare e non voglio certo rischiare ora.

Mi catapulto giù dal letto e osservo per un ultima volta la mia camera, le cui pareti hanno avuto stelline dipinte di viola e disegni, poi scritte, dediche e poster. Hanno attraversato la mia infanzia e adolescenza, finché adesso sono bianche e spoglie. Ho raccolto tutto ciò che mi sarà utile ma non è tanta roba. Sono solo vestiti, libri, qualche collana e smalto.

Esco dalla porta andando in bagno e mi osservo allo specchio. I miei capelli rosso/viola hanno un aria piuttosto ordinata per essermi appena svegliata, ma decido di lisciarli e raccoglierli in una coda alta.
Contorno di eyeliner i miei occhi verdi e passo un po di mascara.
Torno in camera e mi tolgo il pigiama. Lo infilo delicatamente nella valigia e mi metto l outfit preparato ieri sera. Nel corridoio trovo le mie all star nere e me le infilo. Eccomi pronta.

Scendo e in cucina trovo mia madre intenta a bere il caffè. É molto tesa all idea di non avermi più con sé, ma doveva svegliarsi prima. I suoi capelli unti e tirati mi hanno sempre fatto ribrezzo, ma col tempo ho imparato a fregarmene. Mio padre non è mai stato così. Lui ha cura di sé stesso e gliene importa del giudizio degli altri, come è meglio che sia. Ma non mi interessa più, ormai quella donna sta per dirmi arrivederci, che forse sarà un addio.
Spero.

《Sono pronta, andiamo?》chiedo senza risparmiare la mia freddezza.
《Sì, andiamo.》risponde continuando a guardare in basso.
Vado in salotto e afferro la giacca a vento. Non voglio morire di freddo nel caso piova.
Lei mi raggiunge e apre la porta. Esco con le borse in mano e le butto a terra vicino all auto. Apro la portiera e le carico.
Il viaggio prosegue silenzioso e io non ho assolutamente intenzione di spiaccicare una parola. Ed eccoci, di fronte alla stazione.
《Grazie.》riesco solo a dire
Lei mi risponde con un cenno del capo e mi guarda un po speranzosa.《Chiamami ogni tanto Ally.》
Annuisco.
Ma so che non lo farò.

Sono passate due ore e non ho ancora ideato il dialogo che avrò con la figlia della futura moglie di mio padre.
Non l ho mai vista e se non fosse perché devo viverci insieme non ci terrei neanche. Immagino già sia una ragazzina viziata che continua a lamentarsi della sua vita, quando non ha idea di come possa essere la mia. Ma in questo caso glielo potrei rinfacciare.

Ed ecco che annunciano la mia fermata.
Mi alzo di scatto e afferro le valigie. Mi dirigo verso la porta e attendo che il treno rallenti e apra per farmi uscire da questa cabina fredda e puzzolente. Dietro di me un anziana signora sta parlando al telefono e dal tono con cui urla capisco che stia litigando con qualcuno. Indossa un giaccotto beige e una gonna marrone scuro. È parecchio magra e bassa. Mi ricorda vagamente mia nonna.
Lascio perdere ancora una volta i ricordi e scendo dal treno. Appena atterro sul marciapiede, riesco davvero ad assaporare la libertà.

Cerco l uscita dalla stazione e finalmente sono pronta a cercare un taxi per farmi portare a casa di mio padre.
Con una mano attiro l attenzione di uno e salgo dietro.
《Di fronte alla Banca, perfavore.》dico.
Da li basterà attraversare la rotonda e girare a sinistra, dopodiché mi troverò di fronte alla villazza di mio padre. È troppo ricco per i miei gusti.
《Certamente. È qui in vacanza?》mi domanda l autista.
《A dire il vero no, vado momentaneamente a vivere a casa di mio padre.》rispondo.
《Capisco. E chi è suo padre, se posso? Conosco molta gente in quella zona.》
La curiosità si quest uomo mi irrita un po'.
《È Jason Sebhastian. Lo conosce?》
《Sebhastian? Si ovvio che lo conosco! Non di persona, certo, ma é popolare in città.》
A dire il vero non sapevo che fosse talmente famoso da essere conosciuto persino da un taxista.
Rispondo alla frase con una risatina soffocata.
《Ecco a lei.》mi annuncia l uomo fermandosi di fronte alla villa di mio padre.
Gli avevo chiesto di andare alla banca, ma a quanto pare ha deciso di portarmi direttamente qua.
Meglio per me.
Gli consegno i soldi e scendo.
E rieccomi di fronte alla casa che non vedevo da almeno dieci anni, ma che ho amato per farmi sentire una principessa in un castello. Ma ora mi ricorda solo una ricca topaia dove ho abbandonato i sogni d infanzia. Aspetto ancora qualche minuto prima di suonare il campanello...non mi sento pronta.

Changed-Nash GrierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora