Lorenzo

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 Altra intervista conclusa, ancora complimenti e buoni risultati.
Mi meravigliavo di come il mio libro stesse andando bene, mi apettavo più critiche da chi, aveva sempre usato il pugno duro sui miei lavori e i miei pensieri. Probabilmente quella visione era cosi diversa rispetto al passato, che molti dunque non riconoscevano lo scorbutico e taciturno Emerson.
Una volta in auto, Martha sorrise guardandomi.

"Dimmi la verità, ti sei divertita un mondo su quella domanda sul girone del lussuriosi!"

- "Ahahhha si è vero! Tu però, non dai soddisfazione! La tua faccia è sempre immutabile!" -

"Avresti voluto vedermi in difficoltà o imbarazzo??"

-"No, avrei voluto vederti cambiare espressione! Invece niente, pacato sorrisetto da - Ehy tu simpaticona, ti sembra una domanda da farmi questa?"-

"Ahahahhaha ma smettila!"

-"Smettila tu! sciogliti un pò Emerson!"-

"Si dia un contegno Miss Tomson!"

Martha mi faceva ridere tanto, dopo i nostri primi incontri formali, avevo cominciato a interessarmi di lei come persona e si era dimostrata non solo impeccabile sul lavoro, ma anche simpatica e molto disponibile.
A volte mi piaceva passare del tempo con lei dopo gli appuntamenti, aveva imparato anche a giocare con me senza scatenare il mio lato burbero, o forse, semplicemente lo avevo un pò smussato quel lato...
Avevamo un bel rapporto, mi piaceva la sua compagnia anche perchè, era l'unica.
Tra le lezioni e gli studenti, gli unici "adulti" che vedevo erano gli altri docenti del corso.
Accompagnavo spesso Martha a casa dopo il lavoro insieme, ci fermavamo a bere qualcosa, parlavamo dell'agenda dei miei impegni e discutevamo i dettagli lavorativi, in un ambiente rilassato e quieto.
Come sempre, Martha mi invitò a fermarmi e accettai.
Diretti verso il portone della sua casa, una volta dentro, la solita cascata di riccioli biondi si precipitò verso di noi.

-"Mammina!" -

Quella visione mi lasciava sempre un segno. L'avevo vista oramai 100 volte ma era sempre emozionante vederlo correre tra le braccia di Martha.
Quel bambino era una meraviglia, insieme sembravano la perfezione fatta realtà.
Spesso, da quando li conoscevo, avevo pensato che forse quella era la massima espressione di Dio, quel legame indissolubile, inviolabile e immutabile. Nonostante il tempo, gli eventi, la vita stessa.
Un amore eterno.

-"Il professore si ferma qui con noi?" -

La vocina dolce , mi distolse dai miei pensieri. Lo guardai abbassandomi sulle ginocchia, lui come sempre si slacciò dall'abbraccio di sua madre e venne da me.

"Ciao Campione...."

La mia mano affondò nei suoi boccoli dorati, la sua pelle bianca e i suoi occhi color del cielo.
Sorrise e mi abbracciò, era molto affettuoso, Lorenzo.
Lo presi in braccio e mi rimisi in piedi, seguendo Martha nel solito rito.
Si toglieva la giacca e la borsa, metteva le chiavi sul mobile dell'ingresso e si dirigeva in cucina.
Mi piacevano quei gesti automatici, sapevano di abitudine, sapevano di casa.
Mentre avanzavo con Lorenzo tra le braccia, Kimberly ci raggiunse.
Durante l'assenza di Martha, Lorenzo passava il suo tempo con due babysitter.
Kimberly e Shana.
Kim era la più piccola, passava le ore più leggere del giorno con lui. Aveva lasciato gli studi, troppo pesanti a suo dire e si era dedicata al lavoro. Era brava coi bambini, anche se Lorenzo era buono e dava pochi problemi.

-"Oggi abbiamo costruito un campo grandissimo... Kim ha messo i mattoncini rossi, io quelli azzurri..."-

"Che bravi, avete lasciato anche qualche mattoncino giallo per me?"

