GIOCHIAMO

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YATO


- Come fai ad essere così convinto che sia stata rapita da Nora?- la sua voce era frustrata. Certo, l'avevo interrotto mentre si stava "divertendo". Mi bloccai, le gambe rigide e le mani strette intorno alle lame.

- Perché è una ninfomane con istinti sadici ed una particolare propensione per i rapimenti. – Tenevo lo sguardo fisso avanti a me, incapace di riuscire veramente a vedere. Scorgevo soltanto una massa di colori indistinti e delle ombre che sembravano divorarmi. Era soltanto colpa mia.

- Sì, ma sei sicuro che sia proprio qui? – domandò con voce incerta Hana. Sembrava quasi un sussurro. Mi passai nervosamente la mano tra i capelli. Il parco dormiva placido sotto la pallida e tetra luce della Luna. Gli alberi spogli circondavano minacciosamente il laghetto. La neve mi affondava fino ai polpacci. Il vento sferzava sibilante sulle mie guance. L'aria si condensava in nuvolette che si dissolvevano lentamente nella notte gelida.

Perché ci metteva tanto? Ero un verme, nient'altro che un verme. La voce di Nora mi rimbombava ancora nelle orecchie, come promemoria della mia della nullità.

- Tu sei come noi, Yato. – cantilenò giocherellando con la mia sciarpa. Gonfiò un poco le guance.

- Lui vuole solo il nostro bene. Puoi scegliere. – disse inchiodando i suoi occhi vacui ai miei. Abbassai il capo, rassegnato.

- Puoi scegliere. O torni da noi, o le persone a cui tieni moriranno per colpa tua. – aggiunse trascinando la voce, come se stesse recitando una filastrocca. Quelle parole mi crearono un blocco in gola. Di nuovo. Era tornato. Si era sbarazzato delle barriere che avevo posto tra di noi per rovinare tutto ciò che mi ero costruito. Non sapevo nemmeno io perché non mi ribellavo, perché lasciavo che le sue parole mi abbandonassero alla deriva, incapace di oppormi alle onde.

Intrecciò le mani pasciute intorno al mio viso obbligandomi a guardarla. Nel suo sorriso discreto brillava una scintilla vittoriosa, a tratti malsana. Con il pollice prese a disegnare cerchi concentrici sulle mie guance. La lasciai fare apatico. Nei suoi occhi tetri non vedevo altro che sangue. Lo sentivo bagnarmi le mani, salirmi lungo le braccia e poi scendere fino al costato. Le loro grida rimbombavano minacciose nella mia testa. Erano urla così disperate, supplichevoli, che continuavo a pensare fossero in grado di trasportare la loro salma lontano da me, dove io non potevo più far loro del male. Ma l'incubo finiva sempre con lo stesso maledetto sorriso e la bocca compiaciuta che si complimentava con me.

Sentii le braccia formicolare, come se il sangue si stesse appiccicando alla mia pelle. Iniziai a respirare nervoso mentre facevo di tutto per liberarmi dalla stretta di Nora. Sangue. Sangue ovunque. Le mia mani erano rosse, i miei vestiti si stavano tingendo di una cupa sfumatura cremisi. Spalancai gli occhi nell'orrore. Il cuore prese a martellarmi nel petto. Anche la porcellana del volto di Nora era puntellata di sangue. Mi lasciai sfuggire un gemito di terrore.

La bimba mi lasciò andare il viso. Sentii le sue mani cingermi le spalle e appoggiarmi piano sulle sue cosce ossute. Non opposi resistenza. Alzai le mani sul viso. Erano tornate bianche, lo erano sempre state. Mi sciolsi in singhiozzi sulle gambe di Nora. Era solo un'illusione. Un'altra maledettissima illusione causata dal suo ritorno.

La ragazzina iniziò ad accarezzarmi i capelli come se fossi ancora il suo compagno di giochi. Avrei voluto alzarmi, mandare tutto al diavolo e tornare da Hiyori e Yukine, ma una parte di me sapeva che non potevo e che la mia vita era legata alla stessa persona che la stava distruggendo.

- Hai tempo fino a domani. Ci vediamo qui a mezzanotte. – sussurrò con lo sguardo perso verso il lago che stava iniziando a prendere i colori dell'alba. E così dicendo, si dissolse lasciando soltanto l'alone della sua presenza.

Noragami- Keep SmilingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora