Capitolo 7.

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Lucas POV.

Picchiettai nervosamente le dita sullo schermo del cellulare, le avevo davvero scritto, diavolo. E se non mi avesse risposto? Se mi avesse ignorato ancora? Non poteva. Non lo avrei tollerato. Non avrei dovuto scriverle ma il suo viso quella mattina, c'era qualcosa di strano, qualcosa che non andava in lei. Stava male, non aveva prestato per niente attenzione a ciò che io e il mio migliore amico avevamo detto, eppure era sempre pronta a fare battutine acide, la sua espressione persa nel vuoto mi aveva fatto così preoccupare che quando ero tornato a casa, da solo, non ero riuscito a trattenermi e le avevo scritto. La luce dello schermo del cellulare mi riportò alla realtà, pregai fosse lei. Una posizione. Nient'altro. Mi stava dicendo dove si trovava. Voleva che andassi? Cazzo si che lo voleva. E io? Io volevo vederla, desideravo vederla più di ogni altra cosa. Sapevo che era sbagliato ma lo volevo.
Indossai una maglietta bianca e un paio di jeans, scesi le scale e mi fiondai in macchina, inserì la posizione nel navigatore e parti a tutta velocità, non conoscevo quel luogo e non sapevo neanche cosa mi sarei ritrovato d'avanti ma non mi importava. Mi fermai avanti un super market, comprai del rum, il suo preferito, magari l'avrebbe addolcita mi dissi.
Dopo 5 minuti mi ritrovai avanti una villa gigantesca, controllai un paio di volte se ero davvero nel posto giusto, parcheggiai la macchina e mi incamminai nel vialetto, titubante bussai alla grande porta, sperai per la sua incolumità che non mi avesse giocato un brutto scherzo o questa volta me l'avrebbe pagata.
La porta si aprì dopo poco, la sua chioma rossa sbucò qualche secondo più tardi, aveva i capelli scompigliati, qualcosa non andava. Mi soffermai sul suo viso, già qualcosa non andava, i suoi grandi occhi verdi erano arrossati, aveva pianto, lo confermava il mascara che le era colato sul viso e le aveva lasciato alcune strisce nere, il suo volto era pallido, più pallido del solito, doveva essersi morsa più volte il labbro perché le sanguinava, in quel momento avrei voluto baciarla, scacciare via la sua espressione triste ma non lo feci. Il suo corpo era rigido, aveva le mani strette in dei pugni, in quel momento notai che indossava una misera canotta bianca che non la copriva per niente, immediatamente ebbi dei pensieri peccaminosi su di lei, non avrei dovuto ma era così, cercai di mandare via quei maledetti pensieri e ritornai a guardarla negli occhi. Non ero pratico di quelle situazioni, non sapevo proprio cosa fare, cosa dirle per farla stare bene, alzai la bottiglia in modo che lei la notasse, fece un debole sorriso e la afferrò dalla mia mano, si incamminò verso le scale facendomi cenno di seguirla. Chiusi la porta alle mie spalle, la casa era enorme e bellissima, non mi aspettavo che lei vivesse in un posto così, non era da lei, in un certo senso la sua figura stonava con l'intera casa. Non fraintendetemi lei è meravigliosa, ma niente di quella casa la rispecchia. La seguii per le scale e poi entrai con lei in una stanza, doveva essere la sua, ne fui certo quando vi entrai, era totalmente diversa dal resto della casa, era perfetta e strana ,come lei del resto. Notai le sue scarpe buttate sul pavimento, vestiti e varie cianfrusaglie buttate ovunque, sembrava fosse passato un uragano, in realtà era lei l'uragano. La senti chiudere la porta della stanza a chiave ed ebbi un deja-vu, questa volta però era stata lei a chiuderla e non io. Avevo finto di non ricordare nulla, lei aveva fatto altrettanto forse perché per lei era stato un errore o forse perché lo aveva davvero dimenticato. Mi voltai verso di lei, aveva tolto il tappo alla bottiglia e stava facendo sorsi lunghi e decisi, si avvicinò a me passandomela e feci un paio di sorsi prima di restituirgliela, sembrava nervosa e triste e io mi sentivo inutile.Non avevo idea di cosa le fosse successo, non parlava molto di se, in realtà non sapevo quasi nulla della sua vita, probabilmente dietro quel sorriso e le sue solite frasi acide si celava qualcosa di profondamente triste e orribile. Mi toccó la spalla distogliendomi dai miei pensieri, la guardai e vidi che in mano aveva una canna, probabilmente l'aveva fatta mentre ero immerso nei miei pensieri, me la porse facendo cenno di accenderla e si avviò ad aprire la finestra. Accesi la canna e feci un paio di tiri poi mi accomodai sulla sedia accanto la scrivania, lei mi guardò e si sedette sul bordo del letto continuando a fare lunghi sorsi dalla bottiglia quasi finita, le porsi la canna, la prese immediatamente e fece un tiro,mi passò la bottiglia e feci un ultimo sorso,poi la appoggiai a terra e mi limitai a fissarla. Dopo aver finito la prima canna mi chiese di farne un'altra, annuì mentre si alzava e si avvicinava al comodino accanto al letto, apri il cassetto e dopo averci frugato un po' prese una fiaschetta e cominciò a berne il liquido, per un secondo pensai di fermarla, sapevo cosa aveva intenzione di fare, voleva dimenticare qualcosa, qualunque cosa le fosse successo voleva dimenticarla, avrei dovuto fermarla ma sapevo dalla sua espressione che non me lo avrebbe permesso, mi limitai a starle accanto cercando di restare il più lucido possibile. Un paio di ore dopo eravamo stesi sul pavimento uno accanto a l'altra, mi voltai a fissarla mentre faceva l'ultimo tiro di canna e buttava la cicca nel posacenere ormai stracolmo, avevo perso il conto, non ricordavo quanto avesse bevuto o fumato, ma sapevo che ormai aveva perso il controllo, io sentivo la testa leggera ma ero vigile.
Si voltò verso di me facendo un debole sorriso, mi misi su un fianco per fissarla meglio, gli occhi erano rossi e inespressivi, la canotta si era alzata leggermente, intravedevo le mutandine bianche di pizzo, fissai le sue lunghe gambe, erano bianche e perfette, riportai lo sguardo sul suo viso sperando che non si fosse accorta di nulla, nonostante le labbra gonfie, il trucco colato e gli occhi rossi sembrava una bambola di porcellana. Dopo minuti che sembrarono ore iniziò a parlare, la sua voce tremava e le era difficile trovare le parole, probabilmente ora era abbastanza ubriaca e fatta da potermi raccontare cosa l'aveva ridotta in quello stato.
" mio padre" biascicò con la voce rotta, si morse il labbro inferiore che le tremava e io le feci cenno di continuare, mi guardò intensamente e poi riprese a parlare, " ho sempre pensato che mio padre mi avesse abbandonata prima che nascessi, mia madre non mi ha mai parlato di lui, fin da piccola ho fatto sempre sogni strani, incubi." Si fermò per qualche secondo guardandomi, non sapevo cosa dirle, non sapevo dei suoi incubi, la cosa mi rattristo molto, avrei voluto aiutarla, se solo avessi saputo, il mio corpo si mosse senza che me ne rendessi conto, le accarezzai la guancia catturando una lacrima che le stava scivolando sul viso. " ho sempre pensato che quei sogni fossero frutto della mia immaginazione ma..." Si fermò per un secondo fissandomi e facendo un debole sorriso " oggi ho trovato delle carte, ho scoperto il nome di mio padre, c'era scritto che alla mia nascita lui era presente, che mi aveva riconosciuta, non so cosa sia successo dopo, so solo che ha rinunciato a me ed è andato via, voglio sapere perché " il suo tono di voce era triste, sospiró debolmente e mi passò delle carte, lessi tutto velocemente e rimasi in silenzio, cosa potevo dirle? Non sapevo davvero cosa fare, posai i fogli accanto a lei e la guardai, " Jhonathan Galler, voglio conoscerlo" sussurro guardandomi, era triste ma percepii una nota di sicurezza nella sua voce. Non sapevo cosa dire né cosa fare, mi sentivo inutile, perché non potevo essere bravo come Dan? Perché non potevo farla sorridere? Sentii la testa farsi più leggera, gli effetti del fumo e del alcool si stavano facendo sentire, sentii il mio corpo muoversi ma non mi resi conto di ciò che stavo facendo finché i miei occhi non incrociarono i suoi, mi guardò un po confusa ma non si mosse. Ero  sopra di lei sul pavimento, avevo appoggiato i gomiti ai lati della sua testa per non schiacciarla con il mio peso, i nostri corpi aderivano perfettamente, la sentii gemere e si morse il labbro, la volevo, volevo che fosse mia. Le mie labbra furono sulle sue, le premetti con forza, aprii la sua bocca e cercai la sua lingua, la intrecciai alla mia e poi la accarezzai lentamente, le morsi il labbro inferiore e lei fece un sussulto, tornai alle sue labbra, con una mano si aggrappava al mio braccio,mentre con l'altra mi tirava i capelli cercando di far aderire ancora di più i nostri corpi. Mi staccai per un secondo da lei e la osservai, aveva le labbra rosse e gonfie, questa volta per i baci. Mi appoggiai sulle gambe aprendole e stringendo le sue fra le mie, le sfilai quella maledetta canotta e la ammirai, indossava un reggiseno bianco in pizzo, lei era totalmente perfetta mentre mi fissava, non riuscivo a capire la sua espressione, non so cosa vuole, so cosa voglio io però. Ritornai a baciarla con foga, le lasciai leggeri baci sul collo e poi scesi lentamente baciandole i seni e infine la pancia, la sentii gemere quando arrivai a baciarle l'ombelico, mi sfilo la maglietta e sentii le sue mani fredde che mi accarezzavano le braccia, la schiena,il petto, andai in estasi. Alzai lo sguardo e i miei occhi si persero nei suoi, vidi  in lei tutto ciò che volevo in quel momento, cazzo. La vibrazione del cellulare mi riportó alla realtà, inizialmente pensai di lasciar perdere ma poi mi spostai da lei e lo presi dalla tasca posteriore dei jeans, un messaggio, Beth. Alzai lo sguardo e i miei occhi si incontrano con quelli di Lily, mi fisso confusa, cosa stavo facendo? Mi alzai di colpo, la testa mi girava leggermente, indossai la maglietta e mi passai una mano fra i capelli scompigliandoli leggermente, la osservai ,mi fissava con odio, si raggomitolò su se stessa infilando la canotta, non c'era bisogno di parlare  perché sapeva benissimo cosa era successo, mi avvicinai lentamente e lei indietreggio strisciando sul pavimento, le sue spalle incontrano il muro e si fermo stringendo le ginocchia al petto, stava per piangere, ancora e questa volta la colpa sarebbe stata solo mia, non avrei dovuto farlo, sono un fottuto idiota. Mi misi avanti a lei e mi abbassai, stava fissando il pavimento, le alzai il mento con la mano e lei mi fissò , i suoi occhi erano  lucidi e inespressivi, il mio corpo si mosse meccanicamente e le lasciai un dolce bacio sulle labbra, lei non si mosse  ma quando mi staccai riprese a guardare il pavimento, mi avviai alla porta e la apri, prima di uscire sussurrai  le uniche parole che mi vennero in mente. " mi dispiace" non so se lo abbia sentito, rimase ferma, immobile senza dire nulla, uscii dalla porta e sospirai. Quando entrai in macchina diedi un pugno al finestrino e poi appoggiai la testa sul volante sbuffando, sono un fottuto idiota.

*spazio autrice*
Ehilà! Vi ringrazio per i commenti che mi spronano ad andare avanti, questo capitolo è interamente basato su Lily e Lucas, ho pensato di farlo narrare da Lucas così avreste capito qualcosa in più, so che lo odiate e che probabilmente a fine capitolo lo odierete ancora di più, fatemi sapere cosa ne pensate. Nella foto sopra vi presento Lucas.

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