Capitolo 6.

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Quel sogno mi tormentava. Ormai era una persecuzione, c'ero sempre io e quest'uomo a me sconosciuto, perché in realtà non sapevo davvero chi fosse, quando feci la prima notte il sogno avevo circa 10 anni, mi svegliai nel cuore della notte sudata e impaurita ma non lo dissi a nessuno, inizialmente pensai che il mio desiderio inconscio di avere un padre avesse creato quelle immagini, desideravo così tanto che lui mi amasse che gli avevo dato un volto, con il passare degli anni e dei sogni però la cosa non mi convinceva, i sogni erano troppo chiari, impressi nella mia mente come un ricordo. Avevo chiesto spesso a mia madre ma ogni volta che chiedevo di lui lei cambiava discorso oppure ripeteva la solita frase "è andato via prima che nascessi", un giorno ero addirittura andata a cercare nelle foto, album di famiglia, magari avevo visto li quel uomo ma nulla, il mio inconscio giocava brutti scherzi. Ripensai al sogno a mia madre che mi portava via da lui con rabbia, come potevo giustificarlo? Forse perché lei lo odiava? Avrei dovuto odiarlo? Come si odia qualcuno che non conosci? Dovrei odiarlo. Non ci riesco. Ho sperato per anni che lui non mi avesse abbandonata, che un giorno sarebbe tornato a salvarmi, a salvarmi da lei e da me stessa. Quando ero piccola ero solita prepararmi, mettermi in ghingheri, stavo ore seduta sul letto in attesa, sperando che da un momento al altro lui sarebbe arrivato e mi avrebbe portata via con se. Quel giorno non è mai arrivato e più i giorni passavano e io crescevo più mi abituavo alla triste realtà, lui mi aveva lasciata sul serio e la consapevolezza di ciò mi aveva resa quella che sono. Nessuno mi avrebbe mai più lasciata,nessuno mi avrebbe mai più abbandonata perché non avrei lasciato che nessuno oltrepassasse il muro che avevo creato, nessuno mi avrebbe ferita. Avevo spento le mie emozioni per sempre. L'unico che aveva scalfito un po quel muro era Dan, ma lui non aveva buttato giù il muro, non sapeva niente di me, del mio passato,ma era quello che volevo. Io non so chi sono, vorrei scoprirlo ma questo mi spaventa. Chi sono? Cosa sono? Perché è andato via?

Sono così immersa nei miei pensieri che mi estraneo dal mondo intero, non mi rendo conto di nulla fino a quando qualcuno non si mette seduto di fronte a me, lo sento sprofondare sulla panca morbida e alzo lo sguardo, mai mi sarei aspettata di vederlo, i miei occhi sono intrappolati dai suoi, sono verdi, di un verde intenso,rossi e lucidi, i capelli biondo scuro gli ricadono disordinati sul viso, deve essersi svegliato da poco. Lo fisso  perplessa e ricordo il nostro ultimo scambio di parole, probabilmente percepisce il mio disagio e mi sorride mostrando le sue meravigliose fossette, porto lo sguardo oltre di lui, occhi di ghiaccio è scomparso, avrei preferito uno scontro con quel bastardo piuttosto che parlare con Lucas.
" pensavo avessi detto che non volevi più parlarmi " dico acidamente mentre lo  guardo  negli occhi, sorrise, un sorriso stanco, " ci avevo pensato" fa una pausa e poi sorride divertito " scherzavo" aggiunge poi ridendo.
" non credo, ci hai pensato sul serio" dissi decisa, ricordo le sue parole e il suo sguardo, so per certo che diceva sul serio. " Mai" sussurra' "non ti credo" ribatto secca, " come potrei?" Mi chiede guardandomi "come potrei cosa?" Chiedo corrugando la fronte, le sue parole mi stanno mandando in confusione, ma devo ricordarmi che solo poche ore prima baciava Beth, la sua fidanzata. " come potrei non parlarti più?" Dice serio,dimentico tutto e mi ritrovo a balbettare uno stupido "perché?" Sorride divertito fissandomi, " come potrei non parlare a una persona di vitale importanza per me?" Dice divertito, in quel momento volevo schiaffeggiarlo o alzarmi e andare via,ma il mio corpo non vuole muoversi, così rimango in silenzio, mi fissa cercando di decifrare la mia espressione, tentativo fallito, idiota.
" scherzavo, ancora." Accenna un sorriso, ma io continuo a fissarlo in malo modo,  volevo tanto dargli un pugno in faccia, si sta prendendo gioco di me, idiota al quadrato.
L'unica cosa che mi ferma dal colpirlo è la presenza accanto a me, la sua spalla mi tocca e il suo braccio mi avvolge le spalle, solitamente mi sarei allontana immediatamente, ma l'odore di Dan è inconfondibile, come il suo tocco e la sua presenza, lui è l'unico che può avvicinarsi a me in questo modo. Mi volto verso di lui che mi rivolge un gran sorriso e poi mi lascia un leggero bacio sulla fronte.
"Potevi svegliarmi" sussurra guardandomi, poi si volta verso Lucas , " allora amici che si dice?" Chiede ad entrambi anche se in realtà è rivolto al suo migliore amico, perché ovviamente loro due sono migliori amici, si erano conosciuti al asilo e da lì non si erano più separati. Probabilmente vuole sapere della festa, per colpa mia è dovuto andare via presto, resto in silenzio cercando di mantenere lontano il senso di colpa.
"Tutto regolare" annuncia lui, si passa una mano fra i capelli e li scompiglia ancora di più, fece un leggero sbadiglio e poi gli sorrise. E di nuovo eccomi mi sto estraniando dal mondo, non ho voglia di sentir parlare nessuno, tantomeno lui, non ho voglia di sentire il suo racconto sulla festa, di come si sia divertito con Beth, né di come un tizio, non ho sentito il nome, abbia vomitato addosso a qualcuno creando un caos generale nella casa e un litigo finito male, ma alla fine lo sto ascoltando, cazzo.  Ritorno a concentrarmi sui miei pensieri, anche se non voglio pensare al sogno, sono troppo stanca, vorrei solo sapere chi è lui, chi è mio padre, sapere il suo nome, capire perché è andato via, sapere cosa fa, dove vive, vorrei solo conoscerlo.
"Lil " la voce di Dan mi riporta alla realtà,  mi guarda perplesso, accennò un sorriso "si?" Chiedo guardandolo, noto che si é un po allontanato da me, non me ne sono resa conto " ti sto chiamando da 5 minuti, tutto bene?" Sembra preoccupato, preoccupato per me, ha gli occhi stanchi, stanchi per colpa mia, quante volte questo ragazzo dovrà rimediare ai miei disastri? Sono egoista, lo so. Ma non posso lasciar andare l'unica persona che si prende cura di me. "Scusa, ero distratta" sussurro facendo un sorriso, lui annuisce e poi si alza lentamente, mi guarda sorridendo " vado a prendere un caffè, torno subito" mi dice indicando il bancone, annuisco guardandolo e lo vedo allontanarsi velocemente.
"Io e te dobbiamo parlare" la voce di Lucas è calma, mi fissa intensamente aspettando una mia risposta. Parlare? Io e lui? Di cosa? Non voglio.
" non abbiamo nulla da dirci." Rispondo acida, distolgo lo sguardo e fissò il tavolo, " non è così!" Dice questa volta noto qualcosa di diverso nel suo tono di voce, rabbia?ansia? Preoccupazione? Paura. È paura. Resto in silenzio finché non mi prende la mano appoggiata sul tavolo, la stringe con forza, come se volesse aggrapparsi a me per non cadere, alzò lo sguardo, i miei occhi sono intrappolati dai suoi, ancora, dannazione. Quello scambio di sguardi significa tanto, più di mille parole, ma non posso permettergli di prendersi gioco di me, sposto la sua mano dalla mia con rabbia " io non ho niente da dirti e non voglio ascoltarti" annuncio guardandolo negli occhi, lui mi fissa è deluso e amareggiato, sta per dire qualcosa, capisco dal suo sguardo deciso che qualunque cosa dirà crollerò , non posso permetterlo, stringo i pugni aspetto che le parole escano dalle sue labbra.
" Lil andiamo" salvata ancora una volta da Dan, chissà cosa farei senza di lui, mi alzo senza guardare Lucas e mi avvio al uscita, Dan mi segue dopo aver lanciato uno strano sguardo al amico. Usciti dal bar Dan mi stringe la vita e mi da un dolce bacio sulla fronte, senza rendermene conto lo sto abbracciando, mi stringe forte a se e appoggio la testa nel incavo del suo collo, sento lo stomaco andare in pappa e uno strano calore invadere il mio corpo, ho un leggero brivido e sorrido, si scosta leggermente da me e senza dire una parola si avvia alla macchina trascinandomi con lui.