Kim sorrise e Lorenzo scese dalle mie braccia per correre in salotto, dove una costruzione di lego occupava il pavimento.

-"Gabriel, rimani per pranzo? Penso che quei mattoncini ti attendano..."-

Guardai lei e poi Lorenzo che tornava con le mani piene di lego gialli.
Li aveva messi da parte per me, quel furbetto sapeva che non gli avrei detto mai di no.

"Sembra che sia già deciso..."

Dissi con tranquillità, Martha annuì e si diresse in cucina, io invece, sul pavimento con Lorenzo.
Kim salutò in modo cordiale, era attratta dalla mia presenza ma si era sempre tenuta a una distanza accettabile. Risposi gentilmente al saluto e la vidi prendere la borsa e allontanarsi tranquillamente.

-"Allora prendi questo e costruisci una porta qui..."-

"Va bene ingegnere. Hai poi deciso cosa vuoi fare da grande?"

Mi piaceva parlare con Lorenzo, era cosi curioso, espansivo, aveva grandi sogni e cambiava idea ogni due ore. Mi divertiva.

-"Ho deciso che farò il capitano come il mio papà! Guiderò una nave grande quanto questa casa... cosi..... vedi??"-

Le sue braccia si spalancarono più che poteva per mostrarmi la grandezza del suo sogno.
Un capitano come suo padre. Sorrisi guardandolo.
Il papà di Lorenzo lavorava sulle navi e spesso, per lunghi periodi, stava in mare lontano da loro. Quando lo seppi, per un momento rimproverai quell'uomo che aveva lasciato la sua famiglia dando priorità al lavoro. Poi però, nei discorsi con Martha, erano emersi i motivi, la voglia di un futuro stabile per Lorenzo e anche quella di mostrargli che i sacrifici hanno un valore. Inoltre, Tom, sin da piccolo aveva lavorato tanto per ottenere quel posto e meritava di fare ciò che amava. Avevano trovato un equilibrio, forse difficile da capire dal di fuori ma, vivendo in quella casa, non avevo assaporato carenze o dolore, al massimo si sentiva un pò di malinconia quando le settimane di navigazione si prolungavano.
Martha aveva un lavoro che amava, anche Tom lo aveva. Insieme si erano sposati, avevano deciso di avere Lorenzo prima che la stanchezza li rendesse schiavi del rancore. Avevano deciso di essere freschi, forti e di creare presto un futuro, nella speranza che la vita fosse buona con loro e gli regalasse poi, anni di riposo e godimento senza rimpianti.

-"Gabriel, ho detto al mio papà che mi insegnerai a lanciare la palla. Mi ha detto che mi comprerà un guantone quando la mia mano sarà abbastanza grande per metterlo. Ma quanto deve crescere ancora?"-

La sua mano si aprì davanti ai miei occhi, la guardai e gli porsi la mia che sembrava immensa. L'appoggiai, palmo contro palmo.

"Ancora un pò e potrai averlo, sei abbastanza grande da tenere una palla, mentre impari a lanciarla la tua mano crescerà, pronta per indossare il tuo guantone.
Non avere fretta di crescere, goditi i tuoi piccoli giorni appieno, impara quello che vuoi e cambia idea tutte le volte che lo senti... "

Forse parole troppo difficili per Lorenzo ma, espressione del mio pensiero e del mio augurio.
Martha fece capolino sulla soglia, forse aveva sentito ma non parlò. Il suo sguardo era dolce e comprensivo, le sorrisi piano mentre Lorenzo staccava la sua mano dalla mia e la guardava. Poi, esplose in un sorriso e scattò in piedi.

-"Sono abbastanza grande per una palla e ho costruito un campo da gioco!
Posso fare l'astronauta ora!"-

E si mise a correre con le braccia aperte, simulando il rumore di un aereo che vola, saltando e facendo versi, felice e spensierato, libero nei suoi sogni.
Lo guardai sorridendo e capì che la sua innocenza, era anche la chiave di tanta felicità.

Gabriel©
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Gabriel Emerson - La Vita dopo Il ParadisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora