Capitolo 7: Una chiacchierata di dieci minuti.

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Capitolo 7

"Una chiacchierata di dieci minuti"

Ore 01:10.

Camminavo avanti e indietro davanti alla stanza di Ignazio.
Volevo bussare, ero tentata, ma sapevo che sarebbe successo qualcosa e io non volevo cadere di nuovo nella sua trappola.
Mi fermai e guardai quella porta bianca, non mi aveva mai messo così tanta ansia una semplice porta; mi avvicinai ad essa, alzai la mano per bussare, ma mi bloccai.
Non doveva vincere lui, non dovevo cedere.
Mi voltai per andarmene ma sentii la porta aprirsi.

-Sapevo che saresti venuta-

Chiusi gli occhi per qualche secondo sospirando e mi voltai verso di lui.
Quanto cavolo era bello! Con quei capelli arruffati, quegli occhiali da vista e la maglia a maniche corte.
La mia testa diceva di andarmene, il mio cuore di restare e i miei ormoni di saltargli addosso. 

-Mi stavo annoiando-mentii.
Sorrise divertito e disse-Vieni, entra-
Entrai timidamente nella sua stanza e notai che era tremendamente in disordine.
-Mi volevi per sistemare la camera?-
Rise e disse-Anche-
-Avevi detto una semplice chiacchierata però-dissi ironica.
-Sei sempre così pignola?!-
-Dipende dalle situazioni-
Sorrise malizioso e disse-Che ne dici se parliamo in terrazza?-
-Ottima idea-
-Magari con due birre-
-Grandissima idea!-
Rise e disse-Aspettami fuori, torno subito-
Andai in terrazza e dopo poco mi raggiunse lui con le birre.
-A lei-disse porgendomela.
-Ma che gentile, le hai già aperte!-
-Mi sottovaluti troppo-rispose ironico.
Risi e dissi-A cosa brindiamo?-
-Al nostro incontro, sperando che ce ne siano altri-
-Io brindo al nostro non incontro, sperando che non ce ne siano più-
-Che stronza che sei-disse ridendo.
-Lo so-dissi sorridendo.
-Alla nostra!-disse alzando la bottiglia.
-Alla nostra-
-Da quanto vivi a Verona?-mi chiese dopo aver sorseggiato un po' di birra.
-Due anni, più o meno-
-Come mai te ne sei andata dalla Sicilia?-
-Perché mia madre aveva trovato lavoro qui e una volta che mi sono diplomata, ha fatto entrare anche me. Sarei raccomandata, quindi-
Si mise a ridere e disse-E non ti manca la tua città?-
-No, non mi manca per niente. Sto bene qui-
-C'è qualcosa sotto o sbaglio?-
-Non sbagli, mister Sherlock Holmes dei poveri-
-Grazie del nomignolo, mi sento ancora più importante adesso-
-Che scemo che sei! Non sei cambiato affatto!-dissi ridendo.
-Infatti ti faccio sempre ridere-disse facendomi l'occhiolino.
-Già-risposi timidamente.
-Allora, cosa c'è sotto?-
-Diciamo che vivevo in un quartiere che poteva far invidia al tg-
-Gente pettegola?-
-Molto pettegola! Credevano che mia madre fosse una poco di buono perché tornava tardi a casa la sera, quando in verità andava a lavorare in un albergo a Trapani-
-Che gente carina!-disse ironico.
-Ma poi lo dicevano anche di me-
-Di te??? Come mai???-
-Perché...-mi bloccai. Ma che cavolo stavo per dire??? Non doveva sapere che avevo un bambino-Perché avevo perso la verginità prima del matrimonio!-mentii.
-Quanta gente ignorante che c'è!-
-Eh già. E quindi io e mia madre abbiamo approfittato di questa opportunità di lavoro per scappare da lì-
-Direi che avete fatto bene-
-Direi di sì-
-E oltre a scappare e a lavorare cosa hai fatto in questi tre anni?-
-Niente di entusiasmante. Tu invece? Oltre a concerti, fan strillanti e premi vinti?-
-Ho perso un paio di chili-
-Questo l'ho notato. Fai palestra?-
-Sì e seguo anche una dieta-
-Ed è facile seguirla quando sei a casa?-
-Per niente!-
Ci mettemmo a ridere.
-Ah i siciliani!-
-Ah le siciliane!-disse guardandomi malizioso.
Distolsi lo sguardo dall'imbarazzo e guardai le stelle.
-Che cielo stellato c'è stasera-dissi cambiando discorso, quando sentii le sue braccia avvolgermi intorno alla vita facendomi sussultare.
La sua mano spostò dolcemente i miei capelli su una spalla e subito dopo sentii le sue labbra, morbide e discrete, posare piccoli baci sul mio collo, uno dopo l'altro, elettrici e caldi.
Il battito era ormai fuori controllo, le farfalle danzavano libere nel mio stomaco ed io ero completamente inerme sotto i suoi baci.
Le sue labbra si staccarono lentamente dal mio collo come le sue braccia dai miei fianchi. Mi prese la mano e mi voltò verso di lui facendo scontrare il mio petto col suo. 
Le nostre fronti si toccarono, i nostri nasi si sfiorarono e le nostre labbra non erano mai state così vicine. Riuscivo a sentire il suo respiro. Ormai ero completamente persa.
Sfiorò la mia guancia col naso, poi avvicinò le labbra all'orecchio e sussurrò-Sono passati dieci minuti, credo che tu debba andare-
Scesi dalle nuvole e tornai con i piedi per terra-Ehm...sì-balbettai timidamente.
Mi scostai da lui e rientrai in camera, dovevo assolutamente andarmene prima che l'avessi trascinato a letto.
-Scappi così? Senza salutarmi?-chiese divertito.
-Devo tornare a lavoro-
-Ci vediamo domani?-
-Non lo so, forse-
-Ti aspetto qui all'una-
-Va bene, adesso devo andare-

Uscii dalla camera senza salutarlo, mi appoggiai alla porta e scivolai giù sul pavimento.
Se fossi stata un secondo di più in quella stanza, gli sarei saltata addosso.
No cavolo! Non potevo e non dovevo esserci di nuovo cascata! 
Dannazione!

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Che succederà adesso???
Lo scopriremo nel prossimo capitolo :P
Fatemi sapere cosa ne pensate con un commentino :*
Un bacio fanciulle :*



La stanza dell'opera || Il Volo || Ignazio BoschettoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora