Epilogo

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    La prima cosa che vidi al mio risveglio furono le foglie di un albero in controluce.

Poi i fasci del sole che penetravano tra i rami e per ultimo una figura in piedi su un masso. Colt Devon si volse all'istante avvertendo il mio respiro e mi osservò con un'espressione indecifrabile sul volto.

Lasciai che i suoi occhi azzurri mi avvolgessero e mi studiassero premurosi. Gioii nel vedere il suo solito sorrisino riaffiorargli sulle labbra, coscienzioso del fatto che fossi rinvenuta e stavo bene.

Mi sollevai seduta. Guardai la natura che ci circondava e che sormontava interamente l'edificio della vecchia rimessa dei treni. Rimasi per un attimo sbigottita da quella scena. Il cielo risplendeva dei colori tenui del mattino, una serie di striature color pastello tra il violetto, l'azzurro e un arancione fulgido. L'erba era cresciuta facendosi largo tra le macerie. Il vento risuonava melodioso e leggero trasportando nell'aria un profumo primaverile, seppure ci trovassimo alle porte dell'inverno. Tutto era cambiato.

Dove un momento prima era stato aperto il varco per l'inferno, ora, si stagliava un giardino rigoglioso con innumerevoli margherite che tinteggiavano vivacemente la zona di puntini bianchi e gialli. Era splendido.

«Sei dura da far fuori, poetessa» ridacchiò Colt piegandosi verso di me.

Mi allungò un fiore e ne studiai i petali, assaporandone il profumo inebriante. Ero viva e non riuscivo a spiegarmelo. Subito mi tornò in mente quello che era successo e mi agitai. «Cos'è successo? Dov'è Sebastian? Mia madre? Cosa...».

Avevo un'emicrania terribile, il corpo indolenzito. Smisi di parlare. Portai una mano alla tempia.

«Ehi, tranquilla» mi rassicurò Colt poggiandomi le mani sulle spalle. «E' tutto finito, ok?».

«Cos'è successo Colt?» chiesi confusa.

«Ce l'abbiamo fatta. Sebastian è stato rispedito da dove è venuto e penso proprio che non tornerà tanto facilmente. Catt se ne è andata. Siete salve ora, tu e Ginevra. Lei sta riposando a casa mia, andremo a trovarla più tardi, quando ti sarai un po' ristabilita».

Ginevra era dunque salva. Avevo talmente tanti pensieri in testa che non riuscivo a metabolizzarne nessuno. Ma poi ripensai al mio tuffo nel baratro e al calore soffocante che mi aveva fatto chiudere gli occhi.

«Mi sono lanciata dentro al...» borbottai con la bocca secca. «Volevo salvare mia madre. L'ho raggiunta, sono sicura. L'ho toccata per un istante ma sono svenuta subito dopo» sollevai la mano e la strinsi in un pugno.

Colt corrugò la fronte. «Sei caduta dentro al portale?» domandò accigliato e io annuii.

«Non so cosa è accaduto. So solo che mi sono risvegliata un attimo fa qui con te. Ma non capisco, tu cosa hai fatto?».

Osservai le ferite sulle sue guance che non si erano ancora rimarginate. Il veleno di Catt contro la quale aveva combattuto doveva avergli fatto veramente male. Ma tutto sommato sembrava passarsela benone.

«Dopo che ho rincorso Catt, ho dovuto scontrarmi con lei. Ci ho quasi rimesso le penne, ma fortunatamente Alan Greenwood prima di morire mi ha dato una mano».

Il nome del vescovo mi rievocò qualcosa che non riuscivo a ricordare, come una macchia indistinta che si incrementava nella mia mente.

«Alan Greenwood?».

«Si, ricordi quando Catt ci ha attaccati? Il momento prima che la stanza venisse invasa dai demoni Greenwood mi ha detto una cosa, una cosa molto importante. Mi ha sussurrato il vero nome demoniaco di mia sorella: Cattleya. Dovevo immaginarlo visto che è anche il nome di un'orchidea».

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