Capitolo 3

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Fuori dal bar faceva freddo come se fosse dicembre, sebbene fossero gli ultimi giorni di gennaio. Calum era seduto sul marciapiedi con una Lucky Strike consumata fra le labbra. Era sera, e lui amava la sera.
Le strade erano meno affollate e tutto era più vero, di sera. Si dava molta più importanza, per esempio, al cielo, perché di giorno c'era troppa luce per soffermarsi a cogliere ogni particolare della città. Un'altra cosa che Calum adorava fare di sera era pensare.
I suoi amici erano seduti vicino a lui. In realtà avrebbe preferito starsene solo, ma loro si erano autoinvitati. Stavano parlando da circa mezz'ora di cose stupide, ma lui non li stava ascoltando. Era impegnato a guardare la cenere della sua sigaretta cadere a terra, o il fumo uscirgli dal naso o dalla bocca.

«Cal, diglielo anche tu, a questi coglioni», rise Michael, con una lattina di birra in mano.

«Eh?», fece Calum. «Non stavi ascoltando?», chiese Luke, quasi gli suonasse strano che l'amico non ascoltasse le loro cazzate.

Lui scosse la testa e Michael sospirò infastidito, sorseggiando in fretta un altro po' di birra.

«Stavo dicendo», ripetè il rosso, «"Non pensate ragazzi che Joy White abbia un bel culo?" E poi saresti entrato in gioco tu, che avresti detto Sì, oddio me la scoperei!» Si pulì la bocca con il dorso della mano e guardò Calum divertito.

Calum notò che quando l'amico lo imitava faceva una voce acuta e diceva elle invece di erre, come i cinesi. Idiota.

«Sei un coglione, sul serio.», disse al rosso ridendo.

«Ma non era una sfigata?», si intromise Luke, ispirando il fumo dalla sua sigaretta.

«Io non so nemmeno chi sia», saltò fuori Ashton sorridendo. Perché doveva sorridere sempre? Non c'erano ragazze a sbavare per le sue fossette in quel momento.

Calum fece un altro tiro di sigaretta prima di spiaccicarla sulla strada con la suola delle vans. L'aria gelida gli batteva sulle guance. Aveva il sapore amaro del tabacco sulle labbra e si chiese se Joy avesse mai fumato. Poi pensò che le ragazze sfigate o non fumano, o fumano davanti agli altri per farsi vedere. E quindi, concluse infine, Joy White non poteva fumare. Non era il tipo.

«Sì, è sfigata, e anche secchiona. Ma ha un bel culo.», ridacchiò Michael.

Calum sembrava totalmente disinteressato ai loro commenti. Non era da lui, ma si giustificò dicendo che era stanco.

Aveva passato la giornata a giocare ai videogiochi, poi aveva avuto voglia di dare un'occhiata a quel Romanticismo di cui aveva parlato Joy una settimana prima.

Non l'aveva più vista a scuola da allora, ma sperava che il giorno dopo, il giorno dedicato al lavoro per il progetto, Joy avrebbe parlato di altre cose riguardanti il Romanticismo, perché lui si era subito stancato a leggere da Internet, e, doveva ammetterlo, la sua voce non era male.

Si sorprese a pensare una cosa del genere. La voce? Un tipo che si fa ragazze diverse quasi ogni sera ha appena preso in considerazione la voce di una ragazza? Assurdo.

Si ordinò di non pensare mai più una cosa del genere.

«Ho voglia di bere latte al cioccolato», disse Luke.

«Abbiamo appena finito di berci le birre e tu vuoi del latte al cioccolato?», si sorprese Calum, pensando a quanto fosse stupido Luke.

«Latte al cioccolato?», ripeté Ashton. «Un chocolate milk party!»

Tutti e quattro scoppiarono a ridere. Calum doveva ricredersi, erano tutti degli stupidi. Per questo erano così amici.

«Facciamo questa cazzata prima di mezzanotte, sennò domani ho sonno e la secchiona mi riprende perché non sto attento.», li avvisò Michael.

«Oppure potrebbe rinfacciarti che lei sa le cose e tu no.», ridacchiò Calum.

In realtà, ora che ci pensava, Joy non si era mai vantata, né li aveva sgridati per non essere stati attenti. Ma la battuta ci stava bene lo stesso. Sarebbe stato strano contraddire Michael.

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Michael e Calum erano fuori dal cancello della scuola.

L'aria era umida e fredda, si appiccicava alle giacche dei due e si intrufolava curiosa nelle loro gole, insieme al fumo amaro della sigaretta.
Fumavano a scuola solo perché era da duri fumare, almeno questo era quello che pensavano le ragazze.
Una volta Calum ci aveva provato con una ragazza, ma lei lo aveva respinto perché era da sfigato non bere, né fumare.
Così aveva iniziato a imitare la massa ed era diventato talmente abituale che, se avesse voluto smettere, si sarebbe dovuto tappare la bocca o direttamente cucirla.

Michael fece cenno davanti a sé con il capo, e ammiccò in quella direzione.
«Dio, Cal. L'hai vista quella?», mormorò.

Calum vide delle ragazze sul parcheggio della scuola, più o meno tutte uguali, anche se una si distingueva bene per l'abitino scollato e un davanzale piazzato sul petto. Si chiese se fosse stato normale che una ragazza andasse a scuola in quel modo, ma poi non ci pensò più e la osservò compiaciuto.

«Me la porterei a letto», constatò.
Sghignazzarono entrambi.

«È una cheerleader», lo informò Michael, «Edison Keils. Un vero schianto.»

Le ragazze si avvicinarono ridacchiando e parlando con le loro voci stridule. I due sorrisero ammiccando, salutandole con la voce più accattivante che riuscivano a fare.

Calum sentì il rumore di un'automobile parcheggiarsi.
«Certo mamma, stai tranquilla!»
Sembrava la voce di Joy. Con tutto quel rumore di ragazze stupide, Calum si sorprese di averla riconosciuta.
«Ti voglio bene anch'io, mamma. Ora però lasciami andare!», la sentì pronunciare ridendo. Si girò velocemente spostando lo sguardo sulla ragazza, appena scesa dalla macchina. Sorrideva a sua madre come facevano i bambini alle elementari.
Gli sembrò stranamente tenero che una ragazza parlasse ancora così a sua madre. Nessuno lo faceva più di fronte alla scuola.
Be', lei era una sfigata, giusto?
Continuò a guardarla di nascosto. Aveva i capelli legati ad una coda e ogni tanto tossiva. Indossava un giubbotto rosso che sembrava pesante, sebbene non facesse così tanto freddo. Lui aveva solo una felpa leggera della Adidas, ma stava bene.
Le ragazze che gli stavano ronzando attorno non avevano neanche quella.

La seguì con lo sguardo mentre si avvicinava incerta fino al cancello della scuola, finché non incrociarono gli sguardi, e Calum lo distolse frettolosamente.
In un certo senso si sentiva in imbarazzo a mostrarsi con tutte quelle ragazze attorno.

Una rossa tinta con una maglia scollata gli si avvicinò. «Calum, la finisci quella?», disse riferendosi alla sigaretta, che Calum aveva dimenticato di avere ancora fra le labbra. Non aveva idea di chi fosse quella, e del perché desiderasse un mozzicone quasi finito.
«No», rispose in automatico. Le porse la sigaretta ancora umida di saliva e lei se la portò in bocca succhiandola. La guardò pensando a quanto fosse ridicola, ma anche quanto fossero grosse le sue tette, e Michael intanto se la scopava con gli occhi, come aveva fatto con tutte le altre.
Joy passò accanto a loro. Sembrava sentirsi in dovere di salutarli, e fu proprio quello che fece, quasi in un sussurro.
Doveva sentirsi davvero una fonte d'imbarazzo difronte a loro, che erano circondati da belle ragazze.
«Ciao», Calum accennò appena un sorriso, mentre uno strano calore gli saliva dallo stomaco e gli tornava nelle costole ghiacciato. Nascose il sorriso con una finta smorfia annoiata.
Michael la salutò amichevolmente con la mano, e Joy se ne andò dritta in classe, accelerando il passo.
Mentre Calum la guardava allontanarsi, attorno ai due ragazzi si creò uno strano brusio.
«Parlate con quella lì?», chiese una delle ragazze, disgustata.
Michael guardò Calum un po' a disagio. «Siamo nello stesso gruppo di arte.»
«Penso che dovremmo andare», fece poi l'altro, «Quella lì ha da dirci molte cose che voi non sapreste nemmeno leggere.»
Iniziò a camminare senza preoccuparsi di sentire i passi di Michael. Si sentiva bene in quel momento, e sapeva di aver lasciato quelle oche senza parole.

twelve. {C.H.}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora