Capitolo 8

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Anika's pov

L'ufficio di mio zio ha telefonato per mettermi al corrente del suo rientro. Per cui, una volta lasciato il museo, ci dirigiamo all' anagrafe.

Nessuno dei due ha più parlato del bacio mancato di qualche minuto prima, e l'unica cosa rimasta di un contatto lieve ed impercittibile è il silenzio. Un silenzio cauto, un silenzio vuoto, non quello da cui riesci a percepire il rumore fondo delle emozioni, ma il tipo che avvolge ogni tua sensazione in un clima di abbandono.

"No non c'è nessuno registrato a nome Desmond Styles" Ci informa mio zio distogliendo gli occhiali da vista dallo schermo del computer per poi gettare uno sguardo interrogativo sia a me che ad Harry.

"E Desmond Vinter?" suggerisco, e il ragazzo alla mia destra mi rivolge un'occhiataccia di rimprovero. Ricordo ancora il modo in cui ha negato persino la probabilità che quello fosse il vero cognome di suo padre. Io ho pensato che l'ipotesi non dovrebbe essere da scartare completamente, anche perchè quel povero bambino e sua madre hanno subito il vigliacco trattamento di una società che, non potendo condannare l'unico vero colpevole di questa storia, si accanisce sulle vittime indifese di una vicenda che vede come esito la fuga. Sono andati via dal loro paese, dalla loro casa, dall'unica vita mai conosciuta alla ricerca dell'ignoto e con un cognome pesante e condannato, cui fare riferimento. Ci vuole coraggio ad andar via, ma ce ne vuole ancora di più per abbandonare chi si è alla ricerca di una vita diversa, magari un destino migliore.

"Vinter?"

"Si" replico con ancora più sicurezza.

"Ma a lui serve uno Styles... Cioè prima Styles poi Vinter?" Ma perchè non può semplicemente darmi retta e deve sempre comportarsi come l'osso duro quale è? Annuisco energicamente pregando che non discuta ulteriormente e soddisfi semplicemente la nostra richiesta.

"Ok, Desmond Vinter" sussurra mentre digita il nome sulla tastiera del computer nero anche un pò vecchiotto, ma d'altronde ricordo sempre come ai pranzi della domenica lui sia solito lamentarsi del proprio impiego e di quanto funzionino male gli uffici pubblici. A detta sua è tutto poco attrezzato, la gente preferisce chiacchierare piuttosto che svolgere il proprio dovere e le persone che chiedono o che pretendono informazioni sono le più irritanti. Eppure lui è sempre stato così, sempre l'ultimo ad illudersi di avere parola, quello che avrebbe voluto imporre la propria opinione facendola passare per un qualche Vangelo assoluto, lui con le sue fissazioni e la sua insoddisfazione perenne.

"Si c'è un Desmond Vinter nato quel giorno" Harry, che stranamente è rimasto in silenzio per tutto il tempo, si irrigidisce al suono di quelle parole e stringe ossessivamente il pugno della mano destra per scaricare la tensione alla cima delle falangi, in maniera tale da non inquinare il suo viso facendo capire agli altri ciò che realmente sta provando.

"C'è un modo per verificare che sia la stessa persona? Voglio dire lo stesso Desmond?" Credo che le sue suppliche vogliano essere il simbolo della ricerca della certezza di cui ha bisogno per riuscire a proseguire in questa storia che sembra quasi un racconto surreale.

"Questo può solo darci il nome della persona" spiega mio zio gesticolando verso il suo aggeggio infernale, così come lui è solito definire un semplice computer. "Non spiega le relazioni tra le persone" replica acido, io ci sono abituata e ad Harry non sembra importare perchè è piuttosto nervoso.

"Non è un mago, è un sistema informatico... Se conoscessi il nome di tuo nonno-"

"Ok, si va bene ho capito!" taglia corto Harry puntando i suoi occhi verdi altrove.

"Come è stato il tuo tirocinio?" si rivolge a me mio zio bypassando completamente Harry. Ignorandolo direi, ma non posso dargli torto. Entrambi hanno un carattere forte e irragionevole, quando personalità del genere si incontrano tendono a collidere.

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