Dan mi lascia avanti casa dicendo che sarebbe tornato in serata a prendermi.
Entro in casa e mi rendo conto che è deserta, bingo a casa da sola, è un normalissimo venerdì e anche se io non ho corsi tutti gli altri sono a scuola o a lavoro,per una volta sono fortunata, salgo in camera mia, lancio le scarpe distrattamente nella stanza, tolgo gli occhiali e slegai la camicia che ho legato in vita, tolsi il top e la gonna e legai i capelli in una crocchia disordinata,mi avvio al bagno e apro il rubinetto della vasca, dopo un po mi rendo conto di aver finito il bagnoschiuma, indosso una maglietta per precauzione e mi avvio nella camera di mia madre, da qualche parte deve avere il mio bagnoschiuma alla vaniglia,lo trovo appoggiato sul mobiletto in bagno, lo prendo e mi avvio fuori dalla stanza, qualcosa più forte di me mi fa bloccare, senza rendermene conto sto frugando fra le cose di mia madre, non so cosa sto cercando, ma sono disperata. Quando ormai ho perso le speranze un foglio nascosto sotto alcune lenzuola cattura la mia attenzione, sopra vi è la mia data di nascita, "bingo" esclamo tra me e me.  Senza pensarci mi ritrovo nella mia stanza, chiudo la porta a chiave e guardo il foglio,anzi i fogli, sono due, le mie mani tremano, mi concentro e iniziao a leggere.
" 2 luglio 1995" la mia data di nascita.
"Lily Amelie Galler"
"Sophie Morgan"
"Jhonathan Galler"
Il foglio trema come tutto il mio corpo, non solo conosco il nome di mio padre ma su quel foglio c'è la sua firma, lui mi ha riconosciuta, che vuol dire? Giro il foglio.
Quello che leggo mi fa rabbrividire, la maggior parte di ciò che vi è scritto mi risulta incomprensibile ma riesco a comprendere le parti essenziali.
"La signora Morgan vince la causa" vi è scritto seguito da " Jhonathan Galler rinuncia quindi alla patria podestà della figlia" il discorso continua con parole senza senso per me, che richiamano un articolo di una legge che non capisco, continuo a leggere.
" Lily Morgan" 03/03/99
Ciò è seguito da alcune frasi che mi fanno capire che quel giorno hanno cambiato il mio nome, quindi mio padre non mi ha abbandonato prima che nascessi, mi aha tenuta e amata e poi? Perché ha rinunciato così a me? Forse conoscendomi non gli ero piaciuta? Perché lo aveva fatto? Che avevo fatto di così orribile? Continuo a leggere sempre le stesse cose, le impregno bene nella mente. Mi alzo meccanicamente da terra e senza rendermene conto mi avvio alla scrivania, accendo il portatile e digito il suo nome su Google sperando di essere fortunata.
Jhonathan Galler, mio padre.
Suonava strano.
Lily Galler, io.
Forse ora avrei capito davvero chi ero.
La foto del uomo non mi colpisce per niente, lo stesso uomo del sogno, magari un po più vecchio. Gli occhi sono verdi, lo stesso colore dei miei, anche le labbra e il naso sono simili, cambia solo il colore dei capelli, un nero scuro.
Sorrido, mio padre, quello è mio padre, finalmente l'ho trovato.
Avrei fatto tutto da sola in qualche modo, non avrei detto nulla a mia madre, lei mi fa troppa paura, già ho paura di lei, eppure non si deve avere paura di un genitore, di una madre, ma io ne ho. Sono Sempre stata la figlia non voluta, non desiderata, spesso mi guarda con disprezzo, con odio non ho mai capito la realtà, ho sempre pensato che mi odiasse, perché lui l'ha abbandonata per colpa mia o perché magari non sono perfetta come lei vuole, ora la realtà è  chiara, ogni volta che vede me, vede lui, questo la distrugge. Tutto l'odio che ho provato nei suoi confronti sparisce al improvviso, provo pena e un forte senso di colpa. La vibrazione del cellulare mi porta alla realtà, leggo il messaggio distrattamente "dobbiamo parlare" C' è scritto, leggo il mittente anche se già lo conosco Lucas, senza pensarci due volte invio la mia posizione, non posso negarlo a nessuno, tantomeno a me stessa, ho bisogno di lui. Mi accascio sul letto attendendo una sua risposta o il suo arrivo.
15 minuti dopo il campanello stava suonando.

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