capitolo 1

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Quella mattina ricordo di essermi svegliato stranamente in orario,mi ero svegliato alle 6:30,così decisi di farmi una doccia per poi farmi una sigaretta. Oramai erano tre anni che fumavo, e avevo preso il vizio. Ricordo,il primo tiro, non volevo farlo, ma avevo dodici anni, e se volevo stare con i grandi,dovevo comportarmi da grande. Così imparai a fare i cerchi, e poi a aspirare, poi partirono i primi sorsi di Vodka,le prime cartine e ora, eccomi qui. con le mie Adidas consumate e il mio cappello della Obey, con il mio viso pallido e con le mie occhiaie sotto gli occhi. Eccomi qui in  fermata. Ad aspettare il pullman. Erano le 7:10 e stranamente ero in anticipo. presi dallo zaino le mie Winston blu da dieci e accesi la prima sigaretta della giornata. I nervi si rilassarono, i mille pensieri scomparivano. Il mondo si confondeva nella grande nube di fumo. Ero fermamente convinto che le sigarette fossero il miglior buongiorno di sempre,prima del caffè,prima del cornetto caldo, prima di tutto. C'erano le sigarette. Il pullman arrivò stranamente in orario. Buttai il mozzicone a terra e salii sul veicolo. Mi sedetti al mio posto, vicino alla porta di dietro e accesi il mio iPod.  Dopo cinque minuti salirono 

sull'autobus tutti i miei amici,se si possono definire "amici". Mi salutavano per la strada solo perchè uscivo con quelli del quinto, mi taggavano nelle loro foto solo per essere contattati  dalle diciassettenni, mi contattavano su WhatsApp per conoscere qualche ragazza,per avere qualche cartina in più. Ero circondato da persone che mi giudicavano solo dalle scarpe che avevo,da cosa indossavo,da cosa fumavo;non erano interessati alla mia persona. Non gli sarebbe mai stata utile.Ma questo, a chi importa.

Dopo circa un'ora di viaggio arrivai alla stazione,lì  trovai il mio migliore amico, Marco. Io e Marco eravamo amici dai tempi dell'asilo e alle medie avevamo fondato una band. Io suonavo la batteria, lui la chitarra e altri due nostri amici, Carlo e Bruno fungevano rispettivamente da bassista e cantante.

dopo il solito rito di saluto Marco disse:

"Abbiamo un problema. Si tratta della band"

"Cosa è successo ora?" dissi sbruffando.

"Bruno. Va via. Si trasferisce a Milano con sua madre. Dobbiamo cercare un altro cantante"

A quel punto il mondo mi cadde addosso. La giornata era iniziata così bene. Erano le 7:50 . Era troppo presto per ragionare. Ma dovevamo trovare un'idea.

"Dobbiamo fare un annuncio sul  blog. Faremo delle audizioni. Poi sceglieremo il giorno,il luogo e l'orario. Fra poco devo prendere l'autobus. Ci sentiamo."

E senza salutare presi il primo pullman per Via Mancini. 

Marco andava a un'Istituto Tecnico vicino a Piazza Macello, mentre io ero costretto a frequentare il Liceo Scientifico Mancini, beh a scuola non andavo poi così male,avevo tutte sufficienze e non ero mai stato rimandato. In  fin dei conti ero figlio a una dottoressa e a un pilota, non potevo permettermi il lusso di avere brutti voti. Così mi dicevano. Erano troppo impegnati a elogiare il mio lato buono senza neanche conoscere l'esistenza di quello negativo. Quando entrai nell'edificio mi diressi direttamente in aula, la notizia di Bruno mi aveva sconvolto; i suoi erano separati da un pezzo e sapevo che un giorno sarebbe andata a finire così. Ma non l'avevo mai accettato. Forse perchè a lui ci tenevo troppo.

Dopo estenuanti ore di lezione,potei ritornare nel mio mondo. io e le mie cuffiette.

Non sapevo davvero a cosa pensare,cosa fare. In fermata mi fumai due sigarette una dietro l'altra, Marco camminava avanti e indietro, si disperava.

Marco  aveva proprio l'aria da bravo ragazzo, non fumava e non beveva, era l'unico ragazzo di un Istituto Tecnico che non fumava che io avessi mai conosciuto. Erano anni che era innamorato di una ragazza, Chiara. Avevamo fatto le scuole medie insieme, e ammetto che era proprio una bella ragazza. Occhi verdi,capelli biondo scuro, e un fisico mozzafiato. Ma era una troia, ma questo Marco non l'aveva mai capito.

Io e Marco eravamo completamente diversi. Tanto per dirne una io avevo più conoscenze, e avevo in media tutte le ragazzine dietro. Me ne facevo due o tre alla settimana. Per me avere una ragazza era un optional,e sommando  i conti anche per quelle con cui ci sono stato la pensavano così: io tra i miei coetanei ero quello figo. Alcuni di loro sarebbero disposti a dare la loro vita a Satana pur di uscire con me per un solo sabato.

Accesi la terza sigaretta.

"Andrea." disse Marco

"Cosa vuoi." risposi.

"Forse te ne sei fumate già troppe."

"Questa è la mia vita. E faccio ciò che voglio."

"Okay. Ma calma."

"Okay"

Tornato a casa mi distesi sul grande divano di pelle grigio che si trovava nel grande salone. Vivevo in un bel villino,avevo tutto ciò che volevo, ma mi mancava qualcosa. Forse mi sentivo soltanto solo.

Il telefono suonò. Era mia madre. Sarebbe rimasta in ospedale per tutta la notte,mi avrebbe detto dove fosse il cibo in scatola,io avrei attaccato,avei dato il cibo in scatola al cane e sarei andato al McDonal's in motorino. E così fu.

Dopo una sigaretta entrai nel fast food e ordinai un Happy Meal. Sì. Un Happy Meal. Mi piaceva troppo quello yogurt che ti davano insieme al panino e alle patatine. Sembra strano.Ma vero. 

Nel parcheggio decisi di sfilare un'altra sigaretta dal pacchetto,per poi portarla alla bocca e accenderla. D'un tratto sentii qualcuno chiamarmi.

"Scusa,hai d'accendere?"

Appena alzai gli occhi vidi una ragazza. Non era nulla di speciale. Aveva degli occhi neri,enormi,delle labbra carnose, i capelli lisci e lunghi castani chiaro, era magrissima. Ma nella sua semplicità aveva un non so cosa di diverso,particolare. I suoi occhi mi fissavano aspettando una risposta.


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