Capitolo 1

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«Strangers waiting, up and down the boulevard. Their shadows searching in the night...»

Una torta cade dall'alto sul volto della donna che urla prima di continuare a cantare.

«Streetlights, people, livin' just to find emotion. Hidin, somewhere in the night.» Rido quando un torta le colpisce il sedere.

Alla fine mi sono ridotta a vedere uno stupido programma televisivo dove la gente deve cantare sotto tortura, ma almeno fa ridere.

La donna in tv continua a cantare mentre una pioggia di gomme rotonde e colorate le piovono in testa, all'improvviso scivola mettendo un piede su una di quelle e un istante prima che il suo sedere toccasse terra non vedo altro che nero.

Rimango alcuni secondi ferma a guardare lo schermo scuro, senza capire.

Perché la tv si è spenta?

Cerco sotto di me il telecomando ma lo ritorovo appoggiato tranquillamente sul bracciolo del divano. Mi guardo intorno e vedo solo oscurità, forse è mancata la corrente.

Mi alzo per andare a controllare quando un paio di luci tremolanti illuminano la stanza, provengono dalla finestra così mi avvicino per verificare e spostando la tendina vedo due macchine blu e bianche fermate un paio di case più in là ed altre due che percorrono la strada proprio di fronte casa mia.

La polizia? Che ci fa qui la polizia? Non è mai successo niente.

Due agenti escono da un abitazione e si dirigono verso la porta di quella affianco, capisco che presto busseranno a casa mia quindi mi affretto. Prendo il cellulare per farmi luce, lo metto nella tasca posteriore dei jeans e girando intorno al divano mi dirigo verso la porta del retro, dove si trova la cassetta elettrica.

Non ci posso credere, neanche un mese e questa casa ha già dei problemi.

Inoltro il corridoio tenendo una mano sul muro per non andarci a sbattere, quando tocco qualcosa di plastica capisco di essere arrivata, mi sistemo avanti alla cassetta avendo alla mia sinistra la porta del retro dalla quale purtroppo non filtra neanche un briciolo di luce.

Cerco la maniglia per aprire lo sportello e non trovandola mi ricordo del cellulare che ho nella tasca posteriore.

Lo prendo per fare luce ma nel momento in cui porto entrambe le mani dietro a tastarmi il jeans, qualcosa di morbido ma al contempo ruvido e freddo si avvolge intorno ai miei polsi.

Sbarro gli occhi e il mio cuore si ferma per un attimo, dopodiché inizia a picchiare imperterrito.

Cerco di strattonare le braccia ma la stretta si fa ancora più forte, fino a farmi male.

Tento di urlare ma quando apro bocca una mano me la copre facendone uscire solo un verso strozzato.

Credevo fosse solo uno stupido scherzo di qualche amico ma inizio a dimenarmi nel momento in cui una voce bassa, cupa e terrificante mi sussurra un «Sta ferma.» all'orecchio.

Appena sento quelle parole comincio a tremare irrefrenabilmente, sento le gambe farsi di piombo e gli occhi offuscarsi di lacrime, non ho idea a chi appartenga questa voce.

Il panico e la paura si impossessano della mia mente e quasi non mi accorgo che la persona dietro di me ha iniziato a camminare all'indietro trascinandomi fino alla cucina.

I miei talloni strisciano sul parquet mentre inizio a chiedermi se sia meglio cercare di reagire o farmi prendere dalla paura di essere ferita.

Lo sconosciuto si ferma dietro l'isola al centro della cucina, il mio sedere tocca il pavimento ma i miei polsi e la mia bocca sono ancora sigillati in quella fredda presa, tanto che le lacrime ormai gli bagnano la mano.
Sento il suo respiro affannato sul collo.

Cosa vuole da me?

Escludendo poche cose tutti i miei gioielli sono a casa dei miei genitori, non ho più di una centinaia di dollari e niente di molto valore, almeno niente che valga la pena rubare.

Un suono lungo e squillante squarcia il silenzio.
In un primo momento mi guardo intorno disorientata ma quando il suono si ripete capisco che è il campanello.

Chi può essere? Poi ricordo le tremolanti luci blu e rosse e i due in uniforme che giravano di casa in casa.

Sgrano gli occhi e inizio a scuotere le gambe e la braccia cercando di emettere suoni udibili nonostante abbia la bocca coperta, lo sconosciuto stringe la stretta intorno ai polsi ma dopo uno strattone più forte riesco a liberare una mano.

Il mio corpo è pieno di adrenalina che ragiona al mio posto e senza pensarci due volte pieto il braccio indietro colpendolo probabilmente nello stomaco, gli mordo il palmo della mano che quasi subito libera la mia bocca.

Un urlo gutturale è l'unica flebile cosa che riesce ad uscire dalla mia bocca prima prima che le sue braccia mi avvolgano in vita sollevandomi e togliendomi il fiato.

«Hai sentito?» Dice un agente e punta la torcia nell'appartamento attraverso il vetro della porta.

La sua mano è dinuovo sulla mia bocca e non so con quali forze provo ancora a divincolarsi.

Sento che il poliziotto prova ad aprire la porta ma ricordo di averla chiusa a chiave.

«E' chiusa, staranno dormendo Bob»
Dopo qualche secondo di silenzio l'alteo risponde «Hai ragione, andiamo.»

No, no, no.

Provo a fare più rumore possibile per farmi sentire dai due ma all'improvviso una presa su entrambe le spalle mi spinge a terra

Cado, la testa e la schiena sbattono contro il marmo, facendomi mancare nuovamente il respiro.

Boccheggio in cerca di aria quando il proprietario delle mani e della braccia che mi stanno tenendo ferma contro il pavimento mi si posiziona avanti, non lasciandomi alcuna via d'uscita.

La vista mi si offusca e la testa continua a girare, riesco a mettere a fuoco solo due occhi azzurri fissi nei miei prima che il vuoto totale mi avvolga.

Stockholm Syndrome || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora