Capitolo 13- Il suo piccolo angolo di paradiso

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All'ora di pranzo Will è andata a casa sua e mamma è tornata.
"Com'è andata ieri, Linsday?" Mi ha chiesto. In seguito a quella domanda sono rimasta un po' esterefatta perché erano state davvero poche le volte, nel corso della mia adolescenza, che mia madre mi aveva chiesto qualcosa a riguardo di me o si era preoccupata di ciò che facevo.
"Benissimo." Le ho risposto.
"Sono contenta per te Linsday. È questo ciò che meriti: di essere felice più di chiunque altro al mondo."
Quella frase mi ha spiazzata. Non ho saputo più continuare la conversazione perché ero troppo scioccata da ciò che mi aveva appena detto. Doveva esserle capitato qualcosa di piacevole, che aveva fatto mutare il suo carattere abituale da pessimista in comprensiva, quasi dolce. Quella donna, un tempo costituita interamente di ghiaccio si stava sciogliendo, e ben presto, forse grazie ad un sentimento capace di scaldare i cuori, sarebbe diventata una madre comprensiva e amorevole, come mai lo era stata in seguito all'abbandono da parte di mio padre.
Quel giorno, dopo aver avuto quella"strana" conversazione con mia madre, sul tardo pomeriggio sono andata da William, come mi aveva chiesto. (Nel caso ve lo stesse chiedendo, era domenica perciò non ero andata a scuola. Perché insomma già sei giorni alla settimana sono tanti, se fossero sette su sette sarebbe una vera tortura. Cinque fottutissime ore seduta su una sedia scomoda, tra le altre cose, quando avrei potuto dormire fino all'una di pomeriggio e fare una colazione/un pranzo a base di pasta al sugo e toast. Ma torniamo alla storia.)
Arrivata davanti a casa sua ho suonato il campanello, ho salutato tutta la famiglia Corradine e ho atteso l'arrivo di Will. Durante il periodo di attesa ho chiacchierato con il fratello minore di William. Mi ha raccontato che vuole scoprire un pianeta, vuole andare sulla Luna e vuole toccare la superficie solare. "Ma prima devo trovare un sistema per impedire di bruciarmi quando la toccherò." Mi ha raccontato quel piccolo "marmocchio", come lo chiama Will.
Mi ha detto anche che in genere non gli piace stare in compagnia, preferisce spendere il suo tempo a progettare nuove cose, però "tu sei speciale, con te è diverso." mi ha detto.
Io l'ho abbracciato forte e gli ho promesso un grande pacco di caramelle.
Quando è arrivato Will mi ha detto che mi avrebbe mostrato una cosa della quale non era a conoscenza nessuno. Allora mi sono sentita importante ed unica, degna di conoscere una cosa sua. Mi ha presa per mano e nel corso del tragitto verso la nostra destinazione siamo rimasti entrambi in silenzio. Troppi pensieri frullavano nella nostra mente per far uscire dalla bocca qualche frase di senso compiuto. Abbiamo attraversato un boschetto e dopodiché ci siamo trovati davanti ad una casa di dimensioni piuttosto minute. Più che una casa era una baracca. Non ho fatto domande. Mi sono limitata a seguire Will che mi teneva ancora per mano, più forte di prima però, come se avesse paura, temesse di non star facendo una cosa  giusta. Coglievo l'insicurezza dal suo sguardo. Così ho deciso di abbracciarlo. Volevo che capisse che c'ero, che ero lì con lui, che non doveva aver paura di me, che poteva fidarsi. Ad un tratto, però, Will si è allontanato e si è avvicinato all'entrata della baracca ed io, per l'ennesima volta, l'ho seguito. Mi ha intimato ad entrare ed io l'ho fatto. La baracca era buia, faceva freddo. Un filo di luce riusciva a passare attraverso le fessure delle persiane, oramai, antiquate, consumate dal tempo. C'era polvere ovunque e i ragni avevano costruito delle grandi trappole per insetti in ogni angolo dell'edificio. Eppure, per quanto quel posto fosse cupo, non avevo paura. Non temevo le ombre e nemmeno il buio con William al mio fianco. Provavo grande fiducia nei suoi confronti.
"Vieni, Lins." disse Will..
"D'accordo" e andai.
Nel giro di qualche secondo ci ritrovammo in una stanza piccola, con un divano altrettanto minuto ed un caminetto. Le pareti erano coperte da librerie piene zeppe di volumi, libri di ogni genere. Will andò verso il caminetto, accese il fuoco e poi tolse un grande lenzuolo bianco da sopra un mucchio di qualcosa che inizialmente non riuscivo a distinguere.
Quadri.
Rimasi confusa per alcuni minuti. Non riuscivo a capire la ragione per cui mi avesse voluto mostrare dei quadri. La confusione nella mia mente svanì quando Will disse: "Li ho fatti io." esclamò Will.
"Iniziai a dipingere all'età di quattordici anni, ma non lo dissi mai a nessuno per timore di essere visto come una femminuccia. Sai a quell'età il pensiero degli altri contava molto per me. La pittura mi aiutava a sfogare la rabbia, ad esternare le mie emozioni. Con l'arrivo della fase adolescenziale, iniziai a trascurare la pittura; avevo altri interessi: i libri, gli amici, i videogame, le ragazze. Non sono mai stato un grande donnaiolo, ti dirò la verità, anche perché non riuscivo a concentrarmi su un'unica ragazza. Avevo gli ormoni a mille."
Risi. E lui mi sorrise "Continua" dissi.
"Quindi trascurai la pittura. Lasciai a metà i quadri che avevo iniziato. Ma poi sei arrivata tu. Ed ho ricominciato a provare forti emozioni. Ho ricominciato a sentire la necessità di gettare questi sentimenti su una tela sotto forma di colore. Inoltre, ho deciso di trovare un posto in cui poter dipingere in pace ed ecco qua. Questo è il mio piccolo angolo di paradiso."
"E perché hai deciso di mostrarlo proprio a me, William?"gli chiesi ancora incuriosita.
"Beh, non credo propriamente di avere una risposta a questa questione. Ho semplicemente sentito di potermi fidare di te e ho voluto farti vedere anche questo lato della mia persona che nessuno conosceva prima d'ora. Insomma, ti ritengo importante, ma che dico, essenziale.."
Avevo i brividi. Desideravo le sue labbra, il suo corpo più che mai. Volevo sentirlo vicino a me. Così lo abbracciai di nuovo, ma a lui sembrò non bastare un abbraccio e così mi accompagnò dolcemente sul divano e al calore del focolare rimanemmo lì, avvinghiati sul divano, a rubarci sguardi e baci e ad osservare la legna ardere, fino a tramutarsi in cenere.

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