Capitolo 12.

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Il suono del campanello mi fa sobbalzare. Metto un cuscino sulle orecchie per non sentire e cercare di riaddormentarmi. Non ho alcuna intenzione di alzarmi, spero ci sia la mamma in casa e vada lei ad aprire.
Continuano a suonare ininterrottamente, apro gli occhi e vedo l'orario sul display del telefono: 16:30. Chi mai potrebbe essere a quest'ora? Giuro che chiunque sia gli meno.

Scendo al piano di sotto sbuffando, vado verso la porta e quando la apro, mi trovo davanti due occhi verdi, un sorriso perfetto e un fisico che parla da sé: è Jason. Mi strizzo gli occhi perché mi da fastidio la luce, lo fisso perplessa per qualche secondo poi chiedo: «Hai bisogno di qualcosa?»

Jason ridacchia, probabilmente ha capito che stavo dormendo: «Andiamo a farci un giro?»

Ma non si usa più avvisare prima di uscire? Vorrei urlargli in faccia ma non ce la faccio ad essere cattiva con lui.

«Mmh..dovrei cambiarmi» La sua domanda richiedeva un semplice si o un no e io, invece, ho risposto dicendo che devo cambiarmi. Mi meraviglio della stupidità del mio cervello, a volte.

«Vai» ridacchia appoggiando un braccio sul muro.

«Si, entra, puoi aspettarmi in soggiorno» lo faccio entrare e io vado in camera mia.

Che gli salta in mente? Non può presentarsi da me senza avviso. Apro l'armadio e prendo dei pantaloni neri e un maglioncino grigio. Li indosso e vado in bagno a sistemare il viso e i capelli. Penso a dove potremmo andare e perché vuole uscire.

«Eccomi» dico mentre scendo le scale.

«Finalmente! Ci hai messo 20 minuti per cambiarti un paio di pantaloni e una maglia» dice.

«E le scarpe, i capelli, il trucco e altre cose che non puoi capire» dico facendogli una smorfia.

Si alza e usciamo di casa, mando un messaggio alla mamma e rimango stupita dal fatto che non prendiamo la macchina.

«Perché a piedi?» chiedo.

«Andiamo a farci un giro al parco e non abbiamo bisogno della macchina per arrivarci.»

Sbuffo. Continuiamo a camminare e un silenzio imbarazzante scende tra di noi. Decido di rompere io il ghiaccio perché non sopporto uscire con una persona e non parlarci: «Perché sei venuto da me senza avvisarmi?»

«Perché così non avevi scuse per rifiutare la mia richiesta, come hai fatto negli ultimi giorni.» mi fa l'occhiolino e mi infastidisce il tono con cui mi sta rispondendo. Ha ripreso col suo atteggiamento strafottente, il tentativo di essere simpatico è già fallito.

«Volevo stare da sola» ribatto.

Arriviamo al parco e ci sediamo in una panchina davanti a dei bambini che stanno giocando con gli scivoli. Non vedo l'ora che passi in fretta questo momento, voglio tornare a casa.

«Parlami di te» la voce di Jason mi distrae dai miei pensieri.

«Non c'è molto da sapere» dico.

«Io penso di si» sorride «mi incuriosisce il tuo passato e il tuo cambiamento improvviso»

«È una storia lunga» dico sperando che non insiste. L'unica persona che conosce bene tutta la mia vita è Margot e in parte Dakota.

«Posso stare qui tutto il tempo che vuoi» dice.

