Terzo capitolo.

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Erano due ore che aspettavo quella dannata chiamata.

L'attesa stava diventando insopportabile. Le lancette dell'orologio sembravano essersi fermate.

Decisi di andare a fare una doccia per alleviare un po' della tensione che persuadeva la mia mente.

Mi sbarazzai degli indumenti che avevo addosso e mi infilai nel box doccia.
L'acqua calda rilassò i miei muscoli tesi anche se l'ansia non si decise di abbandonare i miei pensieri.

Finì di sciacquarmi bene i capelli e uscii dalla doccia indossando l'accappatoio color panna.

Non appena decisi di lavarmi i denti sentì un rumore provenire dal salotto.
-Merda, il mio cellulare.- imprecai a voce alta e mi precipitai nel salotto quasi scivolando a causa dei miei piedi ancora umidi.

Mi piombai sul tavolino in vetro al centro della stanza e afferrai con noncuranza il mio cellulare.

-P-pronto!- sembrava quasi uno strillo così inspirai profondamente ed espirai con l'intento di calmarmi.

-Pronto? Signiorna Lewitt?- chiese l'uomo dall'altra parte dell'altoparlante.

-In persona.- risposi con più calma. Anche questa conversazione sembrava essere così lenta e duratura.
Ma vogliono uccidermi?

-Dobbiamo informarla che è stata assunta come assistente personale del dottor Collins.- sto perdendo alcuni battiti.- Potrà iniziare a lavorare da lunedì.- disse sarcasticamente l'uomo di cui avevo già sentito la voce.

Cercai di contenere la mia felicità per quanto potessi ancora riuscirci.

-Oh mio dio,grazie. Grazie dell'opportunità! Sarò fiera di lavorare per la Hill Hospital.- dissi con un filo di entusiasmo, ma quanto bastava per non sembrare una psicopatica.

-Anche noi, dolcezza.- e sentì riattaccare.

Dolcezza? Non mi è nuovo questo nomignolo.
Certo era Styles, come dimenticarlo.

Cacciai i pensieri sul riccio e gli riportai a quello che era appena successo.

Ero appena stata assunta come assistente dell'ospedale migliore di New York.

Non potevo più contenere la mia felicità così iniziai a saltellare qua e là come una bisbetica.
Era decisamente la giornata migliore della mia vita.

Decisi di chiamare mia madre, fregandomene in quel momento del fatto che probabilmente fosse occupata, e la mia amica Sara.

L'weekend passò più velocemente del solito e arrivò il fatidico giorno del mio primo lavoro.
Optai per un outfit semplice ma di effetto e indossai delle scarpe col tacco.

Non ero molto alta ma i tacchi facevano sembrare le mie gambe più slanciate.

Scesi le scale, questa volta senza inciampare e presi le chiavi dell'auto di mia madre.

Entrai nella minuscola 500 e accesi subito il riscaldamento.
Sentì una leggera vibrazione provenire dalla mia borsa.

Doveva essere mia madre.

Da mamma: tesoro imbocca al lupo per oggi, io tornerò tardi. Non aspettarmi a cena. Un bacio.

Le risposi e ricacciai il telefono nella borsa.

-Rieccoci qui.- sospirai pensando tra me e me.
Mi stirai la gonna con il palmo delle mani e mi incamminai verso l'enorme entrata dell'ospedale.

Raggiunsi l'ufficio di Richard ma una mano toccò la mia spalla. Sussultai per lo spavento e mi girai per capire di chi si trattasse.

Hurricane ↛[z.m]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora