Mi risvegliai con i rumori tipici degli ospedali, niente di troppo piacevole, sentivo male un po' ovunque ma quando mossi le gambe e scoprii di avere ancora la mobilità mi tranquillizzai. C'era un solo grande problema...era tutto buio. Avevo le palpebre aperte ma era tutto buio. Ero cieca. Non mi ricordavo bene gli avvenimenti di qualche ora prima, mi ricordavo solo il viso di Joel e poi tanta, tanta luce. Ora era tutto nero.
-Sei sveglia! Ci hai fatto prendere un colpo- era la voce di Quentin che proveniva dalla mia destra, ma non sapevo se fosse in piedi, e comunque girare la testa mi faceva troppo male.
-Ragazzi è sveglia- questa era la voce di Mark che veniva dalla sinistra.
Cominciai a piangere. Non li vedevo. Mi ricordavo come erano fatti e le loro voci ma non li vedevo e forse non li avrei mai più visti.
-Che hai? Non sei felice di vederci?- mi chiese Felix ma io piansi ancora di più.
-Cosa c'è, Jo?- la voce di Henry era più che preoccupata.
-Ha perso la vista. A causa dell'impatto le si sono danneggiati i nervi ottici, non vedrà più- mio padre era triste mentre ci dava questa notizia.
-Joel?- chiesi.
-Sta bene, non ha danni permanenti, anche se gli hanno fatto quattro operazioni per rimettergli apposto gli organi interni- rispose Ethan.
-Ho fatto operazioni?- chiesi.
-No, fortunatamente. Hai avuto però un trauma cranico e sei stata in coma per tre giorni- spiegò mio padre. Credo che la perdita della vista fosse l'ultima delle sue preoccupazioni. Ero viva e questo bastava.
-Posso alzarmi?- chiesi poco prima di sentire la porta aprirsi e percepire dei passi estranei.
-Buon giorno, Johanna. Come ti senti?- chiese la donna. Doveva essere il mio medico.
-Buon giorno. Un po' di male qua e la e...la vista. A parte questo tutto bene- dissi.
-Benissimo. Ti teniamo sotto osservazione oggi e domani e poi puoi andare a casa- rispose lei gentile.
-Scusi dottoressa...Joel Crowthorn come sta?- chiesi.
-A dir la verità è sveglio e chiede di te, quindi quando sei pronta puoi andare alla camera 204. Magari fatti accompagnare. Prima però dovresti parlare con una persona- disse lei e fece entrare qualcun altro.
-Salve signorina Fehrschen, sono l'agente Timothy O'Brien, sono qui per farle alone domande- disse l'uomo che avrà avuto sulla cinquantina.
-Certo, signore- risposi.
-Allora, si ricorda il momento dell'incidente?- chiese lui e io presi un attimo per pensare.
A dir la verità i fatti stava cominciando a essere più connessi nella mia mente, ma era tutto un po' offuscato. C'eravamo io e Joel che andavamo in un cinema, ma qualcuno con la macchina lo aveva preso in pieno e mi aveva scaraventata all'indietro. Riferii ciò che mi ricordavo e poi lui se ne andò.
Passò un'oretta prima che mi abituai alla mia nuova condizione, almeno psicologicamente, con il tempo mi si sarebbero sviluppati tutti gli altri sensi e avrei potuto condurre una vita pseudo-normale.
-Voglio andare da Joel- dichiarai.
-Ti accompagno- si offrì Quentin, ma alla fine andammo tutti insieme dal mio biondo preferito. Non avrei potuto più vedere i suoi occhi blu e la cosa mi dava molto fastidio. Il viaggio fu relativamente corto, eravamo sì e no a sei camere di distanza e quando bussammo sentii la voce della signora Liza, che in qualche modo mi tranquillizzò, almeno non era solo.
-Sono io, Johanna- mi annunciai e la donna rispose con un 'avanti' che aveva del sollievo nella voce.
Non la vedevo, ma immaginavo fosse seduta accanto al letto dove stava il figlio. Sentivo il loro sguardo su di me, ma non potevo vederlo.
-Ciao Joel, come stai? E lei signora Liza come sta?- salutai.
-Johanna, tesoro! Sarei venuta a vedere come stavi tra poco, mi fa piacere che tu sia in piedi- mi disse la donna russa.
-Ciao, Jo io bene a parte il fatto di non potermi muovere e l'essere stato aperto come un pacchetto regalo- rispose lui dapprima scherzando, ma poi si fece molto più serio. -Che hai? Perché non mi guardi?- chiese con un po' di panico nella voce.
-Io...non credo che potrò mai più vedere nessuno, ecco. Ma questo a parte sto bene- risposi sorridendo.
-Mi sembri in forma- commentò Josh prima di spingermi assieme a Quentin verso il letto del ragazzo.
-Sì, per fortuna non ho niente di permanente- rispose dispiaciuto Joel non appena mi fecero sedere di fronte a lui. Ora sentivo la sua presenza ed ero molto più tranquilla.
-Vi lasciamo soli- annunciò Liza portandosi dietro tutta la mia sfilza di fratelli. Non appena uscirono Joel si mise seduto davanti a me e mi prese il volto tra le sue mani fasciate.
-Non doveva succederti questo per colpa mia- sussurrò triste.
-Non lo pensare nemmeno, Joel. Non è colpa tua- dissi risoluta. Non lo avevo pensato nemmeno per un secondo e non lo avrei mai pensato. Era vero, il mondo per me era solo un posto buio, ormai, ma non era colpa sua e non gli avrei mai permesso di pensare il contrario.
-Ma se non ti avessi chiesto di uscire...- tentò di dire lui ma lo interruppi baciandolo. Avevo le dita tra i suoi capelli morbidi e lui aveva fatto passare la sua mano destra sul mio collo. Era un bacio appassionato e quando ci staccammo lui poggiò la fronte sull'incavo del mio collo.
-Lo so che ti sembrerà stupido ma vorrei che tu fossi la mia ragazza, se non ti dà fastidio- sussurrò Joel.
Gli carezzai i capelli mentre gli risposi: -Non poteri chiedere un ragazzo migliore- risposi prima di abbracciarlo. Lui mi avvolse tra le sue braccia ed io mi sentii protetta.
Sarò stata cieca, ma ci voleva ben altro per buttarmi giù di morale. Ero solo contenta che Joel stesse davvero bene.
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Se non ci foste voi...
Teen FictionJohanna è una ragazza normale, con una vita normale, delle amicizie normali e tutto è molto normale. Tutto a parte la sua famiglia, forse un po' troppo caotica. Si litiga, ci si riabbraccia un secondo dopo, ci si fanno scherzi e si affrontano tutte...