In cerca di una salvezza

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"Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo; mio scudo e baluardo, mia potente salvezza"
(Salmo 18,3)

"Perché non sei ancora in vita, se Dio è la tua salvezza?" chiese Michelle, gettando la Bibbia dentro al cranio aperto della proprietaria di casa, producendo un tonfo umidiccio e rivoltante.
A Michelle nulla importava della finezza e della compassione: era un'azione ripetuta talmente tante volte da risultarle indifferente.

Non era mai stata un'amante di sgozzamenti umani. Per intenderci, lei era la cacciatrice delle volpi.
U

n'illegale cacciatrice, esperta nel tiro con l'arco, in grado di mirare l'occhio dell'animale a distanza anche di un kilometro. Poi lo squartava, senza battere ciglio, e vendeva la pelle ai trafficanti clandestini, incassando i soldi e tenendo la carcassa per sé. Una normale ventenne spensierata e conformista.


Avendo il mondo contro, però, era necessario trasformarsi in perfetti, sadici assassini, e al diavolo l'etica.
I deboli venivano sopraffatti dagli zombi e mal visti dai forti, protagonisti di questa nuova era. O uccidevi o non eri umano. Semplice.

Michelle trafugó i cassetti della camera da letto alla ricerca di materiale utile: slip, collane da bigiotteria, bretelle, sigarette...
Decise di provare in bagno, rubando un kit di pronto soccorso. Aprí il rubinetto della doccia, stupendosi di trovare l'acqua fredda: con la chiusura della corrente e il caldo torrido era difficile non trasformarsi in una palla di fuoco.
Si tolse i vestiti macchiati e si fece una bella doccia con il bagnoschiuma alle mandorle, spogliandosi anche di tutte le ansie dell'ignoto futuro.

Era un miracolo che fosse ancora viva: ogni mattina ringraziava la buona sorte (e non Dio, perché 'Avesse le palle mi tirerebbe fuori da questo casino d'inferno') di avere un corpo ancora funzionante e una mente ancora lucida.
Come arrivò a Macon era un mistero persino per lei.
Aveva incontrato a distanza quasi un milione di vaganti diretti verso i centri città, una ventina di persone ferite e disperate, un paio di cani scheletrici e nessun gruppo disposto ad accettare la sua proposta.
Poco le importava: se la cavava da sola da ben 35 giorni.

Una volta rivestita, scese al piano di sotto e, con una sigaretta in bocca, mappó i suoi spostamenti nella fedele cartina stradale. Aveva ancora un paio d'ore di riposo prima del crepuscolo. La notte era la miglior compagna per la mimetizzazione.

Si concesse un breve pisolino, e alle 20 proseguì il cammino verso sud.

Evitò apposta la via più breve nel centro città di Macon, spostandosi in periferia dove gli zombi erano in minoranza, poche manciate sparse in mezzo alla carreggiata. Se non le davano noia non li colpiva, se non la notavano ancora meglio.
Erano lenti, sproporzionati per la mancanza di alcuni arti, putrefatti dalla calura e dal marciume della pelle grigiastra chiazzata da vene esangui.

Il passatempo di Michelle era quello di figurarsi la professione precedente di ogni vagante: era un medico? Un militare? Un pedofilo?
"Tu eri una bella puttana" sussurró a una zombie nuda, il seno marcio legato al petto da un fascio di muscoli. L'infetta si voltò verso la fonte del suono, ringhiando sommessamente e avanzando lemme lemme.
La ragazza tirò fuori il machete dalla cintola e con un colpo netto le trapassó il cranio. Una morbosa soddisfazione la investí. Premette la punta della spada fino al cervelletto, sentendo le ossa frantumarsi, e poi la sfiló senza uno schizzo di sangue.
"Deliziosa, tenera, puttana. Scommetto che nessuno ti è entrato in questo modo" disse infine, scoppiando a ridere.

Era disgustata e sconcertata da certi suoi atteggiamenti, ritenendosi una schizofrenica, ma era una condizione necessaria per sopravvivere a questo mondo malato.
-Balle. Eri pazza ancora prima di tutto questo. Ti sei sempre preparata per la nobile guerra, affrontando i demoni della tua mente. E ora ce li hai di fronte, in carne putrefatta e ossa. Una vera goduria-.

Non appena calò l'oscurità, si diresse in uno degli isolati con la stradina più ristretta e meno affollata della periferia, strusciando sui muri o sui retri delle case allineate lungo la carreggiata.

Scavalcó rapida una recinzione di un cortile, convinta di essere inseguita da un paio di zombi che l'avevano fiutata, e...

SLANG!!!

Il piede destro finí in una trappola a scatto circolare, penetrando i suoi denti aguzzi nel polpaccio con un sibilo minaccioso. La ragazza gemette dal dolore e dalla frustrazione: come aveva fatto a non notare questa trappola per animali? Lei, che le piazzava strategicamente lungo le rive di un fiume e che osservava insofferente la fine della vita delle volpi, castori, cerbiatti?

Si chinò a fatica per tirare la levetta dell'apertura a scatto quando, dalla porta sul retro, uscì un vecchio armato di fucile rudimentale.

"Che bel bocconcino!" esclamò questi, gli occhi colmi di eccitazione perversa, "e chi l'avrebbe mai immaginato di intrappolare una donzella in fuga? Non sono ancora arrivato a mangiare carne umana, ma a desiderarla, invece...".
Si avvicinò a passi felpati, come una tigre che studia la sua preda per assalirla nel modo migliore. Accarezzò la guancia della ragazza, ora dritta e col respiro affannoso di rabbia repressa.
Le dita ruvide e sporche si spostarono maliziosamente sul collo, sullo sterno, sul seno prominente...

L'apertura della trappola scattò, e un secondo dopo un calcio poderoso nel basso ventre fece fermare il gesto dell'uomo, che si accasció dolorante in ginocchio. Michelle gli rubò il fucile e gli sparò nella spalla. Il contraccolpo la fece indietreggiare di un centimetro, ma ricaricó l'arma e mandò in frantumi una finestra, facendo levare un urlo femminile all'interno. Gli zombi, sparpagliati nel viale, si diressero più carichi verso il frastuono. Proprio come dei piccioni quando gli si lanciano le briciole.

Michelle avrebbe voluto godersi lo spettacolo della morte lenta e dolorosa del vecchio pervertito, (sigaretta in mano come un boss), ma decise di non mettere in pericolo la sua vita e corse zoppicando dall'altra parte della carreggiata, mimetizzandosi malamente.

La gamba era come fuoco. Il sangue colava abbondantemente, inzuppando i jeans e il calzino. La mente disturbata iniziò a considerare le mille eventualità di infezioni e la non-morte. Doveva continuare...doveva disinfettarsi...era così in vista!
-Sei così debole. Morirai come sono morti i tuoi cari. Vedrai la rinascita sotto un altro punto di vista, ed è quello che ti meriti dopo aver fatto ucc...-.
"Basta!" ringhió la ragazza con le lacrime agli occhi.
Si accasció semicosciente accanto a un cespuglio di una villetta, frugando rumorosamente nello zaino alla ricerca del kit pronto soccorso.

Una badilata le fece perdere del tutto coscienza.

Carl fissò paralizzato la ragazza sanguinante, investito da un'improvvisa ondata di colpevolezza. Cazzo, ma era umana!

Deglutí sonoramente, fissando il punto in cui gli zombie si stavano dirigendo in massa verso la casa del lato opposto, ignari della loro presenza; la prese delicatamente in braccio e la portò dentro la villetta, chiudendosi la porta alle spalle.

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