11 Ottobre
Quando Mia riprese l'autobus fino ad Ashton, Lainey la stava aspettando. La scorse non appena il bus svoltò nella stazione di servizio: stava gironzolando fuori dal negozio di fiori. Poi, quando Mia si incamminò verso il mercato coperto, la vide ferma nello stesso posto dell'altra volta. Indossava un maglione rosso, fatto a mano, tipo quelli che si vedono alle vendite di beneficenza, e un paio di pantaloni fuori moda. Mia la salutò con la mano.
- Sei in ritardo. Di una settimana.
- Mi dispiace. Ma non ti ho mai promesso che sarei tornata. Non posso venire tutti i gironi. E tu, dove abiti?
Lainey alzò le spalle. - A casa mia.
- Non ci vai mai a scuola?
Lainey la guardò male. - E piantala di fare domande .
- D'accordo. Scusa. Hai fame? Pensavo ... be' ... fa freddo. Potremmo entrare nel bar.
- Se vuoi.
- Pago io. Mio padre oggi mi ha dato dei soldi. Si appollaiarono sugli alti sgabelli del caffè del mercato. Mia ordinò due cioccolate calde e un panino alla pancetta per Lainey. Sembrava ancora più piccola, con le gambe che penzolavano nel vuoto. Non avrebbe dovuto andarsene in giro da sola per le strade in quel modo. Non era prudente. Da vicino, però, il suo viso le parve più vecchio di quanto non lo ricordasse.
- Quanti anni hai, Lainey? - Ma si ricordò del rimprovero sulle domande. - Scusa.
- Tocca a me.
- Okay.
- Quando avrai il bambino?
- Oh. - La voce di Mia uscì debole e spaventata. - Io ... non lo avrò.
- Perché no?
Mia seppellì il viso dietro i capelli. - Non posso - rispose.
- E perché no?
Mia rimase in silenzio.
- Ma sei stata tu a dirmi che avresti avuto un bambino. E adesso perché non puoi averlo? - Lainey era insistente. - E dove andrà a finire? Hai intenzione di buttarlo?
- Si va all'ospedale. E loro te lo portano via.
Lainey parve confusa. - E dove?
- Ma non sei capace di stare zitta?
Lainey ci riuscì solo per qualche minuto. Faceva dondolare le gambe contro lo sgabello di legno e canticchiava a bocca chiusa. Poi ricominciò - E il bambino non sarà triste?
- Non è ancora un bambino. È soltanto una specie di grossa goccia. Non sente niente.
- Come fai a saperlo?
- Sta' zitta! - sbottò Mia.
Sorseggiò la cioccolata calda. Era dolce e la fece sentire meglio.
Rimasero lì, sedute l'una accanto all'altra in silenzio per un po'. Lainey si chinò sopra il bancone, i capelli biondi scomposti sopra le braccia. Alla fine alzò di nuovo la testa per guardare Mia.
- Il mio bambino è malato - disse. - La prossima volta lo porto, così te lo faccio vedere.
- Non puoi farlo, Lainey. Non da sola.
- Perché no?
- Non sei abbastanza grande. E comunque, non è il tuo bambino.
Dopo questa affermazione Lainey non parlò più. Non bevve più la cioccolata calda e non mangiò più il panino alla pancetta. Alla fine se li prese tutti e due Mia. Stava morendo di fame. Guardò Lainey scivolare giù dallo sgabello, allontanarsi e sostare davanti alla bancarella della bigiotteria, dove una donna stava provando un paio di orecchini. La chiamò.
- Lainey? Devo andare in bagno. Aspettami qui. Non ci metterò molto.
MA quando tornò indietro, Lainey era sparita. Mia la cercò un po' in giro per la città. Salì sul ponte e imboccò il sentiero che costeggiava il fiume, poi tornò al mercato coperto e sulla via principale, ma di Lainey non c'era traccia. Aveva incominciato a piovere e le gocce di acqua gelida che scendevano di traverso oltrepassavano la sua giacca sottile e le bagnavano i capelli. Doveva ancora fare la spesa.
Fino a settembre era stato compito di Kate. A lei piaceva cucinare; a Mia no. quella mattina, prima di uscire per andare al lavoro, papà aveva aperto il frigorifero e gli armadietti della cucina dando istruzioni a Mia, che sedeva al tavolo a fare la nota. - Pasta, piselli cotti, pancetta uova, pane integrale, biscotti, formaggio, patate ... - E Mia aveva aggiunto arance, pompelmi, prugne, ribes, cioccolata. Alla fine si erano resi conto che la lista era troppo lunga e suo padre aveva deciso che sarebbe andato lui in macchina al supermarket, dopo il lavoro, ma aveva dato a Mia venti sterline per comprare un po' di frutta, verdura e del pane. Era diventato più generoso. Ed anche più gentile con lei. La trattava come se fosse di vetro. A cena aveva persino provato a raccontarle com'era la mamma quando aspettava Mia. - Stava da cani. E non soltanto al mattino. Era esausta. Non riusciva a badare alle tue sorelle. Né a cucinare o a fare la spesa. Niente di niente.
- Sta' zitto, papà.
Lui aveva fatto una faccia offesa. Che stupido. Possibile che non capisse un accidenti di niente?
Mangiò il resto della cena senza parlare, se non per chiederle di passargli le cose che voleva. Pepe. Ketchup. A Mia non piaceva affatto sentirlo parlare così della mamma. La faceva soltanto stare peggio. Come se sua madre non l'avesse voluta nemmeno allora, prima che lei nascesse. Ma forse era stato lui. O magari tutti e due. Lei doveva essere arrivata per sbaglio. Doveva essere stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso e, sei anni dopo, la mamma aveva deciso di andarsene.
Mia si fermò per un istante sull'acciottolato umido. Istintivamente, si portò le mani sulla pancia, come a proteggerla. "Mi dispiace." Non lo disse a voce alta ma dentro la sua testa, e furono le prime parole che rivolse a quella goccia che cresceva piano piano dentro di lei. "Mi dispiace, fagiolino." Era così, che se lo immaginava. Un piccolo fagiolo rannicchiato in un baccello rivestito di seta. Come i grossi piselli che papà seminava quando lei era piccola. Giganteschi baccelli verdi che spuntavano da un gambo diritto. I fiori somigliavano a falene bianche e nere. Una volta aperto il baccello, ci trovavi dentro una fila di piselli verde brillante, accoccolati al calduccio contro la parete bianca ricoperta di sottile peluria. E poi li facevi saltare fuori.
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Un' estate, una vita Julia Green
عاطفيةNon c'era niente da fare a Whitecross. Non c'era niente di niente laggiù, tranne un centro commerciale e un pugno di case sparse, un benzinaio, una rivendita di alcolici, un negozio di alimentari. La scuola elementare aveva chiuso due anni prima. I...