Capitolo 8

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Fredda ed apatica...

Adesso ci si metteva anche il mio ex, Thomas, a tornare nella mia vita e continuare a devastarla più di quanto non lo sia già. Mi stavo perdendo in un bicchiere d'acqua. Non che lo odiassi, ci siamo lasciati perché litigavamo sempre, niente tradimenti o cose del genere. Quelle urla che c'erano state pochi pomeriggi fa venivano proprio da lui. Com'era finita? Girando dalla seconda entrata della casa mi misi in macchina e girovaghi senza metà per ben due ore. Mi mancava nel lato più oscuro e remoto di me stessa, ma non era venuto nel momento adatto. Io non ero pronta a vederlo.

Sostai in un parco, poco conosciuto, e mi misi a piangere senza sosta. Pensai alle parole di mia madre, quando mi diceva: "Sorridi, anche se va tutto storto, sorridi sempre. È la miglior arma che tu possa sfoggiare di fronte al tuo nemico, sempre e comunque". Ma anche li piansi ancora di più, perché lei e mio padre mi mancavano da matti, e li avrei voluti li con me.

Erano due giorni che non andavo a scuola. La testa pesante, le gambe tremolanti, lo stomaco chiuso, la voglia di evadere e non tornare mai più e per una volta sparire da questo schifo di mondo e guardare tutti dall'alto. Pensavo a Thomas e agli errori che avevo compiuto mentre stavo con lui. Pensavo poi a Jake e a quello schifo dove mi ero andata ad impelagare e cosa sarebbe successo, anche se me ne stavo uscendo, se qualcuno ne fosse venuto a conoscenza. È difficile combattere contro alcuni pregiudizi. È importante mantenere la mente aperta. È così che impariamo. È così che cresciamo. Finché non è più così. Finché non lasciamo che prendano il sopravvento. Finché non ci facciamo dominare da ciò che ci sembra bello o piacevole in quel momento. Perché anche allora, dentro di noi, ci rendiamo conto che... Ce ne pentiremo. Ed era così che mi sentivo.

Cloe mi chiamava per sapere come stavo e per convincermi a mettere il naso fuori dalla porta affinché non respirassi più l'aria viziata che c'era a a casa mia. Mi chiedeva come stavo, ma non perché avessi una qualche malattia, ma perché ne avevo piene le scatole di avere il mondo contro e rifugiarmi era la cosa migliore a mio parere.

Decisi di andare a fare una doccia, volevo andare al cimitero.

Così mi vestii, e dopo essermi truccata leggermente per sistemare la mia faccia da zombie mi misi in macchina. Seppur poco distante da casa mia, non andavo molto spesso a trovare i miei genitori, tanto da non ricordare neanche dove fossero posizionate le loro lapidi. Successivamente parcheggiai e restai alcuni minuti ferma in macchina, bloccata dai miei pensieri. Stavo li a fissare l'entrata di quel maledetto cancello e pensavo a quanto breve sia la nostra esistenza e a quanto sia allo stesso tempo essenziale. A volte capiamo l'importanza della persone solo nel momento in cui sono assenti dalla nostra vita. Non che non mi importasse prima dei miei genitori, ma solo adesso mi accorgo quante volte avrei voluto dargli più ascolto, non rispondergli male e passare più giornate felici con loro.

Durante il mio inabissarmi in questi pensieri non mi accorsi che era passata una bella ora e mezza da quando ero li davanti, così scesi e dopo aver portato dei fiori freschi ai miei genitori mi misi sulla strada del ritorno.

Tornai nuovamente a casa, e nella mia triste vita. Ero dubbiosa sul da farsi.

Dovevo chiamarlo?
Dovevo fare finta di niente?
Dargli un'opportunità?
Starlo a sentire?

«Arrivo subito» sentii rispondere dopo averlo chiamato per chiedergli se gli andava di passare un po di tempo insieme e per stare a sentire ciò che aveva di così importante da dirmi. Sembrava una richiesta quasi disperata, o forse lo era. Ma lo conoscevo, e lui un tempo era stato il mio tutto. Avevo bisogno di un suo conforto e confronto.

