~Capitolo 4~

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Dopo essermi lavata il viso con l'acqua gelata, torno in camera e rileggo quel messaggio per la 20esima volta.

*"Buon compleanno Allison.
Giorgio"*

Lancio nuovamente il telefono sotto la scrivania, mi butto a letto nascondendo il viso nel cuscino e ricomincio a gridare.

Non so di preciso se per gioia, dolore, rabbia o tristezza. A dire la verità sembra un misto tra tutte e quattro le cose.

Ad un tratto vedo la minuta figura di Dafne fare capolino nella mia stanza che tiene per mano una persona dal volto famigliare.

«Allyyy! Questa ragazza dice di essere un'amica di Giorgio e che vuole vederti!» dice lei alternando il suo sguardo tra Alice e me.

«Vai pure Dafne, è una mia amica..» la rassicuro io.

«Okay... -dice lei facendo per uscire chiudendosi la porta alle spalle per poi spalancarla nuovamente- ah! Auguri sorellonaa!»

Le sorrido e lei se ne va. Appena la porta si richiude guardo in modo assassino la mia amica che sembra alquanto intimorita.

Continuo a fissarla in silenzio mentre lei cerca in tutti i modi di evitare i miei occhi che la seguono in ogni movimento che lei fa.

«Ehm... Come va Allison?» dice lei per interrompere il silenzio imbarazzata.

Faccio un sospiro per cercare quanta più calma possibile e poi le rispondo.

«COME CAZZO TI È VENUTO IN MENTE DI DARE IL MIO NUMERO A GIORGIO?!?» strillo sbarrando gli occhi e facendole tappare le orecchie.

«E cosa ti fa pensare che glielo abbia dato io?» chiede lei fingendosi innocente.

«Sei l'unica mia amica di Roma che ha il mio numero. Non l'ha nemmeno Giulio, a meno che non gliel'abbia dato tu.» dico incrociando le braccia al petto.

«...ottima osservazione. -cede lei- Okay è vero gliel'ho dato io, ma l'ho fatto solo perché me l'ha chiesto lui e anche perché pensavo...che ti avrebbe fatto piacere...» dice abbassando lo sguardo.

Sospiro e scuoto la testa, non cambierà mai. Mi alzo dal letto e le vado incontro per abbracciarla visto che non posso tornare indietro nel tempo per poterle impedire di darle il mio numero, quindi me ne devo fare una ragione.

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Una volta che s'è fatto buio Giulio passa a prendere Alice e se ne tornano a Roma; Giorgio invece, da quello che mi ha raccontato la mia migliore amica, resterà qua a Milano ancora per un po'.

Verso le sette di sera mia madre mi chiama per la cena e scendo un po' controvoglia.

Una volta finito torno di sopra con una tazza di camomilla in mano e mi siedo sul davanzale della finestra ad osservare le luci della mia città.

Chiudo per un attimo gli occhi e improvvisamente mi vengono in mente le parole di una canzone di Giorgio.

«Posso sentire il mondo piangere dalla mia stanza,
Sento un colpo di pistola, bambini che giocano in piazza,
Sento i clacson strillare in lontananza,
Sento le sirene della polizia o forse è un'ambulanza.
Sento il rumore della pioggia che cade sulle strade, sulle case,
Sento ogni maledetta goccia

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