Capitolo 30 (Ultimo)

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Il cibo era come il solito molto vario e delizioso: le pietanze, piene di colori e sapori delicati, servite in tanti piccoli recipienti da cui ognuno prendeva ciò di cui aveva bisogno.

Trovavo quel modo di mettersi a tavola umanamente più nutriente, non solo per il fisico, ma anche per lo spirito.

Nel ricevere un unico piatto con la propria porzione, oppure nell'essere serviti in maniera fredda e meccanica da chi è pagato per farlo, non trovavo lo stesso nutrimento emotivo, non c'era comunicazione, nessuna comunione.

Invece, in quei pasti comuni, nell'essere a tavola tutti insieme, nel prendere il cibo da ciotole messe a disposizione di tutti, nel condividere il pane, c'era in me la sensazione di un appagamento che andava aldilà del soddisfare i bisogni dello stomaco.

La mattinata era stata intensa e molto interessante, Giuda aveva condiviso con noi uno degli insegnamenti segreti di Gesù, lezioni che mi ritornavano alla mente, mentre aiutavo a preparare per il pranzo, quando cercavo di immaginare quali potevano essere gli Archetipi primari delle persone a me più vicine, i miei colleghi, i miei amici.

Pur se con pochissimi dati a mia disposizione, trovai rapidamente alcune delle descrizioni ascoltate durante la mattinata in coloro che conoscevo meglio, tanto che rimasi quasi sorpreso dalla facilità di applicazione di dottrine tanto fuori del comune.

Iniziai il pasto con la mia mente impegnata ad elaborare congetture ed ipotesi sui possibili usi, estensioni e sviluppi della teoria degli Archetipi, tanto che per un po' mi persi nell'inseguire scenari fantastici creati dalla mia fantasia.

Quando finalmente tornai ad un presente molto più semplice e reale, notai subito come il pasto si stesse svolgendo in un silenzio irreale, come se fosse successo qualcosa di cui io non mi ero però accorto, oppure come se tutti sapessero cose di cui io non ero a conoscenza.

Solo Giuda, senza mai distogliere il suo impegno dal cibo che arrivava e scompariva rapidamente dal suo piatto, ci guardava a turno con uno sguardo tenero e divertito insieme.

Forse notò il mio essere perplesso, forse volle solo scuotermi dai miei dubbi, forse lo fece per qualche ragione che non saprò mai, ma ad un certo punto smise di mangiare e si fermò a fissarmi, dritto negli occhi, con un'espressione che sembrava più dolce del solito, senza dire una parola, né accennare alcuna espressione che potesse anche solo farmi intuire il suo pensiero.

Io rimasi sorpreso, quasi sconcertato dal suo comportamento, tanto che mi bloccai, impossibilitato a staccare gli occhi da quel volto e contemporaneamente incapace di elaborare qualsiasi ipotesi su ciò che stava accadendo.

Fu Joachim, seduto alla mia sinistra, a darmi un indizio che mi aiutò a superare quel momento di vuoto.

<<Ci pensi com'è passato veloce il tempo?>> disse voltandosi verso di me, <<solo tre giorni fa eravamo seduti entrambi al ristorante di Bill senza neppure conoscerci...>>

Io ascoltai la frase senza distogliere lo sguardo da Giuda, aspettavo un segnale dall'Angelo Guerriero, mi arrivava invece un commento apparentemente senza senso da chi, come me, aveva "il Prete" come Archetipo.

Cosa importava ora il nostro incontro da Bill, perché mai Joachim era intervenuto in quel modo e perché Giuda non diceva nulla, quando io avevo bisogno di sentire qualcosa da lui?

Fu solo un attimo, poi compresi e nella mia mente fu il caos.

<<Tre giorni>> realizzai finalmente, <<tre giorni, i tre giorni che erano stati assegnati per questa missione stavano terminando, ecco la ragione di tutto questo silenzio, Giuda ha compiuto il suo tempo, e a breve se ne andrà.>> pensai tra me, mentre una sorta di panico si impadroniva del mio essere.

Un Angelo di nome GiudaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora