Capitolo 14.

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Vengo svegliata da un rumore di oggetti rotti proveniente dalla cucina. Mi alzo per andare a urlare in faccia a chiunque sia stato e mi abbia svegliato alle 8 del mattino, della domenica.

Entro in cucina e ci sono mio fratello e Marika alle prese con la colazione. Cosa ci fa lei qui a quest'ora? Hanno dormito insieme? Ero sicura che non era stata la mamma a rompere il piatto ma non mi aspettavo di trovare loro due insieme.

«Potevi evitare di far cadere il piatto e svegliarmi» dico rivolgendomi ad Andrea.

«Non l'ho fatto apposta» borbotta. «Anzi già che ci sei pulisci che noi dobbiamo mangiare » dice mentre prende i cereali dalla credenza.

«Io non pulisco un bel niente!» dico. «E i cereali sono miei non puoi prenderli» afferro la scatola e Marika mi lancia un'occhiataccia.

«Sarebbe meglio se stessi zitta altrimenti sveglierai la mamma»

«L'avrai già fatto tu col piatto» dico e me ne torno in camera.

Mentre salgo le scale sento loro due sghignazzare per chissà che cosa. Altri sei giorni con lui in casa potrei uscire di cervello, non ce la faccio a sopportare la sua cattiveria nei miei confronti.

Afferro il telefono e sul display c'è la notifica di un messaggio da parte di Jason, ci clicco e leggo: *È stato bello vederti dormire, di nuovo, su di me. Quando sono andato via non ho voluto svegliarti, spero che non ti arrabbierai. Buonanotte ❤*

Non ricordo di essermi addormentata su di lui. In volto mi si stampa uno stupido sorriso e digito immediatamente la risposta: *Anche io sono stata bene ieri. Buongiorno :)*

Alla fine, ieri sera, siamo rimasti fino a tardi sul letto a parlare del più e del meno. Abbiamo affrontato l'argomento università, il suo sogno sarebbe la Chicago University ma sarebbe felice anche se venisse ammesso all' università di Seattle. Io, invece, spero di essere ammessa alla UCI, mi piacerebbe rimanere nello stato della California. Le lettere di risposta dovrebbero arrivare al più presto e sono già in ansia.

Abbiamo anche riso e scherzato prendendo in giro Marika e il suo abbigliamento poco adatto per una cena di famiglia: minidress e tacchi che io non avrei indossato neanche ad una festa. Non mi capacito che loro due siano stati insieme, tra l'altro lei è di due anni più grande e per questo l'ho preso in giro, meritandomi una dose di solletico, ai fianchi. Era da un pò che non mi divertivo così tanto!

Cerco di mettere da parte i pensieri e provare a riaddormentarmi, senza alcun risultato, ovviamente. Visto che il sonno sembra che mi abbia abbandonata totalmente approfitto per andare a farmi una doccia.

Mentre l'acqua scorre i miei pensieri finiscono a Margot. Sono un paio di giorni che non vado a trovarla e mi manca. Potrei approfittare questa mattina per andarci e quasi quasi potrei scriverle una lettera, così quando si sveglierà, leggerà tutte le cose che sono successe in questi giorni.

Domenica, 24 gennaio 2016

Cara Margie,
sono passati già cinque giorni da quello stupido incidente che ti ha rinchiuso qui dentro e io ancora non me ne capacito. La tua mancanza si sente molto, moltissimo anzi. Andare a scuola e non trovare il tuo sorriso al cancello, vedere quel banco vuoto e non poterti chiamare ogni giorno per sfogarmi, mi fa star male. Dicono che col tempo passerà e tu ti riprenderai al più presto e sinceramente lo spero.
Stanno succedendo tante cose in questi giorni. Jason e io passiamo molto tempo insieme e sono già due volte che passiamo le serate a casa mia e finisco per addormentarmi su di lui. È un buono amico, c'è sempre e mi sta aiutando in questo periodo difficile. Anche Dakota sente la tua mancanza e viene spesso a trovarti qui in ospedale. Ho conosciuto anche due ragazzi Brian e Ethan. Una notizia negativa é il ritorno di mio fratello. È tornato ieri mattina e già non lo sopporto, non è cambiato affatto e tra l'altro ora ha una nuova ragazza, soprannominata da me Barbie.
Non vedo l'ora di poterti abbracciare di nuovo, sii forte, abbiamo tutti bisogno di te. Ti voglio bene.

Flaminia.

Prendo la lettera e mi avvio verso l'ospedale. La strada è trafficata e da quando mi sono trasferita qui, a San Francisco, non capisco come mai, la domenica mattina, ci sia tutta questa gente, in giro.

Prendo l'ascensore e il tempo di arrivare al sesto piano sembra lunghissimo. Appena le porte si aprono ci sono i genitori di Margot, li saluto e parliamo un pò.

«Ieri sera ha mosso un dito» la signora Allen sembra emozionata e in effetti è un buon segno. «I medici le hanno immediatamente fatto una tac» spiega.

«É una bella notizia. Se dopo cinque giorni inizia a dare segni, probabilmente si risveglierá al più presto» dico.

«L'ho pensato anche io. Ma parlando con i medici mi hanno detto che non si può sapere quando si risveglierá, come può accadere fra qualche giorno come fra mesi, influisce poco quel movimento.» abbassa lo sguardo e il marito le porge un braccio dietro la spalla per consolarla. «Ora devono capire se si potrebbe trattare di un coma leggero» dice.

«Ah, ho capito. Sono sicura che ce la farà» dico. «Ci sono novità riguardo a chi l'ha investita?» a questa domanda li vedo irrigidirsi e posso capirli perché la rabbia è molta.

«È un uomo alla guida di una moto. Stanno mandando avanti le ricerche e si cercano testimoni» purtroppo le notizie sono ancora molto vaghe e sarà difficile scoprire chi sia stato.

«Speriamo lo trovano»

«Già» dice. Ci salutiamo e mi avvio dentro la stanza.

Margot oggi sembra più pallida del solito ma ha sempre un'espressione serena. Le do un bacio sulla fronte e ripongo la lettera in un libro. Inizio a parlarle, a raccontare come vanno le cose a scuola e con gli amici. Le racconto tutto, anche i minimi dettagli, come se stesse ascoltando veramente. Infondo, credo che qualcosa percepisca.

«Signorina, mi scusi ma dobbiamo portare Margot a fare un'esame» un uomo sulla cinquantina, con la divisa verde, è entrato in camera. Penso si tratti del primario, non voglio andarmene, è passato poco tempo e ho altro da dirle.

«Quanto tempo ci metterà? Posso aspettarla?» chiedo.

«Sono le 10 e alle 11.30 i pazienti non possono ricevere visite, non credo che in un'ora finisca. Se vuole può tornare nel pomeriggio» spiega con un tono tranquillo.

«Ho capito» mi alzo, saluto Margot e lascio l'ospedale.

Salgo in macchina e mi accorgo di aver lasciato il telefono sul sedile. Lo afferro e ci sono tre chiamate perse della mamma e un messaggio. Non la richiamo perché fra pochi minuti sarò a casa, quindi clicco sul messaggio per leggerlo: *Buongiorno anche a te❤* Ultimamente sorrido ogniqualvolta mi arriva un messaggio da parte di Jason. Credo che io stia diventando pazza. O forse provi più di una semplice amicizia. Corregge la mia vocina interiore ma la ignoro. Siamo diventati amici da poco e poi fuguriamoci se potessimo stare insieme. Scuoto la testa per scacciare i pensieri e mi metto alla guida.

«Dove sei stata?» mi si scaglia contro mia madre appena metto piede dentro casa.

«Da Margot» la guardo con aria interrogativa perché non capisco tutta questa rabbia nei miei confronti.

«Potevi avvertire. Esci senza dire nulla, ti prendi la macchina e non rispondi nemmeno al cellulare»

«L'ho lasciato in macchina e quando sono andata via dormivi quindi non ho voluto svegliarti» dico. La mamma non risponde, mi fissa per un pò dopo va in cucina e io me ne torno in camera. La giornata è appena iniziata e io già sono esausta.

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