«Okay» sospiro e inizio: «Forse ti ricorderai che il primo anno di scuola ero una ragazza normale e il cambiamento è avvenuto pian piano. Quando avevo 15 anni ho conosciuto un ragazzo, Christian, ci siamo frequentati per circa un anno ma nulla di serio e ufficiale. Lui mi piaceva e anche lui ricambiava, o almeno così diceva. L'unico difetto era la sua gelosia, diciamo che era abbastanza possessivo con me, nonostante non ero la sua ragazza, gli dava fastidio se uscivo o addirittura parlavo con altri ragazzi e col passare dei mesi mi vietava di uscire anche con le mie amiche.» faccio un respiro profondo, Jason è attento al mio discorso, poi proseguo: «avrei dovuto lasciar perdere subito ma a quel tempo ero piccola e stupida, accecata dall'idea dell'amore. Gli ultimi mesi sono stati i peggiori, mi obbligava a fare cose che io non volevo e passavo le serate a piangere per colpa sua. Nel dicembre successivo, un pomeriggio, mi ha scritto un messaggio dicendomi che non voleva andare avanti con me perché si era stufato. In quel momento mi è caduto il mondo addosso, da quel giorno non l'ho più sentito, non si è mai degnato di chiedermi come stavo. Solo col passare dei giorni mi sono resa conto di ciò che mi aveva fatto. Sono rimasta sola, non avevo più amici perché per colpa sua sono stata costretta a litigarci. Non c'era nessuno con cui potevo parlare o sfogarmi, quindi mi sono chiusa in me stessa. Il dolore cresceva, sono entrata in un circolo buio in cui non vedevo la luce, ho iniziato a vestirmi di nero perché mascherava il dolore e mi proteggeva dal mondo. Dopo qualche mese però..» scoppio a piangere, il solo pensiero mi fa stare male.

«Ehi, non piangere. Cerca di finire, forse ti farà bene dire tutto» mi accarezza la guancia asciugandomi le lacrime.

«Dopo qualche mese è iniziato il peggio..» alzo le maniche della maglia per fargli vedere le cicatrici dei tagli. Non c'è nulla da spiegare, parlano da sole.

Jason mi guarda incredulo, ha gli occhi lucidi e sposta il suo sguardo tra me e i tagli. Non sa cosa dire e lo capisco, non c'è nulla da dire davanti a questo schifo. Senza dire una parola mi abbraccia e nel mio orecchio sussurra: «mi dispiace tanto, ora è passato»

Lo stringo più forte perché il suo abbraccio ora mi consola più di mille parole. Sono passati due anni dall'ultima volta che ho raccontato questa storia ma l'effetto che mi fa è lo stesso. Mi stacco da lui per asciugare le lacrime, mi prende la mano e dice: «quello é stato un animale e di certo non si meritava una ragazza bellissima come te. Ora nessuno ti farà più del male.»

Annuisco e continuo a raccontargli della decisione di voltare pagina. In realtà non è facile, come pensavo, perché molte cose del passato mi tormentano e quando sono giù d'umore continuo a indossare i miei vestiti totalmente neri.

Passiamo il resto del pomeriggio a parlare del nostro passato e delle nostre famiglie. Il padre di Jason è un ex alcolista e non lo sopporta perché non è stato presente durante la sua crescita. Anche lui ha avuto un passato particolare ma probabilmente è più forte di me perché è riuscito ad andare sempre avanti a testa alta, per questo lo ammiro.

«Flaminia che piacere rivederti» mi volto per vedere chi fosse e Brian e Ethan, insieme ad una ragazza, vengono verso di me. Ethan lancia un'occhiataccia a Jason ma non gli do peso.

Mi alzo in piedi per salutarli: «Ciao ragazzi» sorrido. «Cosa ci fate qui?»

«Siamo venuti a fare un giro e ora andiamo a mangiarci un pezzo di pizza. Volete unirvi?» chiede Brian.

Vorrei dire di si, sarei felice di passare del tempo con loro per conoscerli meglio. Lancio uno sguardo a Jason sperando che accetti. Si alza e mi cinge il braccio intorno alle spalle: «No grazie, ce ne stavamo andando.»

«Ah peccato, sarà per la prossima. Ciao ragazzi» ricambiamo il saluto ed Ethan lancia un'occhiata a Jason dicendo: «Ci si vede in giro, Parker.»

Rimango dispiaciuta dal fatto che non siamo andati con loro e non capisco lo strano comportamento di Ethan e Jason. Si lanciavano occhiatacce e si rispondevano a tono e dopo quell'incontro il suo comportamento è cambiato.

«Che hai?» chiedo.

«Nulla, andiamo» dice accelerando il passo. Sono sicura che c'è qualcosa sotto e devo scoprirlo.

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