VIII: Proprietà legale

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L'uomo in camice bianco è seduto dietro una scrivania bianca, assorto nella lettura di un largo quaderno blu. Un rumore dal fondo della stanza lo fa trasalire con un breve scotimento del capo. Chiude velocemente il quaderno e lo poggia sul banco, alla destra del PC portatile nero che ha davanti a sé. Punta lo sguardo verso la porta e fa un leggero sorriso di lietezza. Segue con lo sguardo i due uomini in divisa nera e berretto militare con visiera che sorreggono per le braccia un giovane sui vent'anni alto e magro, capelli biondi scarmigliati che gli arrivano fino alle orecchie, vestito di un pigiama color crema con maniche e pantaloni lunghi. Il ragazzo strascica debolmente i piedi nudi sul pavimento bianco tirato a lucido, nel classico tentativo di camminare da solo. L'uomo in camice si alza e si avvicina ai tre individui, che nel frattempo sono giunti a pochi passi dalla sedia in metallo con spalliera grigia posta davanti alla scrivania. I due uomini in divisa si fermano; il ragazzo ha la testa abbassata e le gambe penzoloni con le caviglie che quasi poggiano sul pavimento. L'uomo in camice solleva piano la faccia del giovane premendo dolcemente la mano chiusa sotto il suo mento; gli prende le guance con i palmi aperti, strusciandogli teneramente coi pollici la pelle poco sotto gli occhi azzurri, languidi e assenti.

"Ancora, figliolo? Un'altra volta?" fa l'uomo con un tono di preoccupazione affettuosa.

Si rivolge al giovane in uniforme alla sua destra: "Che ha fatto stavolta?"

"Quando un infermiere è entrato per portarlo al colloquio, lo ha trovato che si feriva con una penna. Non appena si è avvicinato per togliergliela, ha tentato di aggredirlo."

"Fatelo sedere e toglietegli la maglietta."

I due lasciano cadere il ragazzo sulla sedia e gli sfilano il pigiama tirando dalle maniche.

Lui si fa spogliare senza muovere un muscolo, le braccia nude convergono smorte verso il bacino, segnate da lunghe e sottili righe rosse. In alcuni punti le ferite sono più evidenti e larghe, del sangue sbafa leggermente sulle estremità di carne bianchiccia. Graffi della stessa natura, ma più lievi, sono visibili lungo il torace largo e asciutto e glabro. L'uomo in camice si china a ispezionare la pelle del ragazzo, poggia delicatamente un dito sopra la piccola pozza vermiglia sulla spalla. "Ma guarda qua, guarda!" commenta a bassa voce con premuroso sconcerto. "Guarda qua che ti sei fatto... Mi sa che ci vogliono dei punti. Dopo ti porto in infermeria e ti visito personalmente. E se anche solo mi viene il dubbio che voi due lo avete toccato con un dito" osserva le guardie alzando la voce "ve la faccio pagare cara."

Le due guardie, impassibili nel loro rigido contegno marziale, non rispondono.

Il Dottore ruota delicatamente il braccio destro del suo paziente, nota che la parte interiore è tempestata di puntini rossi ed escoriazioni filamentose che sanguinano in alcuni tratti.

"Ma non lo sai che ti rimangono le cicatrici? Ma poi che racconti alla gente? Che penserà se ti vede così?"

"La gente chi?" mugugna il ragazzo colla bocca impastata e in un tono ironico accentuato dalla narcosi.

Il Dottore tira un profondo respiro d'impazienza e raccoglie le mani aperte attorno alle tempie, muovendo leggermente il capo. Con le dita si gratta piano i corti capelli brizzolati, in segno di disperazione.

"Potete andare, voi due. Tanto così imbottito è già tanto che stia sveglio."

Le due guardie in divisa nera attraversano la stanza marciando all'unisono.

"Dobbiamo assolutamente parlare, ragazzo mio."

Il Dottore è tornato al suo posto e ora squadra il paziente con i gomiti poggiati sulla scrivania; tra le dita della mano destra fa oscillare una penna rossa.

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