Erouna ragazza strana io, talmente strana che lottavo con me stessa per apparire normale. Amavo i libri, la scuola, il mare e le felpe, ma odiavo i professori, la sabbia che si attacca a tutto e quegli stupidì vestiti che mi rendevano simile ad una Barbie. Ero strana. Avevo sempre la musica a palla nelle orecchie e una sigaretta fra le mani. Vivevo di sorrisi ma non stavo mai bene davvero. Nascondevo dentro me un abisso di segreti che se scoperti mi avrebbero rovinato quell' immagine di 'ragazza felice' che mi ero con il tempo creata.Nascondevo un padre troppo rigoroso, troppo ubriaco o troppo perfetto. Nascondevo un'ospedale, una madre troppo stupida, un carcere in cui ero cresciuta, degli amici che m'avevano tradita,ragazzi che m'avevano usata, delle lame, coltelli, pasticche, sere perse a vomitare e a piangermi su. Nascondevo tutto curandomi bene di non far trapelare nulla. Ero brava in questo, ero davvero brava a farmi credere felice, strafottente, attenta e serena. E con quest'idea che gli altri si erano fatti di me, con quest'alone di serenità che mi era creata attorno, cosi quasi per legittima difesa,ero riuscita ad andare avanti pian piano, scoppiando in lacrime solo qualche volta, fino al quinto anno. Ero arrivata al traguardo, dovevo giocarmi tutto qui e poi era finita. Potevo dire addio a quelle merde che mi facevano soffrire, ai professori che non capivano e a quelle montate che incrociavo ogni giorno per i corridoi. Era fatta, dovevo solo resistere un pò. Facile mi ero detta, ma non fu cosi. Era iniziato insieme all'anno scolastico l'anno più brutto della mia vita, il più difficile. Cominciò cosi a sgretolarsi quell'alone quasi mistico di forza e serenità che avevo attorno, cominciò a crollarmi tutto pian piano. La scuola, la famiglia, gli amici. Tutto. Tutto era andato, e con quel tutto anche io. Avevo smesso di mangiare, di dormire e di fare qualsiasi cosa utile al mio benessere. Mi ero distrutta, ancora una volta e non avevo la minima intenzione di tornare indietro. Volevo solo andare, andare lontano, andare fino in fondo e dire addio a tutto. Era finita, per me era finita. Stavo mandando tutto a puttane. A casa era un casino, i prof non capivano e i voti scendevano. Gli amici andavano e venivano e lui non c'era più. Ero sola, totalmente sola, forse come non lo ero mai stata. Mi aggrappavo al fumo, alla mia penna e a qualche inutile tentativo sfrenato di studiare per recuperare qualcosa e mettere a tacere per una buona volta quelle merde. E andavo avanti cosi, lacrimando e sanguinando, ma da sola. Tutti mi chiedevano come stavo, ma alla fine non importava a nessuno perchè nessuno aveva voglia di combattere per un disastro. Andava tutto a rotoli, ma poi lo vidi: fu la mia luce. Lui, Christian. Era sulle scale come sempre. sorrideva. Lui che era mille volte più incasinato di me, lui che aveva smesso di sorridere, lui che soffriva come pochi sapevano fare. Girava voce sul suo stato di salute nella scuola. La notizia di un ragazzo così giovane affetto da cancro in una scuola popolata prevalentemente da pettegole gira molto facilmente. Lo capivo, lo vedevo spesso e pensavo a chi meglio di me poteva capirlo. Io c'era passata, ci avevo vissuto in quell'ospedale, sapevo procedimenti, effetti e dolori di quella merda. Lo vedevo sempre: occhi spenti, sguardo stanco,occhiaie e poca forza addirittura per salire le scale. Triste, tristeda morire, calvo, stanco di vivere. Non sorrideva più Christian, non lo faceva più da tempo. E io ci avevo fatto caso. Ma quel giorno tutto cambiò. Christian era nelle scale, stava salendo pieno di vita, sorrideva, aveva gli occhi più belli che mai, aveva la forza di un normale giovane. I capelli gli erano cresciuti, aveva fatto un buco all'orecchio e adesso sorrideva. Glielo si leggeva in faccia che stava meglio e a me si riempì il cuore a vederlo sorridere, così sorrisi anche io. Anche solo per un'attimo, anche se per lui non ebbe forse importanza, i nostri occhi si incontrarono e le nostre bocche,quella mia e quella di Christian, sorrisero. Non sapevo cosa fosse successo, ma non smisi più di parlarne. Pensavo a lui, a quanto meglio stava, al suo sorriso e a quegli occhi blu cielo nel quale mi ero persa.
Non potevo più resistere. Lui mi guardava di tanto intanto e io scrutavo il suo sorriso di nascosto. Non potevo più farcela, dovevo dirglielo. Dovevo farlo sapere a quello sconosciuto che non solo mi aveva migliorato la giornata, ma anche la settimana, la situazione incui vivevo. Cosi glielo scrissi, in anonimo però perchè non avevo poi tutto questo coraggio.
'Il Tuo sorriso mi ha riempito il cuore'. La cosa migliore che avrei potuto scrivergli. E aspetta. L'anisa, la paura di non aver inserito l'anonimo, la voglia di parlargli. Poi finalmente una risposta:'grazie, ma chi sei?'. Classico. Era ovvio che me lo chiedesse. E ora? Cosa avrei risposto? Nulla, vuoto. Cominciai a scrivergli qualche parola sparsa, sorridevo, e quando lui mi chiese di mostrarmi davvero ebbi paura. E se non ero abbastanza per lui? Solite paranoie che mi avvolgevano il capo, ma poi mi decisi. 'O la va, o la spacca'mi dissi. Gli scrissi.
'Chissà se il coraggio a volte serve a qualcosa..'
'Finalmente' Mi rispose.
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Come Carta
Teen FictionQuando tocchi il fondo e non sai più risalire improvvisamente la vita ti cambia le carte in tavola. Quando credi di non avere più una via d'uscita di botto arriva un sorriso a stravolgerti la giornata, e con lei la vita. Hope e Christian, due facce...