Capitolo 11

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Il biondo mi prese per il polso tirandomi lontana dalla porta.

Si guardò intorno disorientato e spazientito dal campanello che continuava a suonare.

«Se non apro si insospettirà.» Dissi guardandolo ragionare su cosa fare.

«Zitta!» Urlò non troppo forte «Avevo detto a quei due idioti di non far avvicinare nessuno.»

Portò una mano alle tempie e chiuse gli occhi respirando lentamente.

«Tu adesso vai ad aprire quella porta, ti terrò d'occhio Allison, se dici una parola uccido sia te che tua madre»

Le sue mani bloccavano le mie spalle al muro e i suoi occhi incatenavano i miei.

«Ho una pistola, piccola Ally. Non obbligarmi ad usarla.»

Mi lasciò andare per poi precipitarsi al piano di sopra.

Asciugai le lacrime ormai secche sulle mie guance e cercai di darmi una sistemata, avanzai a piccoli passi verso la porta e misi una mano sulla maniglia.

Guardai alle mie spalle e vidi Luke in cima alle scale con un'oggetto nero e metallico in mano, con uno sguardo d'avvertimento indietreggiò fino a quando non lo vidi più.

Presi un grosso sospiro prima di abbassare la maniglia, un'enorme forza mi buttò indietro facendomi quasi cadere.

Mia madre irruppe in casa mia guardandosi intorno prima di puntare arrabbiata gli occhi su di me.

«Allison, mi hai fatto prendere un colpo!» Urlò abbracciandomi «Dove diamine eri?»

Sciolsi l'abbraccio «Ero sopra a vedere un film, mamma»

Mi guardò negli occhi «Stavi piangendo?»

«Era un film triste.» Cercai di essere il più convincente possibile, mi fissò per un po' prima di allontanarsi ed incamminarsi verso la cucina.

«Lo sai che sono negata con i messaggi, perchè non hai risposto alle mie chiamate?»

Posò in modo disinvolto la borsa sul tavolo e si sedette accanto al bancone.

«Ho avuto molto da studiare, scusa mamma.» Dissi dandole le spalle per riempirle un bicchiere d'acqua che poi le porsi.

«Allison, quante volte ti ho detto che devi usare i sottobicchieri? Graffierai questo stupendo marmo.»

Presi un cerchietto di plastica rosso e lo appoggiai sotto il bicchiere.

Non so spiegare quanto strano fosse vedere mia madre, ero quasi sicura che non l'avrei mai più rivista.

Un piccolo frammento della mia vita quotidiana tornò ad occupare il mio cuore.

«Come sta papà?» Le chiesi sedendomi accanto a lei, facendo un silenzioso sospiro.

«Sta bene, gli manchi molto ma col lavoro non trova tempo di venirti a trovare...» Rimase la frase in sospeso quasi come se volesse aggiungere altro.

«Digli che lo voglio bene.»

Come mi aspettavo questa frase insospettì leggermente mia madre che mi guardò con un'aria interrogativa.

«Mi manca un po'.» Mi giustificai.

«Lo so piccola mia, anche tu ci manchi.»

Mi alzai dalla sedia per abbracciarla.

Mi mancava il suo odore, profumava di casa.

Sciolsi l'abbraccio e tornai a sedermi ma non prima che mia madre mi desse un morbido bacio sulla fronte.

Stockholm Syndrome || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora