XII° capitolo

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Quella settimana, avevo dormito altre due volte da Luca. Dormivano abbracciati, io con la testa nell'incavo della sua spalla e con le braccia che gli circondavano il busto, lui con un braccio sotto la mia pancia e le gambe incastrate nelle mie. Era diventata la mia posizione preferita per dormire, lo devo ammettere. Ma quello che ancora non ero pronta ad ammettere agli altri, ma soprattutto a me, é che a Luca tenevo veramente tanto, e non come amico....Avevo provato, dopo la prima notte, a parlarne con Alice, ma lei semplicemente mi aveva detto di provare a passare più tempo con lui e a vedere cosa sarebbe successo... E cosa é successo? Solo più confusione nella mia testa. A scuola ci comportavamo come semplici compagni di classe, fuori da quelle mura però eravamo molto intimi, passavamo pomeriggi a coccolarci e a baciarci, mai oltre però. Ovviamente non potevo lamentarmi, magari per lui ero solo un'amica più amica delle altre, niente di più. Ma comunque, sentivo che questa amicizia cominciava a starmi stretta.

-Lea, suonano al campanello! - sento mia mamma chiamarmi dal bagno, mentre fa la doccia a Tommy.
- Sii, vado iooo - non appena arrivo alla porta mi accorgo di essere con dei vecchi pantaloncini da basket di Niccolò e con la felpa, tre taglie più grandi della mia, della società di pallavolo per cui gioco; per non parlare dei miei capelli raccolti in una crocchia,ma con ciuffi ribelli ovunque. Non sono nella mia condizione migliore, insomma.
E ovviamente, quando apro la porta, mi ritrovo un Luca raggiante, con il borsone da allenamento su una spalla, i capelli all'interno di un berretto piuttosto buffo di lana e le cuffiette nelle orecchie, che appena vede la porta aprirsi si sbriga a toglierle.
- Ma sei ancora così? -
- Buonasera anche a te! - faccio la finta offesa, ma poi mi sporgo subito per donargli un piccolo bacio sulla guancia.
- Di buon umore? - mentre parla sorride alzando gli angoli della bocca, allargando gli occhi facendo notare l'azzurro che li colorano. Inoltre, sotto la luce del lampione fuori casa mia, ho notati piccole lentiggini che contornavano gli occhi ed il naso. Strano, non me ne ero mai accorta.
Come al solito ero lì a fissarlo, e ad arrossire ad ogni suo sguardo, mentre lui probabilmente si chiedeva comemai passassi tutto questo tempo a fissarlo, ma non sembrava dargli fastidio, visto che continuava a sorridere.
- Allora, perché sei già qua? - interruppi quel momento di silenzio per non arrossire ancora molto, ma veramente mi chiedevo perché era già a casa mia alle 18.30 quando ci allenavamo alle 20.
- Ti sei dimenticata? Oggi ci alleniamo alle 19 entrambi, l'ha detto Francesco - il mio allenatore, nonché il suo secondo - alla fine della scorso allenamento. Ecco perché sono già qua... - ma si può essere così stupida? Come ho fatto a dimenticarmi? Ora mancano solo 30 minuti, ce ne mettiamo 10 ad arrivare e io devo ancora cambiarmi. Che stupida!!
- Oddio, mi sono scordata! Guarda come sono ancora! Devo cambiarmi, prepare il borsone, farmi lo zaino per domani...oddio Luca, sono un disastro! - stavo parlando con una velocità spaventosa e mancava poco che farneticassi. Non é una mia colpa, ma quando sono in ansia comincio a parlare velocissimo e a gesticolare come una donna in menopausa! Sono veramente un disastro...
- Dai Lea, non fare così! - scuoteva la testa divertito, cosa che mi infastidisce, e non poco.
- Non c'è niente di divertente scemo, odio arrivare in ritardo, avresti dovuto impararlo ormai. - mentre dicevo questo gli stavo dando la spalle, perché stavo correndo in camera per cambiarmi.
Mi ero cambiata con una velocità impressionate, avevo fatto la cartella, riempito il borsone e ora mi stavo facendo una lunga treccia per allenamento. Ero davanti allo specchio in camera, quando ho notato la porta aprirsi e Luca entrare.
Appoggiato allo stipite della porta, osservava ogni mio movimento, ed io, per non perdere tempo, avevo finto di non averlo visto. Io c'avevo provato, ma le mie guance, come al solito, non erano d'accordo. Sono sicura che Luca se ne fosse accorto, ma da bravo ragazzo che era, a volte, avevo finto di non essersene accorto, facendomi continuare il mio lavoro.
- Pronta panchinara? - era sempre appoggiato alla porta, e Signore Gesù, sembrava un dio greco.
- Panchinara lo dici alle altre ragazze. - continuavamo con queste piccole prese in giro da quando ci eravamo conosciuti, e a me non dispiaceva.
- Uhhh, la verità brucia...ahiaaa! - gli avevo tirato la spazzola, e per mia fortuna lo aveva colpito proprio in testa.
- Ora passiamo andare. - dopo aver preso il borsone e la giacca, gli passo davanti con aria di sfida a testa alta, senza imbarazzo o preoccupazioni. É bello sentirsi così!

Ci siamo entrambi cambiati e siamo entrati in palestra solo con cinque minuti di ritardo, cosa che non mi é piaciuta, ma poteva andare molto peggio. Stranamente, quando siamo arrivati, il telone che divide la nostra enorme palestra in due campi era alzata.
- Finalmente capitani! Ci stavamo preoccupando... Comunque, vi abbiamo aspettando perché oggi, visto che ci alleniamo prima del dovuto, e visto che manca l'allenatore della maschile, ho pensato di fare una piccola amichevole ragazze contro ragazzi? Che ne dite? - era Francesco a parlare.
Ecco, ci mancava solo questa!

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