Proprio nel momento in cui cominciai a fare zapping con il telecomando sentii suonare alla porta.

Aprii e mi scaraventai fra le sue braccia, singhiozzando.

«Shh! Piccola, che succede?» disse lui amabilmente.

Non risposi e mi strinsi ancora più forte al suo petto. Respirai lentamente, perché il suo dolce profumo rimaneva sempre quello che calmava ogni cellula del mio corpo. Eppure a pensarci mi era mancato Thomas, ma adesso non era tutto ciò la mia priorità.

«Allora?» insistette lui.

«E solo che l'altro giorno sei venuto all'improvviso e io non ho saputo come reagire» risposi.

«Mi hai lasciato tu e non sapevi come comportarti?» rise sotto baffo.

«Suvvia, ci tengo sempre a te ma litigavamo troppo spesso. Anche troppo. Volevo sapere come mai eri venuto, dopo quasi un anno ti sei ricordato della mia esistenza?» dissi con una punta di ironia.

«Sono venuto perché solo ora mi sono reso conto di quanto mi manchi» disse con un filo di malinconia «Perché sai come la penso, no? In ogni cosa che finisce c'è chi elabora il "lutto" a lungo andare, piano e metabolizza la cosa lentamente, perché da un lato cerca di combattere ancora, cosa che ho fatto io. Poi c'è chi già alla fine della relazione è avanti luce, è oltre e sta bene. Però mi chiedevo se magari non avessi combattuto abbastanza, perché voglio ricordarti che ancora hai un posto qui» disse toccandosi il cuore.

Io ero commossa dalle sue parole, non credevo che ancora provasse qualcosa per me, e anche questa volta io ero rimasta senza una risposta da poter dare. Io ero consapevole che il più delle volte ho preso scelte che facevano paura a me stessa. Ma non me ne sono mai pentita, anche se esse erano sbagliate. Perché comunque sia ho sempre saputo scegliere e prendere una decisione. Ho sempre avuto il coraggio e la faccia tosta di farlo. Non sentivo dunque pentimento dei confronti di tante decisioni, seppur sbagliate, ma forse era arrivato il momento di riconsiderarle?

«Possiamo chiarire, ma non tornare insieme Thomas. Sarebbe come guardare lo stesso film più volte, so già come va a finire» risposi.

Lui annuì, forse deluso, ma non mi andava di illudere o usare una persona dopo tutte le batoste che ho preso.

«Dai su Thom» dissi accarezzando la sua guancia «possiamo sempre riallacciare i rapporti» dissi.

Annuì nuovamente.

«Ti va una bella maratona di HP e tanta pizza quanto gelato?» dissi sorridendo.

«Proprio come i vecchi tempi?» disse lui nuovamente con un velo di malinconia.

Lui era stato sempre un ragazzo molto profondo, l'ho sempre amato per questo, ma ormai posso dire di averlo dimenticato e non mi va di cadere di nuovo nella trappola di un amore pieno di liti, mi farebbe soffrire. E dove sta scritto che lo stesso atto di amare debba essere strettamente legato al dolore?

«Sai perché sono ancora innamorato di te?» poi domandò dopo aver mangiato le pizze.

«Dai su Thomas, non riparliamone» dissi sbuffando.

«E non sbuffare. Sei troppo carina quando lo fai. Allora lo sai?» insistette ed io scossi il capo.

«Perché sin da subito mi sono innamorato dei tuoi difetti. Della parte peggiore di te, dei tuoi scatti dir'ira. Delle tue sfuriate. Dei tuoi gestacci quando mi mandavi a fare in culo. Mi sono innamorato di quella parte che tutti scarterebbero, e quando ti innamori di ciò sei finito. L'amerai per sempre» concluse guardandomi negli occhi, in modo profondo, quasi come volesse entrare nella mia anima.

Piansi.

MALEDETTO MONDO.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 22, 2015 ⏰

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