Act 4: A Home. (part 2.)

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«Nessuno dovrebbe preoccuparsi di quei finocchi! Se fosse stato mio figlio me ne sarei pentito di averne uno così, per di più non sarebbe rimasto sotto il mio stesso tetto. Dovrebbero solo fottutamente vergognarsi. Non è solo un peccato ma anche una cosa innaturale.» L'uomo ruggì.

Ashton a quelle parole sentì il sangue ribollire sotto la sua pelle e sentì la rabbia che salvia come se fosse un vulcano pronto ad eruttare in qualsiasi momento.

«Sa cos'è un altro peccato? Essere una testa di cazzo intenzionale. L'ultima volta che ho controllato, Dio ama tutti i suoi figli e non importa cosa siano, 'Dio ha tanto amato il suo mondo da dare il suo unigenito figlio' John3:16 cagna.» Ashton si vendicò, le dita che scavavano nel tessuto dei suoi vecchi jeans.

L'uomo rise amaramente. «Capisco, sei solo un altro di quelli 'tutti sono uguali' e altre stronzate. Probabilmente anche tu un frocio, scommetto.»

Ashton si alzò e guardò l'uomo seduto alla fine del tavolo.

«Io credo nell'ugualianza di tutti. Mi dispiace, ho dimenticato che alcuni di noi hanno avuto dei genitori che gli hanno allevato come gli pareva. E ha ragione. Sono un po' frocio e orgoglioso. Perciò fanculo a lei e Luke voglio ritornare a casa.»

Aprì la porta e uscì nel fresco, pulito, lasciando che l'aria lo calmasse.
Mentre l'odore della natura e l'ammenda brezza lo travolgevano.
I suoi pugni delle mani si formavano, poi si rilassavano e così via. Un meccanismo che gli impediva di fare qualcosa di stupido.

Dopo pochi minuti, Ashton era molto più calmo. Durante il passare del tempo poteva benissimo sentire delle urla provenienti dall'interno della casa. Probabilmente causate da Luke e suo padre.
Si sentiva male per il biondo, ancora peggio perché forse aveva capito il motivo del completamento di Luke, forse.
Lui sapeva solo odiare.

Un altro paio di minuti passano e Luke esce inciampando con il volto rosso e gonfio, come se avesse pianto. Non dice nulla e oltrepassa Ashton entrando in macchina. E il riccio fa la stessa cosa. È tutto silenzioso quando mette in moto e i due ragazzi non dicono nulla mentre Luke guida. La tensione in macchina è piuttosto alta e angosciante ma il riccio preferisce rimanere in silenzio, non volendo dire la cosa sbagliata.

Ma, fottutamente per lui, Luke parlò per primo.

«Mi dispiace.»

«È tutto okay.» Ashton sospirò sollevato che la tensione non ci fosse più.

Luke scosse la testa. «No, non lo è. Non è giusto che lui abbia detto quelle cose. Non è giusto che lui ti abbia chiamato così. E non è fottutamente giusto che lui sia venuto a rompere il cazzo!» le sue dita si strinsero attorno al volante, mentre le nocche diventavano bianche. Al contrario del viso, che si era accesso di un rosso intenso.

«Luke..» disse Ashton con compassione, «lascia perdere.. Non è la prima volta e non sarà neanche l'ultima che dovrò vedermela con questa cosa.»

«Già.»

Decisero di andare al McDonald's, così appena arrivati si misero in fila. Non c'erano molte persone e, dopo aver preso il loro cibo - al quale Luke insistette per pagare - optarono per andare a mangiare nel parcheggio.
Nessuno dei due diceva nulla, mangiavano semplicemente i loro panini.

«Mi dispiace che tuo padre sia così.» confessò Ashton e Luke sputò la bevanda per terra.

«Quello stronzo non è mio padre!» quasi urlò strozzandosi.

Ashton non battè ciglio, ne ebbe una reazione esagerata quanto quella di Luke. Semplicemente annuì. «Si, ho capito.»

«Questo cosa significherebbe?» chiese Luke sbuffando.

«Mio padre ci ha lasciato quattro anni fa, con delle donne poco più grandi di me. E da allora non è più tornato.» Spiegò con voce monotona, era arrabbiato. Ma preferiva non mettere in mostra i sentimenti.

«Oh.» fu l'unica parola che Luke disse, guardando l'amico. «Sono molto dispiaciuto nel sentirtelo dire.»

«Non esserlo. È stata una sua scelta. E ogni uomo che lascia i propri figli non è un uomo, ma un codardo.»

Luke annuì pienamente d'accordo.

«Mio padre - anche se in fondo non è mio padre, se ricordi - lui non voleva lasciarci ma mia madre lo sbattè fuori. Aveva pure minacciato di ottenere un'ordine restrittivo su di lui, perché non ce la faceva più. L'abuso emotivo, le cose odiose come la dietro, il tornare a casa tardi e bere. Lei non sapeva chi fisse e tantomeno era l'uomo di cui si innamorò.
Ma lui ora torna di tanto in tanto per controllarmi e, a volte, a rubare qualche birra. E io devi farlo entrare perché ho paura.»

«Di cosa?»

«Ho paura che mi odi e che non mi accetti. E anche se io pretendo di odiarlo, spero ancora di riuscire a salvarlo un giorno. So che in fondo è inutile, ma io mi aggrappò a questa idea. Nella speranza che che un giorno sarò un grande figlio che lo trasformerà in un grande papà. Stupido eh?» Luke sospirò e gettò l'involucro del panino nella borsa.

Ashton gli afferò il braccio e lo guardò negli occhi.

«No, non lo è. Questo non ti rende stupido. Anzi, ti rende un ottimo figlio che sta cercando di aiutare il proprio padre, Luke. E anche se non ci riuscissi, almeno ci hai provato. Anche se ti arrendi, hai tentato. Questo è tutto ciò che conta. Ci hai provato Luke, ci hai provato.» Ashton concluse.

Luke lo fissò per un attimo, annuì e mise dolcemente una mano su quella di Ashton.

«Grazie.»

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Uee.

Dovete amarmi.
Due aggiornamenti in una sola notte.
Questa è l'ultima parte di questo capitolo quindi ho cercato di finire al più presto.
Scusatemi per i vari errori grammaticali che troverete o forse no(si spera) ma dato che io non uso il pc o altro, devo fare avanti e indietro per leggere e tradurre. Quindi capitemi.
Avevo pure pensato di iniziare a tradurre un'altra storia. O una lashton, mashton o cashton. Se ne conoscete alcune in inglese e volete che io ve le traduca ditemelo nei commenti o in chat. Come volete voi.
Anyway, spero che il/i capitolo/i vi sia/siano piaciuto/i e lasciate dei commenti o dei voti.
Al prossimo capitolooo.

Romeo e Giulietta » Lashton (Italian Translate)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora