Capitolo 8

127 44 4
                                    

Era l'appuntamento migliore che lui avesse mai avuto. Stava benone e tutto andava per il verso giusto, se non fosse per quel pensiero fisso che gli ronzava in testa: io. Ci pensava. Non poteva fare altro che trovarsi davanti i miei occhi tristi e bloccarsi pensando che avrebbe voluto far qualcosa. Ci pensava, e di tanto in tanto si incantava. Così come facevo io d'altronde. Vivevo tranquilla la mia vita, come ogni giorno avevo fatto fino a quel momento, ma non potevo fare a meno di vedermi davanti quel suo sguardo spento pochi istanti dopo trasformarsi in un sorriso e illuminarmi una giornata. Non potevo fare a meno di pensarci e di incantarmi ogni volta per qualche secondo in più, proprio come se fosse la prima. 

'Ma mi spieghi che cavolo ti prende di recente?' chiese triste e leggermente irritata Irene alla quarta volta che i suoi occhi si persero nel vuoto.

'Cosa?..'riuscì a dire lui quasi caduto dalle nuvole, ma non fece in tempo a finire la sua frase che venne interrotto da lei.

'Ti blocchi a fissare il vuoto, non ascolti, non rispondi neanche più ai miei messaggi di recente. Potrei anche scriverti che son morta e mi risponderesti solo ok oppure va bene. E questo solo perchè hai la testa chissà dove, o chissà a chi.' sospirò tristemente Irene.

'Mano che dici..'

'Se pensi ancora al passato giuro che ti uccido. Ci sono io cavolo.'

'Non penso al passato, ma non parliamone più.'

Si sentiva a disagio, in colpa. Lei non gli aveva detto più nulla, ma aveva gli occhi tristi.

'Scusa Ire, mi dispiace ma io.. vedi..'

'Come si chiama Chri?'

'Cosa?Chi?' rabbrividì.

'Lei.Deve pur averlo un nome.'

'Non c'è nessuna lei. Ci sei tu, non dire più nulla.' sentenziò lui.Mentiva, ma lo faceva a fin di bene. Irene lo guardava ammaliata e lui non poteva ferirla cosi. Stavano bene insieme e lui aveva sorriso davvero, non poteva permettersi di rovinare tutto per una stupida faccenda.

'Vieni qui..' l'abbracciò lui.

Lesi illuminarono gli occhi, credeva che adesso era il momento. Lui l'avrebbe baciata, lo voleva da tempo. Non successe.

Continuarono il loro pomeriggio cercando entrambi di non pensare ad altro.

'Scusami Irene davvero.' disse ad occhi bassi dopo averla salutata sotto casa sua.

'Non fa nulla, stai sereno.' rispose abbassando lo sguardo. Aveva gli occhi rossi e lucidi, lo stava perdendo e aveva paura. Lo sapeva che sarebbe andata così ma non fece nulla perchè alla fine rispettava lui, e con lui le sue scelte. Era felice se lui lo era, qualsiasi cosa questo implicasse.

'Chiunque sia, ti fa proprio uno strano effetto. E no, non giustificarti, so che non sono io.' continuò lei.

Non disse nulla stavolta Christian. Fece qualche passo avanti e abbracciò la ragazza che cercava nel frattempo di tenere le lacrime. Fu l'abbraccio più lungo che i due si scambiarono. Non ci furono altre parole, si salutarono e andarono per strade diverse.

Salì le scale di casa sua sconfitta Irene. Prese in mano il cellulare e scrisse:

'...però sai cos'è? Che chiunque essa sia, io non mollerò mai. Io ti vengo a prendere e un giorno ti avrò. Però sorridi che sei bello.'

Lo inviò e pochi secondi dopo arrivò al cellulare di Christian che leggendolo non seppe far altro che sorridere.

'Vieni quando vuoi.' rispose e si asciugo gli occhi. Le lacrime scesero da sole mentre camminava. Irene gli voleva davvero bene e anche lui, ma voleva poter pensare solo a lei.

Come CartaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora