Bettolottilandia

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Nella maremma laziale esiste ed è sempre esistita una città,dalle cui mura è visibile all'orizzonte una sottile striscia di mare.
Una città strana, caratterizzata dai gravi problemi architettonici, causati dagli abitanti inetti e da secoli di un ripetersi di demolizioni e di ricostruzioni.
Gli abitanti di questa città non sono esattamente umani.
Non fraintendetemi per favore,questa non è una storia di fantascenza, loro sono nati sulla Terra come tutti noi,nessun alieno con tre teste ha fondato una colonia nel Lazio per quanto ne so io.
Coloro che abitano questa città non differiscono da noi per caratteri fisici evidenti,come tre occhi o qualche fegato in più, ma per le loro facoltà mentali.
A prima vista sono persone comuni,dal viso un po' pallido e dagli sporgenti occhi languidi, che danno l'impressione di stare parlando con un idiota e forse, in questo caso vi converrà fidarvi della prima impressione.Questo è ciò che noterete incontrando uno di loro.
Sono stata solo una volta a bettolottilandia,e comunque penso che non ci tornerò mai più.
Quando ero lì,in gita con la mia scuola,mentre osservavo quanto fosse costruita male quella città, entrai in un bar con alcuni miei amici e dentro c'erano due bettolottiani(non potevano davvero trovare un nome peggiore di questo).
Lì per lì non feci caso al fatto che erano praticamente identici,pensai che fossero gemelli. Ma poi pochi minuti dopo,uscendo dalla porta mi scontrai con altri due individui. Padre e figlio,che si tenevano per mano e alla loro somiglianza non potevo dare spiegazioni. Stesse facce piatte e pallide degli altri due.
Tra quelle persone variavano l'altezza e il taglio di capelli, e per quanto riguardava la donna dietro il bancone, anche alcune misure. Ma tutto era identico,lo stesso individuo ripetuto più volte.
Rimasi attonita ad osservarli finché non mi trascinarono via per continuare la gita.
Ci trovavamo in quella città per visitare un museo,posto nella parte alta di essa. Il luogo da raggiungere era molto distante dal posto in cui ci trovavamo noi, così prendemmo un autobus per arrivare fino a lì.
Un vecchio autobus color lampone che vibrava ogni tre metri, un po' perché il macinino aveva passato da parecchio i suoi anni migliori, un po' perché l'asfalto si alternava ai ciottoli e al ghiaino, sostituiti a tratti da grosse lastre di marmo tutte graffiate. Il vecchio catorcio sorpassò il museo e iniziò a salire una serie di rampe circolari. Alla sesta e ultima curva il conducente mancò di poco una pompa della benzina piazzata in mezzo alla strada,e sbandando parcheggiò qualche metro più in la. La prof adirata rimase ad insultare il conducente, mentre noi usammo un ascensore per entrare nel museo,che esternamente appariva come un vecchio castello decorato con lucine di natale e travi pitturate di blu,che partivano dai punti più assurdi.
Nel programma della gita,l'idea era di visitare un museo sull'agricoltura, per recarsi poi ad un agriturismo ad una trentina di chilometri di distanza.
Forse un tempo quello era davvero un museo sull'agricoltura ma ora il suo scopo era decisamente un altro:era come se i bettolottiani avessero eretto un tempio per qualche individuo misterioso.
Ci trovavamo nel salone di ingresso,una stanza ovale adorna alle pareti da giganteschi quadri che raffiguravano sempre lo stesso individuo.
Ormai avevo capito che sarebbe stato impossibile trovare un volto diverso in qualsiasi punto di quella città,così rassegnata iniziai a seguire la pallida guida del museo.
La guida parlava, interrompendosi di tanto in tanto per fissare un punto vuoto davanti a se,poi ricominciava a parlare lasciando in sospeso alcune parole con versi rauchi.
-il castello reale fuugh...costruito nel...ugh...-
Annoiata proseguii nella sala successiva e passando accanto alla guida mi accorsi che tutto quello che aveva detto fino ad ora era stato letto sul telefono che teneva in mano.
Nell'altra stanza,un lungo salone sfarzoso che terminava ai piedi di un trono, era reso disordinato dalla presenza delle travi blu che ingombravano gran parte dello spazio.
C'era un ragazzo su quel trono,più o meno della mia stessa età,ma più alto e pallido come tutti gli altri.
Finito di visitare il museo partimmo e con molta fatica riuscimmo ad andarcene da quella città, evitando di scontrarci innumerevoli volte con edifici e decorazioni posti nel bel mezzo delle strade,palazzi crollati e i resti del mercato del pesce.
Ce ne andammo per tornare così alla normalità,per sfuggire alla pazzia di quella città e ai suoi assurdi abitanti.

Tornati a scuola tutto ricominciò come prima ma per me le cose erano leggermente diverse,continuavo a vedere tra i miei compagni di classe un volto orrendo,come se un bettolottiano fosse venuto via con noi.
Provai a parlarne con i miei amici ma tutti dicevano di non ricordare una città del genere,ridevano e mi chiedevano -dove hai letto questa storia?-.
Troppo triste e confusa non rivolsi più la parola a nessuno fino a che uno dei miei compagni mi si avvicinò per parlarmi.
-Vuoi sapere perché non si ricordano di bettolottilandia?...Perché io ho fatto in modo che fosse così!-
Osservai più attentamente quel ragazzo,di sicuro veniva da quella città.
-Non...non potevo permettere che il mondo si accorgesse della nostra esistenza,così ho dovuto usare l'ultima...risorsa mentale che ci era rimasta.-
Risorsa mentale?di che diamine sta parlando questo tipo,che ora riconosco essere il ragazzo della sala del trono.
-forse...ti risulterei più chiaro se dicessi che vi ho cancellato la memoria...sostituito i vostri ricordi...purtroppo devo aver sbagliato qualcosa,perché tu...e un altro ragazzo ricordate ancora.-
Mi chiesi di chi stesse parlando.
- Ma questo...non è un problema,non riuscirete a convincere nessuno.-
Detto questo il bettolottiano si allontanò per rientrare in classe ma per distrazione si scontrò con il muro.

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