Le dita del ragazzo che mi era avanti non accennarono neanche a fermarsi.
E ne fui contenta.
Il suo splendido tocco continuava ormai da minuti senza interruzioni da parte mia ne tanto meno sua.
Le sue grandi mani massaggiavano tutto il mio cuoio capelluto, brividi mi percorsero la schiena quando ancora una volta i suoi polpastrelli sfregarono contro la mia nuca.
Da una manciata di secondi ormai il mio capo era abbandonato alla parete contro cui ero poggiata o meglio dire attaccata visto che il suo corpo pressava il mio aderendo perfettamente ma quasi non lo notai fino a quando quella dolce agonia non finì e le sue dita si fermarono.
Ci misi dei secondi per riaprire gli occhi che subito si scontrarono con i suoi leggermente sgranati, il mio petto schiacciato ancor di più dal suo ogni qualvolta respirasse, stranamente ad un ritmo più veloce del normale.
Non persi tempo a ragionare su quello che stava accadendo, uno dei motivi era perché neanche io capivo le sue azioni o addirittura le mie.
Era come se fossero dettate da qualcuno che non fossi io, le mie azioni non rispecchiavano quello che veramente volevo.
Perchè sicuramente avrei voluto allontanarmi da lui, spostare le sue mani dai miei fianchi, il suo copro dal mio ed allontanare il suo volto troppo vicino ma per un motivo a me sconosciuto i miei pensieri non volevano convertirsi in gesti.
Il suo sguardo inchiodó in un secondo il mio labbro inferiore, intrappolato in modo nervoso tra i denti.
Quando non accennó a spostare l'attenzione su qualcos'altro mi mise, per la prima volta avanti a lui, in completo imbarazzo.
Posò il pollice sul mio mento tirando la pelle in modo che potessi liberare il mio labbro leggermente gonfio, lo stesso dito percorse in modo lineare la mia bocca mentre dalla sua leggermente schiusa uscì un leggero sbuffo.
«Vorrei farlo io.» Mormorò piano quelle parole senza senso.
Aggrottai le sopracciglia e con un «Cosa?» appena sussurrato gli chiesi cosa significassero.
«Morderti le labbra, vorrei farlo io.» Disse prima di mettere in atto ciò che aveva appena detto.
In un attimo i suoi denti intrappolarono la mia pelle, tirandola lentamente.
Raccolsi gli ultimi cocci di ragionevolezza e presi coscienza di quel che stava accadendo ma un attimo prima che potessi spingerlo via da me lo fece lui, indietreggiando di qualche passo, cessando ogni contatto tra i nostri corpi.
«Piacerai agli altri, hanno scelto bene.» Dichiaró con voce quasi assente l'ennesima frase senza alcuno senso.
«Chi?» Sussurrai non essendo neanche sicura che mi avesse sentito davvero.
«Vedrai, verranno tra poco.» Disse prima di incamminarsi verso la porta che inseguito chiuse a chiave.
Mi accasciai al pavimento incapace di sopportare ancora tutto quel peso immaginario che sentivo sulle spalle.
Mi pulii convulsamente le labbra con le maniche della felpa che indossavo sentendomi, come ogni volta che ero nelle sue mani, dannatamente sporca.
Mi alzai reggendomi al muro con una mano e mi avviai verso il bagno, anche se ero consapevole del fatto che una doccia non avrebbe tolto la sensazione che avevo addosso.
Feci scivolare gli abiti dal mio corpo ammassandoli in un angolo, aprii l'acqua della doccia affinché diventasse calda e mi posizionai avanti allo specchio.
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Stockholm Syndrome || Luke Hemmings
Fiksi PenggemarResponsabilità, indipendenza e libertà. E' questo che cerca ogni ragazzo dell'età di Allison, ma la differenza è che lei li ha finalmente ottenuti. Avere una casa propria, non doversi preoccupare di nessuno, cos'è meglio? Per i genitori lei è intell...