Il campanello suona e, prima ancora che possa prendere anche solo in considerazione l'idea di muovermi dalla mia comodissima posizione sul divano - cosa che non avrei mai fatto, sia chiaro -, Michael corre letteralmente fuori dalla sua stanza.
«Vado io!» urla, gettandosi a capofitto verso il portone d'ingresso. Si sistema i capelli, già strategicamente spettinati a dovere, e prende un respiro profondo, prima di afferrare la maniglia e girarla.
«Michael, va bene che è arrivata la pizza e tu sei molto affamato, ma-»
«Buonasera.»
Una voce mi interrompe, una voce che riconosco subito e che non mi aspettavo certamente di sentire, o almeno non adesso.
«Hey, Luke!» lo saluta il mio migliore amico, con un tono fin troppo calmo rispetto all'agitazione di pochi attimi fa, e si sposta di lato per permettergli di entrare in casa. Poi si volta verso di me e mi rivolge un sorriso fintamente innocente, mentre io mi trattengo con tutta la mia forza di volontà dall'alzare gli occhi al cielo. A quanto pare in questa casa non sono abbastanza importante da sapere chi viene a cena da noi, fantastico.
Luke Hemmings entra nel nostro appartamento e si guarda intorno per pochi istanti, prima di fare qualche apprezzamento sull'arredamento. Porge un sacchetto, contenente forse qualche lattina di birra, a Michael e si accorge di me, ancora comodamente spaparanzato sul divano.
«Ciao,» dice semplicemente e io mi decido ad alzarmi, giusto per mostrare un briciolo di educazione.
Gli rivolgo un semplice cenno e mi fiondo in cucina, fingendo di dover aiutare Michael a mettere in frigo la birra e lasciando il ragazzo da solo a guardarsi ancora intorno, anche se non sembra affatto in imbarazzo.
«Mi spieghi cosa ci fa Luke Hemmings in casa nostra?!» quasi sbraito, ricordandomi all'ultimo secondo che potrebbe sentirmi dal salotto, cosa che non voglio, e Michael sobbalza.
Il ragazzo si stringe poi nelle spalle. «Ti avevo detto che stavamo organizzando una serata fra uomini, no?»
«Peccato che tu non mi abbia detto quando,» gli faccio notare, iniziando ad alterarmi sul serio.
«Tanto che differenza avrebbe fatto?» chiede di rimando e io mi rendo conto che, in effetti, non sarebbe cambiato molto ed è proprio questo il punto: Luke Hemmings non dovrebbe essere qui per una lunga serie di motivi, la data non ha importanza.
«L'ho trattato come una schifezza, scommetto che nemmeno mi sopporta.»
Michael sorride quasi teneramente, come si farebbe con un bambino. «Nah, stai tranquillo,» dice semplicemente, prima di uscire dalla cucina senza darmi la possibilità di replicare, ma forse è meglio così. Per spiegare uno dei tanti altri motivi per cui non vorrei che lui fosse qui sarei arrivato a dire che sono geloso del loro rapporto, che ho paura di diventare l'amico di seconda scelta, per così dire, e credo che non sia il caso, assolutamente.
Lo seguo in silenzio e trovo Luke seduto sul divano, quel ruffiano del nostro gatto accoccolato sulle sue gambe e intento a fare le fusa come mai prima d'ora. Questo è un vero tradimento, specialmente perché di solito Mr Darby si rifugia in una delle nostre stanze quando ci sono ospiti, visto che non è molto socievole. Ma a lui penserò dopo, visto che per ora mi devo occupare di come Michael si siede in fretta accanto a lui per intraprendere subito una conversazione a dir poco spassosa, visto che ridono entrambi a crepapelle.
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My Victims || Calum Hood
Fanfiction«In questi anni hai scritto su un'agenda nera tutte le persone che hai picchiato?» chiede Michael, incredulo. «Dio mio, Hood, sei più perfido e organizzato di quanto potessi immaginare!» esclama poi, fingendo un tono indignato. N.B.: non è propriame...