Nel giro di cinque minuti mi ritrovo sul divano del salotto di casa Hemmings, con un sacchetto di ghiaccio sull'occhio colpito da Luke, mentre quest'ultimo e Michael parlano e ridono come se si conoscessero da anni.
«Sul serio, amico, è stato un colpo fantastico!» commenta il mio migliore amico per l'ennesima volta, facendomi venire un'incredibile voglia ti schiaffeggiargli la faccia. Tuttavia, mi limito ad alzare gli occhi al cielo.
«Aspettavo di farlo dal terzo anno,» ammette Hemmings, senza smettere di ridere. «Anche se non ero così stupido da mettermi nei guai a scuola,» continua, lanciandomi un'occhiata che mi fa capire subito cosa gli passi per la mente: per lui, non sono altro che un idiota. Non sono poi così in disaccordo con lui.
Mi limito a fare una smorfia, causata dal dolore per il pugno ricevuto da pochi minuti, e non commento, anche perché non saprei cosa dire.
«Calum, perché l'hai picchiato?» chiede Michael e, nel suo sguardo, riesco a leggere ciò che vorrebbe dire ma si trattiene dal fare: Luke è proprio la tipica persona con cui generalmente vado d'accordo, sportivo e spiritoso.
«Vorrei saperlo anche io,» interviene il biondo, guardandomi questa volta con un accenno di curiosità negli occhi, anche se offuscato dalla rabbia nei miei confronti. «Un giorno vieni da me, dicendomi che sembro un tipo a posto e che vorresti avermi nella tua cerchia di amici, e quello dopo mi tiri un pugno in faccia, mettendomi in ridicolo davanti a tutta la scuola.»
Trattengo per qualche istante il respiro, mentre i vari ricordi mi tornano ancora una volta in mente. Riesco a vedere quel ragazzino già altissimo e con un improbabile ciuffo appiccicato alla fronte, il ragazzino che il pomeriggio del suo primo giorno al Norwest Christian College mi si è presentato al nostro allenamento di nuoto. L'ho trovato subito simpatico, come lui stesso ha appena detto, o almeno prima che entrassimo nell'acqua per fare la solita vasca a stile libero per scaldare i muscoli. Ho toccato il muretto opposto dopo pochi secondi, ma appena ho alzato lo sguardo mi sono accorto che Luke era già arrivato e mi stava mostrando un piccolo sorriso. In quel momento qualcosa dentro di me è scattato, avevo voglia di prendere a pugni qualcuno e sapevo perfettamente chi, perché il nuoto è sempre stata l'unica cosa in cui primeggiavo senza problemi e non potevo accettare di essere battuto. Tra l'altro, il giorno dopo mi sono ritrovato Luke nella mia classe di matematica, seduto accanto a Ryan e intento a guardarla e sorriderle come se non avesse visto mai qualcosa di più prezioso in tutta la sua vita. La ragazza aveva le guance arrossate e non si è nemmeno accorta nel mio arrivo in classe, come invece faceva di solito, aspettandosi uno dei miei commenti cattivi. La sensazione del pomeriggio precedente è scattata di nuovo dentro di me e, una volta finita la lezione, ho aspettato Luke Hemmings nei corridoi, le mani strette in due pugni. Non dimenticherò mai il sorriso sincero che mi ha rivolto, pronto a parlare con quello che riteneva il suo primo amico nella nuova scuola, prima che uno dei miei pugni lo colpisse in pieno volto, nello stesso punto che ora a me fa male come se mi avesse picchiato Big Show.
È proprio questo dolore a distrarmi dai miei ricordi e mi rendo conto che devo ancora una risposta ai due ragazzi che mi guardano, in attesa.
«Ero... invidioso?» dico, intonando la mia risposta come una domanda. La verità è che non so neanche io che cosa mi sia saltato in testa, né perché fossi diventato così impulsivo. Se solo potessi tornare indietro, piuttosto mi schiaffeggerei la faccia da solo.
Luke alza gli occhi al cielo, per poi sbuffare. «Come no. Eri uno dei ragazzi più popolari del nostro liceo, pur essendo solo al terzo anno, e io devo davvero credere che tu fossi invidioso di me?»
Possibile che non capisca? Tutto questo è già abbastanza umiliante senza che lui mi faccia certe domande, obbligandomi a ripensare a tutti i miei sciocchi errori.
«Mi hai battuto a nuoto e, come se non bastasse, Ryan stravedeva per te e il tuo incredibile talento per la matematica,» borbotto, arrossendo leggermente al pensiero di Ryan.
Michael segue attentamente la nostra conversazione, intento a ricostruire dalle nostre parole ciò che è successo. Luke, invece, continua a sembrare confuso e per nulla convinto dalla mia spiegazione.
«Sono solo arrivato un secondo prima di te in una vasca, per di più di riscaldamento!»
Sospiro, rendendomi conto che, in effetti, fuori dalla mia mente tutto sembra solo una grande stronzata, specialmente per chi non è divorato da complessi di inferiorità come me. Il nuoto è l'unica cosa che mi abbia mai fatto sentire bene, migliore degli altri almeno in qualcosa. Poi è arrivato Luke e ha rovinato tutto. O, almeno, è ciò che pensavo a sedici anni.
«E poi... Ryan? Sul serio?» continua, non ricevendo risposta da parte mia. «La trattavi come uno straccio sporco e l'hai persino picchiata, ma lei era comunque cotta di te.»
Abbasso lo sguardo verso le mie gambe, cercando di evitare i suoi occhi azzurri che mi fanno sentire in colpa persino più delle parole che pronuncia.
«Non ho intenzione di giustificare ciò che ho fatto e, anzi, so di essermi meritato il tuo pugno, ma-»
«Certo che te lo sei meritato,» mi interrompe Michael, anche se sono convinto che pure Luke volesse dire qualcosa di simile, e io non mi stupisco più di tanto di questo commento da parte del mio migliore amico, immaginando che cosa possa pensare di me adesso.
«Ma...?» mi incita a continuare il biondo.
«Volevo solo farti sapere che se potessi rimediare, in qualsiasi modo, lo farei,» dico semplicemente, prima di rendermi conto di quanto risultino banali le mie parole. «Ma so che non è possibile, perciò l'unica cosa che mi resta da fare è chiederti scusa, per quanto possa importarti, e dirti che, se vuoi fare qualcosa di incredibilmente folle e sconsiderato per causa mia, non ne vale la pena: ero solo un idiota.»
Luke rimane in silenzio, osservandomi per quelle che sembrano ore. Poi corruga la fronte, come se avesse appena capito qualcosa che, però, lo confonde. «Siete venuti per questo?»
«Calum ha il timore di aver rovinato la vita a qualcuno con le sue azioni,» spiega Michael, anticipandomi di pochi istanti.
Il ragazzo sembra sempre più stupito e, ancora una volta, non dice nulla. Dal suo sguardo capisco che sta elaborando questa informazione e, quando mi guarda negli occhi, mi aspetto che mi derida per la mia paura, per l'influenza che credo di esercitare sulle persone con le sciocchezze che ho commesso, invece non lo fa.
«Sei migliore di quanto credessi, Hood.»
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My Victims || Calum Hood
Fanfiction«In questi anni hai scritto su un'agenda nera tutte le persone che hai picchiato?» chiede Michael, incredulo. «Dio mio, Hood, sei più perfido e organizzato di quanto potessi immaginare!» esclama poi, fingendo un tono indignato. N.B.: non è propriame...