Capitolo 2

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Iniziammo a parlare del più e del meno. Mi stavo illudendo che lui era perfetto. Christian era più sensibile di quanto io credessi. Era Malinconico, stanco, prorio come me. Iniziarono giorni di ansia. Christian non mi aveva più scritto, e io non cercavo lui. Avevo sempre fatto cosi, credevo non gli importasse. Poi impazzii.

Un giorno all'improvviso gli scrissi, decisi di superare le mie paure e mandare a fanculo la timidezza. Era un giorno triste per me. Quella mattina ero dovuta tornare all'interno di quell'ospedale, di quell'inferno. Avevo visto bambini malati piangere, urlare e disperarsi per un gioco o per un dolore. Avevo rivissuto passo passo tutta la mia infanzia osservando una bambina dai capelli lunghi e ricci. Avevo rivisto me da piccola la prima volta che avevo messo piede in quel luogo.

'Ma che bella bimba che abbiamo qui' mi disse sorridendo malinconicamente un'infermiera.

'Come ti chiami?'

'Hope' Le risposi quasi terrorizzata 'Hope Mitchell, ho 5 anni e mezzo e tu?'

'Io sono molto più vecchia di te tesoro. Ma guarda qui che bei capelli che abbiamo signorina' esclamò quella donna con un tono quasi dispiaciuto e malinconico che ricordo ancora il momento esatto in cui i suoi occhi si spensero guardando il mio volto cambiare.

Mi disse che dovevo tagliarli un pò suscitanto in pochissimo tempo la mia antipatia. Amavo i miei capelli, e non li avrei tagliati per nessun motivo al mondo. E così feci, finchè non li persi tutti,tutti quanti, fino a ridurmi calva, del tutto calva. I primi sintomi arrivarono qualche mese prima del mio 6° compleanno, nel mese d'agosto. Lo ricordavo ancora bene quel giorno, era il 27 di Agosto. E credo che non lo avrei mai più scordato in vita mia. Dopo giorni di febbre decisamente insensata, dolori muscolari, decisi di andare a visita dal pediatra che non trovò nulla di anormale in me. Non capendo più nulla mia mamma mi fece fare degli esami che mi portarono a scoprire che dentro me giaceva una malattia che mi stava consumando giornalmente. Quando mia mamma e mio padre ne ebbero la certezza io venni ricoverata insieme a mia madre al reparto Tumori Dell'ospedale pediatrico, quello  più vicino a casa mia, mentre mio padre e mio fratello Paul si occupavano della casa. Mio padre possedeva un negozio di frutta e verdura che faceva invidia ad un intero quartiere in quel periodo, ma fu costretto a chiudere baracca e dedicarsi alla famiglia, o almeno a quello che ne restava,lavorando di tanto in tanto come muratore. Paul che allora aveva solo 10 anni iniziò a frequentare saltuariamente la scuola chiedendosi dove stava e quando tornava sua sorella. Ed io, come qualsiasi bambina di quell'età avrebbe fatto, rimpiangevo i miei tanto amati capelli, i miei giochi e mi chiedevo in continuazione quando sarei tornata a casa. Furono mesi infernali e tra un 'Voglio andare a casa mamma' e un 'no, non voglio mangiare' riuscii a superare tutto. Erano rimasti solo ricordi terribili che mi si impigliavano nella mente ogni volta che tornavo li, come quel giorno che avevo visto quellabambina.

'Hope,Hope!'

'Oh Ma sogni?'

Ripetevanoi miei mentre io saltavo su dalla sedia perchè ero troppo immersa nei ricordi per ascoltarli.

'No,sono qui, pensavo. Dicevi mamma?'

'Nulla Amore. Cosa ti succede? Avevi un'aria molto triste.' chiese dubbiosa mia madre.

'No Nulla mamma, sono solo molto stanca' dissi cercando di sviare il discorso. Mica potevo dirlo che ancora mi sentivo morire. Che quei ricordi mi tormentavano e che la vista di quella bambina mi aveva distrutta. Era bella e sorridente. Bella davvero, ma destinata a spegnersi proprio come era successo a me.

Quella giornata mi aveva distrutto. Non facevo altro che pensarci. Poi pensai a lui, di nuovo. Lui che provava certamente le mie stesse emozioni, lui che ci viveva, lui che avrebbe potuto distrarmi pensò. Fu li che lo cercai, che decisi di scrivergli. Cosi presi il cellulare, cercai il suo nome tra i miei amici di quel social e lo aprii.

       

'Ciao :)' scrissi e rimasi ad osservarlo per un pò nel dubbio se inviarlo meno. Massì dai, chissenefrega, mi dissi e lo inviai. Attesi come solo io sapevo fare. Attesi come sempre avevo fatto in vita mia nella speranza che dopo l'attesa sarebbe arrivato qualcosa di buono in quella mia vita che stava diventando spenta, vuota, che era triste già da un pò, mera routine.

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