PREFAZIONE

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Abigail girò la cartina dalla parte giusta e guardò la bussola. Persa in mezzo al bosco nel pieno di un corso di sopravvivenza, si chiese se sarebbe stato meglio urlare o seguire quello che le sembrava il sentiero coperto dall'erba sul terreno umido.

Sbuffò.

Non avrebbero dovuto permettere a dei ragazzi di sedici anni di sparpagliarsi nel bosco e dire loro di "seguire la natura" per trovare il campo.

Il percorso durava tre interminabili ore e, calcolando che li avevano abbandonati alle quattro, dovevano essere circa le sei. Sicuramente tutti i suoi compagni erano sani e salvi con la guida e i professori e magari stavano anche organizzando gruppi di ricerca per ritrovarla.

Si sistemò lo zaino sulle spalle e, stringendosi nella giacca si accorse che il sole stava calando. Ma quanto tempo era rimasta ferma a fissare quel pezzo di carta ormai sgualcito? Troppo.

Il campo era a est e (almeno per la bussola), stava seguendo la direzione giusta, mentre per la cartina no. Si infilò tra due alberi tenendo sott'occhio il sentiero quasi invisibile.

Camminò per poco, prima di sentire un forte ringhio. Si bloccò di colpo nel vano tentativo di percepire da dove arrivasse. Strinse i denti per non farsi prendere dal panico. Poi sentì un forte rumore alla sua destra come un troco che si spezza.

Trattenendo il fiato si voltò in tempo per veder sbucare degli alberi e cespugli il muso enorme di un orso marrone scuro. Adorava gli orsi, ma questo era decisamente troppo grosso.

Prima che potesse anche solo pensare di urlare, una voce suadente le giunse alle spalle.

-Non ti muovere-.

Era la voce di un ragazzo, ma Abigail aveva i muscoli rigidi e continuava a fissare impaurita l'orso. L'animale ringhiava e si avvicinava. La ragazza lasciò cadere bussola e cartina.

Una figura le si avvicinò. L'orso parve stranamente confuso, ma poi puntò al ragazzo; senza timore, lui le si parò davanti mentre l'aria si addensava di paura e rabbia.

L'orso ringhiò e prese slancio per alzarsi sulle zampe posteriori; a mezz'aria, dalla gola gli uscì un forte mugolio e poi, tranquillamente, se ne andò da dove era spuntato.

Il cuore di Abigail batteva nelle tempie e nella gola mentre fissava le spalle ampie del ragazzo davanti a lei. Indossava una felpa grigia, un paio di jeans strappati e degli stivali. Un abbigliamento totalmente diverso dal suo.

Prese in considerazione l'idea di scappare, ma qualcosa le suggeriva che non gli sarebbe sfuggita.

Fece un passo indietro quando lui si voltò. I capelli ramati e spettinati gli incorniciavano il viso e i suoi occhi azzurri simili ai suoi la scrutavano attentamente.

Aveva l'aria molto arrabbiata e molto pericolosa, ma Abigail si sentiva al sicuro. Questo la mandava nel panico.

-Non ti faccio male. Come sei finita qui? - le chiese.

Indietreggiò ancora. Il ragazzo sospirò e si chinò a raccogliere la bussola e la cartina che lei aveva lasciato. Glieli allungò e lei, tremante, fece per prendersi.

-G...grazie-.

Senza perdere tempo, lui le afferrò il polso e la strattonò verso di sé.

-Lasciami! - urlò lei tentando di liberarsi.

Le infilò nella tasca della giacca la bussola e poi la cartina che aveva piegato con una mano sola.

Abigail tentò di aprirgli le dita con l'altra mano ma senza successo.

-Smettila! -.

Di fronte a quell'ordine brusco, lei alzò la testa ritrovandosi vicinissima a lui, tanto da sentire il suo fiato sul naso.

-C...chi sei? -.

-Qualcuno che ti ha salvato la vita. Non si deve mai arrivare alle spalle di Rage-.

-Ti...ti riferisci all'orso? - gli domandò stupita.

-Certo- le rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo e aggrottando leggermente le sopracciglia.

Abigail rimase senza parole e piano piano la presa di lui si fece più leggera.

-Come ti chiami, biondina? -.

-Non sono biondina. E il mio nome non te lo dico- diede uno strattone al suo polso ma la presa di lui tornò salda.

-Molto piacere Abigail, io sono Darius- le sorrise.

-Come fai a saperlo? -.

-L'hai scritto sulla giacca- rise lui.

Abigail arrossì e chinò la testa.

-Dimmi dove devi andare- le sussurrò dolce lui.

Lei si riscosse e lo guardò allarmata. I suoi occhi azzurri la scrutavano intensamente e Abigail ebbe l'impressione che fosse alla sua mercé. Com'era possibile?

-In un campo. A est-.

Lui annuì deciso e si mosse verso la direzione cui lei era arrivata.

-Ma la bussola...- si lamentò mentre lo seguiva.

-C'è una scorciatoia- disse svoltando bruscamente a sinistra e strattonandole il polso.

-Mi puoi lasciare, per favore? -.

Darius si bloccò all'improvviso e gli sbatté il naso tra le sue scapole. Se lo massaggiò ed ebbe la tentazione di chiedergli cosa diavolo gli succedeva, ma quando alzò gli occhi lui la stava guardando supplicante.

-C...cosa c'è? -.

-Non scappi, vero? -le chiese.

Abigail scosse la testa. -No-.

Lui prese un profondo respiro e poi sospirò, come se fosse liberato di un grande peso. Le lasciò il polso.

Ripresero a camminare nel bosco ma appena lei sentì un rumore strano, si attaccò al suo braccio, lasciandolo stupito. Senza dire nulla le strinse le dita tra le sue e riprese a camminare.

Abigail si trovò al margine della radura del ritrovo nel giro di mezz'ora e, attraverso gli alberi, intravide la guida e i suoi professori. Tirò un sospiro di sollievo.

Darius si fermò e le lasciò la mano. -Ci arrivi da sola, da qui-.

-Ma Darius tu...-.

A un tratto Abigail si chiese cosa ci facesse lui nel bosco. Darius le fece cenno verso il campo.

Lei fece per lamentarsi ma lui scosse la testa. -Vai. E ti prego, non dimenticarmi-.

Abigail gli si avvicinò e sollevò la mano per sistemargli un ciuffo ribelle. Lui spinse il viso tra il suo palmo e dalla gola gli uscì uno strano lamento. Prima che lei potesse domandarsi cosa fosse o cosa significasse, lui la strattonò di nuovo verso di sé per sovrastarla e baciarla.

Cuccioli di AlfaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora