Casa Cercasi

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Dopo la vendita della villa, spesso mi trovavo a fissare le pareti del mio appartamento a Toronto. Sentivo che mi andava stretto o meglio, sentivo che volevo cambiare. Decisi che avrei preso appuntamento con un agente immobiliare per trovare una nuova casa, un nuovo posto dove sentirmi finalmente a casa. Frequentare la casa di Martha, mi aveva fatto notare piccole cose come stare seduti davanti al camino o correre nel giardino in una giornata estiva. Il mio appartamento lo sentivo freddo, oramai troppo distante da ciò che ero diventato. Avrei optato per un alloggio più familiare, con un giardino in cui piantare le rose che tanto amava Grace e che avesse un camino su cui appendere calze di Natale a dicembre.
Poco avrebbe importato che fossi solo.
Si, l'ambiente familiare in cui da quasi un anno ero ospitato, mi aveva lasciato dentro quella sensazione di unità che da tempo non faceva più parte della mia vita. I miei cari vivevano a Philadelphia, io senza Julia ero oramai solo a Toronto. Eppure, Martha, Lorenzo e la loro famiglia, mi davano ogni giorno quella sensazione, quel senso che mancava oramai da tempo nella mia esistenza e di cui, non volevo più fare a meno. Non avevo figli e nemmeno una compagna, ma avevo qualcosa che forse avrebbe dato un senso a tutto il resto: un'anima.

La settimana dopo il primo appuntamento, io e l'agente immobiliare ci dedicammo alla visita di diverse proprietà, cercando qualcosa che combinasse tutte le mie esigenze. Nonostante non avessi grandi limiti di spesa, non trovavo quello che cercavo. Troppo fredde, troppo lussuose, troppo piccole, troppo vecchie. Al settimo giorno, mi stavo scoraggiando, forse il cielo mi inviava un segno, mi diceva: "Gabriel, tu non avrai una casa cosi perchè non avrai mai una famiglia con cui condividerla".
Questo pensiero mi rese cupo e silenzioso, visionammo tre proprietà e nessuna di loro mi aveva attirato. Forse, dovevo semplicemente tenere il mio appartamento, tanto tra l'università e i viaggi, la promozione del libro e il tempo in casa Tomson, casa mia era più una stanza d'albergo che un luogo intimo.
Un sospiro si fece largo tra le mie labbra, salutai con una stretta di mano Bill, l'agente immobiliare che mi promise di cercare ancora. Anche lui sembrava scoraggiato ma annuì ringraziandolo.
Passai da Martha quella sera, per dirle che avevo avuto l'ennesimo fallimento e che avrei rinunciato al trasloco. Lei si rattristò e, per tirarmi su di morale, mi invitò a cena sapendo che adoravo mangiare la sua Lasagna fatta in casa. Accettai, tanto un rifiuto non sarebbe stato permesso e mi sedetti sul divano con Lorenzo. Shana era con noi, dalla festa avevamo parlato qualche volta, scambiato opinioni e mi piaceva il suo modo di comunicare. Soprattutto, adoravo il modo silenzioso che usava con Lorenzo. Martha si congedò per qualche minuto, voleva farsi un bagno nell'attesa che la pasta fosse pronta e sapeva che con Lorenzo mi sarei aperto meglio che con lei. Oramai, aveva imparato a rispettare anche i miei momenti no.
Shana controllò il forno e mise la tavola, le lasciavo qualche sguardo ogni tanto, forse avrei dovuto aiutare ma fu più veloce del mio pensiero e terminò prima che potessi offrirmi. Si accorse che la guardavo, in un certo senso i suoi occhi mi toccarono in un modo dolce anche se interrogativo. Sospirai rigirando tra le mani una macchinina di plastica.

"Scusa, avrei dovuto aiutarti con la tavola. Oggi non sono granchè in forma..."

Si avvicinò al divano, le braccia conserte e quel maglione morbido che le copriva le forme.

"Tranquillo Gabriel, siamo solo quattro, lo faccio sempre."

Mi sorrise dolcemente, annuì col capo tornando con lo sguardo sulla macchinina. Dopo qualche secondo, la sentì avvicinarsi al divano e si sedette vicino a me, spostando l'orsetto di peluche di Lorenzo che giocava sul grande tappeto davanti a noi.
Deglutì, non sapevo perchè ma l'ansia mi stava toccando. Mi voltai piano verso di lei, quasi temendo che mi fissasse e che mi leggesse dentro, quella sensazione mi spaventava a morte.
La vidi intenta ad accarezzare Teddy, l'orsetto. Lo sistemò seduto di fianco come se fosse vivo. Quel gesto, non so ma mi sembrò cosi intimo, cosi curativo. Lei si voltò mentre pensavo e i suoi occhi mi colpirono. Di nuovo. Mi irrigidì.

"Sembra stupido vero? Che io mi curi di Teddy intendo..."

Cominciò a giustificarsi, stavo per scusarmi, ancora ma lei continuò.

"Penso che anche le cose a cui teniamo, vadano rispettate. Lorenzo adora Teddy, lui si cura delle sue notti, dei suoi sogni. Solo perchè non è vivo, non significa che non contenga amore. Ecco perchè lo metto seduto comodo, se Lorenzo vede che è parte della famiglia, si sentirà protetto da lui anche quando noi non ci siamo..."

Rimasi sbalordito dalla profondità di quel discorso, non sapevo cosa dire, Shana mi spiazzava come pochi.

"E' molto bella questa attenzione... per le cose altrui, per le cose che danno amore agli altri. E'... speciale, non stupido...."

I suoi occhi, dapprima abbassati, si alzarono nuovamente per osservare i miei.

"Sai, credo che quando sarà tempo, troverai una casa da amare e che ti ami a sua volta..."

Un altro pugno.
Perchè quella ragazza mi lasciava senza fiato ogni volta?
Parlava della casa che cercavo, aveva spostato il discorso su quello e... dio se lo sentivo in modo intenso. Mi colpì.

"Già...."

Le parole non trovarono spiragli, a Shana non parve pesare il mio silenzio. Mi fece un sorriso e accarezzò la mia mano. Un gesto inaspettato. Un gesto che mi lasciò interdetto. Guardai la sua mano sulle mie nocche, perchè lo aveva fatto?
Deglutì ancora, guardandola.

"Sei come Teddy, Gabriel. Proteggi qualcuno e quell'amore ti verrà ricambiato. Qualcuno si prenderà cura di te... devi solo aspettare ed avere fede."

Il mio cuore perse un battito, e tutto divenne caldo attorno a me.

⊰Gabriel⊱

Gabriel©
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Gabriel Emerson - La Vita dopo Il ParadisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora