Capitolo 2.

698 110 21
                                    

Tra la folla, intravedo Margot al cancello. Non so se sia una cosa positiva o no il fatto che sia sola. Da una parte preferisco affrontare una persona alla volta così da non entrare in panico davanti a tanti giudizi. Dall'altra se tutte le mie compagne di classe fossero state lì, mi sarei liberata del pensiero in un colpo solo.

Mentre mi avvicino, mi accorgo che lei non si è accorta di me quindi devo essere io a parlare per prima.

«C-ciao» balbetto. Avrei voluto salutarla in modo più carino magari con un "buongiorno, come stai?" oppure con un "ehi, ciao". Invece, il mio cervello ha smesso di funzionare e mi è uscito quel mezzo "ciao" a voce smorzata.

«Oh mio dio, non credo ai miei occhi!» Esclama Margot fiondandomi le braccia intorno al collo. «Come mai questo cambiamento? È solo un fatto estetico o qualcosa di più profondo?»

«Ieri stavo riflettendo su quanto fossi cambiata negli ultimi anni» cerco di non sembrare agitata «e ho deciso di voltare pagina, iniziare una nuova storia, una nuova vita e pensavo che innanzitutto dovevo cambiare il mio aspetto esteriore»

«Oh hai ragione, sono fiera di te, veramente!» le brillano gli occhi mentre parla e questo mi fa capire che dice sul serio. Poi prosegue dicendomi «È stata proprio una bella sorpresa»

Non so cosa rispondere e mi limito a sorridere quasi imbarazzata. Mi aspettavo una reazione diversa, qualcosa di stupido come "ma sei Flaminia? Non sembri tu" un po' come mia madre, invece è andata piuttosto bene e penso di essermela cavata. D'altronde Margot ha sempre un modo per sorprendermi, è imprevedibile. Vorrei dimostrarle quanto bene le voglio e l'importanza della sua amicizia nella mia vita, ma purtroppo io e i sentimenti non siamo mai andati d'accordo.

La mattinata scorre lentamente, le lezioni sono noiose, forse perché è lunedì o meglio è il lunedì dopo le vacanze. Anche i professori sono più noiosi che mai, si divertono a chiederci cosa abbiamo fatto in questi giorni o dove siamo andati.

Spesso, mi sento gli occhi di qualche mio compagno di classe puntati addosso, che, probabilmente, sta fantasticando sul mio cambiamento. Non sono stati in molti a farmi domande o a esprimere il loro giudizio ma meglio così.

Il viaggio in pullman verso casa è rilassante. Fuori è iniziato a piovere e mi gusto le gocce che scorrono sul finestrino a ritmi diversi. Con un po' di fantasia sembra quasi che produchino una musica. Ho sempre adorato la pioggia e il rumore che essa produce quando cade dentro le grondaie o sulle foglie o semplicemente all'interno delle pozzanghere. Quando piove, passano poche macchine e ne approfitto per gustarmi la melodia. Sarà sicuramente quello che farò oggi.

Quando torno a casa, trovo mia madre che mi sta aspettando per il pranzo. Che abbia inizio l'interrogatorio! Avevo dimenticato che dovevo parlare con lei e ora sto già entrando nel panico.

«Salgo un attimo sopra e arrivo» avrei preferito dire "salgo sopra e non scendo più".

Mentre salgo le scale, sento mia madre che farfuglia. Penso mi abbia detto qualcosa del tipo "muoviti altrimenti si raffredda il cibo". Entro in bagno, mi lavo le mani e mi do qualche colpetto sulle guance. Dai Flam andrà tutto bene, è solo tua madre. Dopo un paio di minuti, a convincermi che c'è di peggio nella vita e che questo sarà uno stupido discorso, esco dal bagno e scendo sotto.

Iniziamo a mangiare e nessuno di noi due parla. C'è solo un programma televisivo a rompere il silenzio e la tensione. Col passare dei minuti i miei pensieri iniziano a dilagarsi prendendo direzioni diverse.

«Com'è stato il ritorno a scuola?»

Vengo interrotta dalle parole di mia madre che mi fanno sobbalzare perché mi aspettavo un altra domanda. «Noioso» le rispondo «l'unica cosa bella è stata rivedere i miei amici.»

«E loro che hanno detto?»

«Hanno detto su cosa ?» inizio ad agitarmi e muovo in continuazione la gamba sotto il tavolo.

«Del tuo nuovo cambiamento di cui mi devi ancora parlare» sorride in modo malizioso.

Ecco lo sapevo. Sapevo che avrebbe introdotto l'argomento iniziando da qualcos'altro. Voglio andarmene in camera e non rispondere.

«Niente di che» non mi va di raccontare ogni minimo particolare. Poi continuo «Margot è stata felice»

«Sono sicura che i tuoi amici, o almeno Margot, sappiano il motivo che c'è dietro al tuo cambiamento»

«Mamma non c'è niente da sapere, volevo cambiare e tornare "normale", tutto qui!» sbuffo.

«Il caratterino ti è rimasto però» sembra a disagio.

«Già» replico semplicemente.

La sua ultima frase mi rattristisce. Ha ragione, ho un carattere non molto bello. Più che caratterino la parola giusta da usare era caratteraccio. Una volta non ero così, ero dolce, paziente e tollerabile. Adesso, invece, perdo la pazienza, mi innervosisco e spesso tratto male le persone quando non lo meritano. Non voglio essere considerata una persona cattiva.
Pian piano cercherò di lavorarci su e tornare quella che ero una volta.

In camera cerco di studiare ma non ci riesco. Passo i minuti interi a fissare il libro e cercare di capire di cosa sta parlando.

Dovrei essere sollevata ora che ho già affrontato il discorso con le due persone più importanti, invece la rabbia ha sostituito la paura. Neanche il rumore della pioggia riesce a rilassarmi, quindi penso che una doccia potrebbe aiutarmi.

In bagno, prima di entrare in doccia, metto della musica rilassante dal mio telefono, apro l'acqua e aspetto fino a quando non diventa calda abbastanza.

L'acqua calda che mi scorre sulla schiena è piacevole e allevia la tensione nei muscoli, per questo ci resto per un po'.
Quando parte la canzone "Arabella" degli Artic Monkeys inizio a canticchiarla e mi sento subito più serena. È proprio vero che la musica aiuta sempre in qualsiasi situazione.

Quando torno in camera, mi accorgo che è entrata la mamma e mi ha lasciato una pila di vestiti lavati e stirati sul letto. Affianco c'è un post-it con su scritto "Metti apposto i panni e riordina la camera ogni tanto...!!"

Solitamente queste richieste mi scocciano. Non perché non abbia voglia, ma semplicemente perché so io quando riordinare le mie cose e non mi piace che mi viene imposto. Ora, essendomi tornato il buon umore, non mi arrabbio a leggere il messaggio di mia madre ma piuttosto lo trovo buffo e mi ci viene da ridere. Volevo ricominciare a studiare ma, per farle un favore e soprattutto per accontentarla, inizio a riordinare la mia camera.

Porto tutte le scarpe nella scarpiera, tolgo l'ammasso di vestiti sulla sedia, butto tutte le cartacce, riordino i libri nella libreria e metto apposto i vestiti.
Li guardo uno a uno e penso che non li indosserò più, così decido di non metterli nell'armadio ma all'interno di una scatola. In questo modo sono ancora più determinata sul mio obiettivo.

Apro l'armadio per vedere se posso togliere qualcos'altro, prendo qualche capo qua e là e lo metto via. Mi rendo conto che ho un'estrema necessità di fare compere se voglio veramente cambiare il mio look.

Rifletto su quale persona sarebbe più adatta per accompagnarmi ad andare a fare shopping o se è il caso che io vada da sola. Se venisse Margot mi farebbe provare i vestiti più impensabili e improbabili. Se invece lo chiedessi a mamma, non so come potrebbe essere, ma ho l'ansia che mi possa riempire di domande.

Alla fine decido che sarà Margot ad accompagnarmi. Domani le chiederò se sabato è libera e se vuole affrontare questa "pazzia" con me.

Prima di andare a dormire guardo un po' di televisione. Dopo essermi passata circa 10 canali trovo finalmente un bel film. Parla di un gruppo di ragazzi alle prese con i problemi adolescenziali e in chiave morale da anche qualche insegnamento. Mi piacciono questi generi di film così come quelli d'azione.

Il Rumore Dei PensieriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora