XI: "Mi vuoi ancora?"

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La porta blindata si apre dopo numerosi clac e nel soggiorno buio entra una figura robusta. Si avvicina a un riquadro nero accanto all'uscio e vi preme il suo dito più volte, emettendo dei bip. Nell'altra mano tiene qualcosa.
La luce si accende. Il giovane uomo ha una giacca azzurra carta da zucchero su una camicia arancione e pantaloni verdi asparago. Si toglie il primo indumento appendendolo a un gancio a sinistra della porta e si dirige verso il tavolo rotondo in vetro tempestato di figure geometriche di vari colori. Guarda il mucchietto di lettere e fogli che ha in mano e li getta uno ad uno sul tavolo a ritmo di un secondo ciascuno. Bolletta della luce, bolletta del gas, un volantino con un ovale blu su sfondo dorato e dentro, in corsivo, la scritta Enjoy Xanadux® con ogni lettera di un colore diverso. L'uomo lo accartoccia nella mano sinistra e getta a terra. Come la cartaccia tocca terra, un piccolo ufo d'argento spunta da sotto il tavolo e, scivolando lungo pavimento di marmo screziato con un rumore ventoso, risucchia il volantino, torna alla sua postazione e si spegne.

Ora in mano il giovane ha un altro volantino. Un foglio di carta bianco con stampato a macchina "VOGLIO ESSERE IL TUO CANE" e sotto un numero di telefono. Lo piega due volte e infila nella tasca dei pantaloni.

In camera da letto l'uomo si toglie le scarpe dorate seduto sul giaciglio matrimoniale. Si sfila i calzoni e sbottona la camicia, poi la toglie gettandola sul letto e rimanendo in calzini e boxer rosso fiammante. Sedutosi di nuovo, il grasso gli piega la pancia villosa in una sacca flaccida poco sotto i piccoli seni che baluginano mentre si rialza in piedi, fa il giro del letto rosa con la spalliera rossa in stoffa a forma di cuore posta contro una carta da parati azzurra piena di angioletti, si guarda brevemente nello specchio attaccato alla parete destra della camera, accanto alla finestra chiusa, e in fine si siede sull'altro lato del letto, accanto ad un comodino in frassino con due cassetti, uno sopra l'altro. Apre il secondo e vi tira fuori un foglio di carta da stampante. Se lo porta agli occhi. È scritto fronte retro e la grafia è fitta ma chiara e tonda, in penna blu.

Quando tornasti dalla clinica credetti di essere nata per una seconda volta. Avevo perso gli anni più belli della mia vita sospesa nel limbo della tua attesa, avevo lottato proprio per lasciarmi vincere da un orrendo nemico indistruttibile salvando però quel granello di autenticità, quel minimo di vero amore accettabile per gli occhi di avvoltoio che mi seguivano ovunque, avevo ingoiato tanta di quella merda e abbassato il capo tante di quelle volte che a confronto, te avevi fatto una vacanza a Disneyland spaccato di acidi; ogni umiliazione subita, ogni insulto alla mia intelligenza erano un prezzo accettabile perché sapevo che in cambio, forse, avrei ottenuto la possibilità di stare con te per sempre, nel nostro guscio fragile di umanità in mezzo ai mostri. Non potevo sapere con certezza se saresti mai tornato, dopo un po' non fui più nemmeno sicura che tu fossi ancora vivo; ciononostante continuavo a sopravvivere al solo scopo di preparare una vita dignitosa per me e per te. D'altronde, cos'altro avevo da perdere? Meglio campare cent'anni avvinghiati ad un'illusione piuttosto che arrendersi e diventare dei morti viventi senza alcuna speranza; perché se avessi ricevuto notizie della tua dipartita, io non ci avrei pensato due volte a seguirti a ruota, sappilo. E così, quando mi sei apparso davanti alla soglia di casa, con la testa rasata e gli occhi incavati, magro come un teschio e umiliato fino a diventare una larva umana, io ho avuto l'impressione di avere ancora di fronte quel ragazzino schivo e ripiegato in se stesso ma capace di gesti di una grandezza impercettibile agli occhi dei grandi, portato a sentire e pensare lo straordinario con una spontaneità incredibile, inconsapevole di avere nel cuore un mondo e di riuscire ad esprimerlo con poche parole. Per questo ho mostrato un'arrabbiatura giocosa quando, invece di ciao, di amore mio sono tornato e altri cliché tipici della situazione, mi hai chiesto seriamente: "Mi vuoi ancora?" col tono di chi dà per scontata una risposta negativa. Non ti rendevi conto che la volontà non c'entrava nulla: non avrei potuto rimuoverti dalla mia vita perché non c'era alcuna vita al di fuori di quello spazio nero indefinito in cui ti avevo aspettato. Ed è per questo che in questi anni con te io ho sofferto in silenzio.

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