Capitolo 26.

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«Quindi tu e Jason frequentate gli stessi corsi?» chiede la signora Parker.

«Si, la maggior parte» dico.

«Hai già scelto l'università?» chiede.

«Si, sono stata ammessa alla UCI, nella facoltà di letteratura» dico.

«Che bello, quindi resterai qui in California. E sai già che lavoro vorresti fare?»

«Mi piacerebbe lavorare nel mondo dell'editoria» ammetto.

«Invece, Jason è stato ammesso all'universita di architettura a Seattle» sorride e il figlio le lancia un'occhiataccia.

Mi cade la forchetta dalle mani. «Scusate» dico.
Rimango sorpresa da quella frase, Jason non mi ha detto nulla che era stato ammesso. Perché?

«Mamma, basta parlare di scuola» dice lui.

«Hai ragione, scusatemi» sorride. «Vado a prendere il dolce»

«Vengo ad aiutarti» mi alzo e la seguo in cucina.

«Grazie cara. La mangi la cheesecake?» chiede.

«Certo» sorrido.

«Scusa la domanda ma tu e Jason state insieme?» sapevo che me l'avrebbe chiesto e non capisco perché tutta la famiglia pensano la stessa cosa.

«No. Perché?» chiedo.

«Da come lui parla di te, sembra molto preso, non l'ho mai visto così» dice.

«Al momento siamo solo amici» mi sforzo di sorridere mentre mi ricordo quello che ci siamo detti prima di pranzo.

«Ma come mai non mi ha detto nulla che è stato ammesso a Seattle?» chiedo.

«Non lo so. Ho il sospetto che abbia paura di allontanarsi da te. Devi farmi un favore» dice «Se dovesse cambiare idea sull' università, ti prego convincilo a farlo andare»

«Certo» le faccio un sorriso di incoraggiamento. Non penso che Jason decida di non andare per me.

Esco con due piatti e li consegno uno al signor Parker e l'altro a Robert, il fratello di Jason, sperando di stargli simpatica.

Il dolce è buonissimo, è la cheesecake con i frutti di bosco e io la amo.

«Flaminia ma il tuo nome è italiano?» una voce mai sentito fino ad ora mi fa questa domanda. Alzo lo sguardo è capisco che è stato Robert a parlare. Sono felice, forse le sto un pò simpatica. Mi fa tenerezza questo bambino.

«Si, sono nata in Italia» dico sorridendogli.

«Davvero? Come sei arrivata qui?» irrompe il signor Parker.

«Mi sono trasferita qui da piccola per motivi di lavoro di mia madre e soprattutto dopo la separazione dei miei genitori» spiego.

«Ho capito. Deve essere bella l'Italia. Ci sei più tornata?» chiede.

«No, ma mi piacerebbe molto» ammetto.

Dopo il pranzo, Jason ed io saliamo in camera e ci stendiamo sul letto.

«Cosa vuoi fare dopo?» chiede.

«Quello che vuoi» dico, poi proseguo: «Perché non mi hai detto nulla di Seattle?»

«Non è importante» dice.

Alzo gli occhi al cielo e non faccio altre domande, altrimenti rischio di farlo arrabbiare più di quanto lo è già. Mi accoccolo sul suo petto e mi accarezza delicatamente il volto. Gli occhi iniziano a farsi pesanti e piano piano scivolo in un sonno profondo.

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