Attenta

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Nel frattempo in Australia, due persone stavano impazientemente aspettando che loro figlio scendesse dall'aereo. Avevano pensato a tutto, Daryl stava reggendo un cartello : "Clifford are here!" recitavano delle lettere colorate. Nell'esatto momento in cui Robert si stava pentendo di quello che aveva fatto, Luke stava vedendo un cartellone imbarazzate retto da una donna in lacrime ed un uomo con una giacca di pelle e un sorriso a trentadue denti. Forse anche lui se ne stava pentendo, avrebbe potuto fingere di non conoscere quelle persone, cosa vera tra l'altro, e dire che era solo una persona che probabilmente somigliava a questo figlio, anche questo era vero, ma poi Robert non sarebbe sceso da quell'aereo e avrebbe fatto preoccupare due poveri genitori che non vedevano il figlio da tre mesi. "Che Dio me la mandi buona" pensò. Avevano fatto un patto e lui aveva sempre mantenuto i patti, o meglio, quelli che gli convenivano. –Robert!- urlò una voce maschile, non gli ci volle molto per collegare quella voce ad un uomo con i capelli biondi che sfumavano sul bianco, lo stesso che teneva il cartellone di benvenuto. Davvero, a Luke sarebbe bastato quello luminoso dell'aeroporto. –Ehi!- "più convincente!" l'uomo diede una pacca al biondino che sorrise debolmente, non ebbe nemmeno il tempo di focalizzare la sua attenzione sull'uomo, che una donna, anche lei bionda, gli si avvinghiò addosso –Rob, sei più alto?- non avevano pensato a quel particolare, effettivamente. –No, probabilmente è perché non mi vedete da tanto- cercò di essere il più convincente possibile, sua madre si limitò a sorridere mentre gli accarezzava la guancia sbarbata, purtroppo. 

Era notte a casa Clifford e Luke stava cercando disperatamente qualcosa da bere. Jack Daniel's, aveva bisogno di quello. –Che cazzo è! Non bevo alcol da mezza giornata!- sbuffò. Aveva cercato in ogni centimetro di quella casa, in ogni stanza, ad esclusione di quella di Daryl e Karen e di un'altra chiusa a chiave, aveva provato ad aprirla, sì, era così disperato da dover scassinare le porte. Ma non c'era stato nulla da fare. Si abbandonò su uno degli sgabelli fin troppo azzurri della cucina. Poggiò stancamente il viso tra le mani. Prima di iniziare a chiedersi cosa avesse fatto, sentì delle risate in giardino, un sportello chiudersi e basta. Silenzio. Di nuovo. Forse non era giusto rimanere seduto, quando aveva sentito della gente in giardino. Non era la sua famiglia, ma adesso in quella casa ci viveva lui e se non avevano alcool dubitava fortemente avessero una pistola per poter difendersi. Scansò leggermente la tendina a quadretti per vedere oltre la finestra. C'era un ragazzo disteso a terra, con lo sguardo rivolto verso il cielo e un sorriso da ebete stampato in volto. Sembrava innocuo. Aprì la porta del retro e si avviò verso il giardino. L'erba gli rinfrescava la pianta del piede, era una sensazione piacevole, ne aveva bisogno. Quando era vicino al ragazzo dai capelli blu che nemmeno si accorse della sua presenza continuando a fissare le stelle. Si distese accanto a lui, cercando di capire che cosa avesse trovato di così interessante. E poi quando le sue spalle si adagiarono sull'erba capì. –Vedi Robert, questo è l'unico momento in cui puoi osservare le stelle- aveva appena notato la sua presenza, doveva essere suo fratello. Michael. Quando però si girò per osservarlo meglio rimase meravigliato. Il ragazzo affianco a lui aveva un pizzico di barba e le labbra leggermente schiuse. Il blu dei suoi capelli andava in contrasto con i suoi lineamenti delicati. Le labbra arrossate. Quelle labbra avevano baciato qualcuno e Luke decise che inutile smentire che era invidioso di chiunque l'avesse fatto. –Le luci sono tutte spente e puoi vedere l'immensità di tutto questo- continuò a fissarlo, nonostante l'erba gli pizzicasse sulla guancia. –Io mi sento così piccolo Robbie, così piccolo in confronto a questo. Al cielo, alle stelle. Noi non siamo niente. Siamo il nulla, per quelle stelle che ci osservano dall'alto non esistiamo, siamo solo puntini.-

-Michael, ma non sono forse anche loro per noi dei puntini? Tu riesci a vedere l'immensità di ogni singola stella?- l'altro si girò anche. Verde. Il verde dell'erba, di quello stupido pigiama e di quei due occhi che adesso lo fissavano senza perdersi un solo movimento. -Hai ragione, Robert.- poi quel momento magico venne interrotto da Michael. Luke ricordò che lui era Robert e che il ragazzo dai capelli blu era suo fratello. Come aveva potuto minimamente pensare di baciarlo? Come aveva potuto sperare che Michael stesse facendo quello quando si era avvicinato a lui per dargli un buffetto sulla guancia. Il ragazzo entrò, mentre lui rimase a fissare le stelle. Il cielo non lo aveva mai impaurito, eppure adesso si sentiva come aveva detto Michael, niente.

Il giorno dopo Lucas venne svegliato da una voce familiare, stava urlando dall'altra stanza. Era Michael, ci mise un po' prima di capire che stesse parlando al cellulare. –Mi hai scaricato come della fottuta spazzatura sul retro del mio giardino! Ti rendi conto? Sei un figlio di puttana, Calum!- anche il telefono di Luke squillò, lo stava chiamando Robert –Mh, giorno- dall'altro capo del telefono un voce stanca stava riprendendo fiato –Mi spieghi come fai a fare tutto questo?- il biondino rise soddisfatto, probabilmente aveva vinto la scommessa. Lui era riuscito a parlare con il fratello e Robert aveva appena ammesso di non farcela. –Ammetti che la mia vita è più difficile? Torno a New York anche adesso!-
-Mai!- disse Robert storcendo il naso mentre spolverava alcune delle bottiglie sugli scaffali –Tu hai incontrato mio fratello?-
-Ovvio e abbiamo anche avuto una bellissima chiacchierata sull'immensità del cielo- dall'altro capo del cellulare si sentì una risata fragorosa –Dai, seriamente Luke.-
-Sono serio, Robert. Gli chiederei di dirtelo se non fosse che non posso dirgli "Ehi Mikey puoi dire a tuo fratello che ieri hai parlato con me credendo che fossi lui?"- L'altro si sentì chiamare dal suo capo, chiuse senza nemmeno salutare. Luke non poteva biasimarlo, conosceva il signor Urie fin troppo bene.
Si alzò dal letto, era stranamente felice. Oggi sarebbe sceso in cucina ed avrebbe trovato la colazione pronta ed il fatto che ci fosse anche Michael insieme ai pancake non faceva che migliorare la situazione. Appena mise un piede fuori dalla sua camera sentì una spinta –Levati da in mezzo le palle, sfigato!- il ragazzo dai capelli blu lo spinse non molto delicatamente per farlo spostare dal suo territorio, Luke inciampò maldestramente sui suoi stessi piedi per poi finire sulla moquette. Che era successo? Chi era quel ragazzo? Voleva indietro il Michael della sera prima, quello disteso sull'erba a parlare dell'immensità del cielo. 

Stai attenta ha avuto tutto inizio in questa stanza

non perdere di vista neanche l'ombra e fermati un momento a quel che sembra

a volte è tutto quello che è abbastanza non chiederti se qui qualcosa è persa

tra quello che uno vede e che uno pensa stai attenta, stai attenta almeno a te

attenta, stai attenta che mi uccidi in questa stanza

e un bacio non conosce l'innocenza e sei colpevole di questa notte lenta

proprio come me non hai pazienza ricordati

degli angoli di bocca son l'ultimo regalo in cui ti ho persa.


NdA
Siamo al primo capitolo, che emozione aw. Questo capitolo anche se forse non è scritto così bene, è uno dei miei preferiti perchè racchiude un po' le insicurezze di tutti e quattro i personaggi, soprattutto Luke e Michael. Non posso spiegarvi perchè, impossibile, vi spoilerei (wtf?) tutta la storia, quindi niente. Spero che qualcuno si caghi la storia e ve se ama.

 

Il posto dei santi; MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora