Capitolo 5

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Leggendo per la nona volta la stessa frase mi accorsi di come in trenta minuti avessi letto meno di due pagine senza neanche ricordarne il contenuto.

Tornai alla pagina dalla quale avevo iniziato e ne riposi un petalo al centro chiudendo poi il libro.

Usavo quel petalo di rosa ormai secco e sbiadito come segnalibro da un po'.

Il fiore mi fu regalato da mio padre il giorno del mio dodicesimo compleanno, da allora iniziai ad imprigionare i morbidi e rossi petali tra le pagine dei miei romanzi.

Ogni volta che questi iniziavano a screpolarsi ne prendevo un altro  ed ormai quello che stavo usando era l'ultimo.

Avevo già detto a mio padre che avrebbe dovuto comprarmi un'altra rosa  per il mio ventesimo compleanno, sempre se ci fossi arrivata, ma ormai le possibilità andavano scemando velocemente.

Mi alzai per riporre il libro sulla libreria e proprio su questa intravidi un piccolo fiocco lilla.

Presi il mio diario, dove proprio quella mattina avevo deciso di raccontare quello che mi stava accadendo, ed una penna dalla scrivania sedendomi poi al centro del letto.

Ohio,27 Giugno 2015

Caro diario,
questa mattina sono uscita dalla mia camera.
Come sai i crampi erano forti, troppo forti, per sopportarli ancora.
Luke mi ha preparato la colazione, è stato strano.
Ho sempre l'impressione che mi nasconda qualcosa, qualcosa di pericoloso che preferirebbe io non sapessi.
Abbiamo anche parlato e quello è stato ancora più strano.
Gli avevo chiesto delle scuse per lo schiaffo di un paio di giorni fa e lui mi ha rivelato che non sono la prima ragazza che picchia.
E me l'ha detto con un tono pacato, come se stesse raccontando una storia ad una bambina.
'Quante?' mi é venuto spontaneo chiedergli.
Lui mi ha risposto che io sono la decima.
Dopo averlo detto si è seduto tranquillamente sul divano ed ha acceso la tv, io scommetterei che sono rimasta almeno altri trenta secondi impalata lì con la mascella che sfiorava il pavimento.
Questo pomeriggio ho anche provato ad aprire qualche finestra ma le ha chiuse tutte.
Maledetta mia madre e la fissazione di mettere una serratura su ogni singolo balcone.
Tutte le chiavi dovrebbero essere raggruppate in un mazzo, solitamente lo tenevo su di un mobile nella camera da pranzo ma non ci sono più.
Devo trovarle.
Non ho ancor-

La penna tra le mie mani disegnò una linea in verticale quando, per lo spavento, sobbalzai.

La porta della mia camera sbattè contro il muro quando fu aperta improvvisamente con forza.

Ne entrò un Luke furioso, la mascella serrata e le labbra strette.

Mi sedetti ai piedi del letto, la schiena dritta e lui mi si piazzó difronte.

«Fai smettere questo aggeggio di suonare.»

Mi porse un cellulare stretto nella sua mano che riconobbi essere il mio.

Il nome "Toby" con una stupida emoticon accanto segnalava una chiamata, lo presi titubante e feci scorrere il dito sulla cornetta verde.

«Pronto?»

«Allison! Dio, sono due giorni che cerco di chiamarti.» Rispose il ragazzo con un tono preoccupato dall'altro capo del telefono.

«Scusa,io...» Pensai ad una scusa plausibile «Avevo dimenticato il cellulare a casa di un'amica.» Ballettai incerta.

Stockholm Syndrome || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora