Capitolo 3 - New York 11 Settembre 2015 "Tormenta" - Parte 1

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Berdie

Tum, tum, tum, tum.
Tum, tum, tum, tum.
"Oddio!"
Il rumore di qualcuno che bussa alla mia porta mi sveglia da un vero e proprio incubo. Stavo sognando di essere a scuola, alla lezione di fisica, quando improvvisamente tutti avevano iniziato a parlare in una lingua incomprensibile. Il professor Higgins mi stava dicendo qualcosa che io non capivo e questo lo faceva sbarellare di brutto. Mi chiedeva se  avessi per caso problemi di comprendonio, accompagnato dalle risate della ragazza bionda e delle sue amiche spocchiose. 
"Berdie, sei sveglia!"
È la voce di quell'idiota di mio cugino quella che gracchia fuori dalla mia porta.
"Ma che ora è ..." balbetto, la voce impastata dal sonno.
Josh spalanca la porta ed entra ignorando ogni buona maniera. E che diavolo avrei anche potuto essere nuda, ma come sempre sono trasparente, quindi cosa importa?
"Sono le quattro e mezza, è ora di andare!" mi comunica, con il tono che un sergente istruttore userebbe con la sua recluta.
"Andare?" chiedo, nascondendomi dietro alla coperta. È vero che c'è poco da guardare, però non voglio che lui mi veda in mutandine e canottiera.
"Dobbiamo andare a comperare i fiori per il negozio e se non ti schiodi da lì, rimarremo con un pugno di mosche. La merce migliore è la prima ad essere venduta, quindi se non vuoi saltare i prossimi pasti ti consiglio di muoverti!" dice, afferrando la mia coperta e buttandomi giù dal letto.
"E la scuola?" chiedo, atterrita. Forse zio Al e zia Danette pensano di ritirarmi dagli studi e di sfruttarmi come manodopera a basso costo!
"Ti do io uno strappo, prendi il tuo zainetto."
Nel giro di quindici minuti siamo fuori. Il quartiere è ancora addormentato e le macchine che incrociamo si possono contare sulle dita di una mano. Certo, quale persona sana di mente di avventurerebbe fuori di casa a quest'ora?
Sbadiglio. Magari potrei fare un sonnellino durante il tragitto.

Al contrario di quello che pensavo, il mercato dei fiori è un posto pieno di vita. Qui sembra di essere al centro di Manhattan a mezzogiorno. Uomini in fila davanti alle bancarelle che urlano come ossessi per aggiudicarsi le partite migliori.
Josh si fa strada a spintoni e per qualche secondo lo perdo di vista, poi eccolo spuntare davanti ad una bancarella di rose rosse.
"Due dozzine, per me, quanto vengono?" grida, cercando di far sentire la sua voce, mentre mi fa cenno di farmi avanti. Mi chiedo cosa voglia da me, sembra assolutamente in grado di cavarsela da solo. Ma il mio dubbio non dura per molto ancora, Josh mi indica un carrello che è appoggiato al muro, con altri carrelli simili.
"Non restare lì impalata come un'idiota" mi dice, "datti da fare, prendi quel carrello e vieni qui!"
Così passiamo l'ora successiva al mercato dei fiori, lui contratta e mi passa la merce e io spingo il carrello che mano a mano diventa sempre più pesante.
Quando ormai lasciamo il mercato, il sole è già sorto e ha iniziato a rischiarare le strade.
"Dovresti ringraziarmi" dice Josh, mentre scarico il contenuto del carrello nel furgone.
Lo guardo senza rispondere.
"Ti sto insegnando un mestiere" conclude, accendendosi una sigaretta.
Una volta arrivati in negozio, ci sono i fiori da scaricare e da sistemare nei vasi, i vasi da riempire d'acqua, il pavimento da pulire e finalmente possiamo ripartire verso la scuola.
Sono le otto meno cinque e il profilo della George Wahington mi sembra un miraggio che si materializza nella nebbia. Ho appena il tempo di scendere dal furgone e correre alla prima lezione della mattinata.
"Signorina Chance" mi apostrofa il professore mentre entro a lezione cominciata, lanciandomi uno sguardo di fuoco.
Mi scuso e striscio lungo il muro, cercando il mio posto, tra le risatine generali. Quasi non guardo il mio compagno di banco, mentre sposto la sedia a tastoni per evitare di cadere a terra, gli occhi incollati a terra. Vorrei sparire. Possibile che adesso non riesco ad essere invisibile? E' quello che di solito mi riesce meglio!
Il professore ci dice di aprire il libro di letteratura a pagina 125. Shakespeare.
"Romeo e Giulietta, oggi parliamo di quelli che forse sono gli amanti più famosi della storia."
Sussurri e risolini accompagnano la sua tirata.
"Che cosa ci attira così tanto di questa storia ancora oggi?" chiede, rivolgendosi alla classe. Qualcuno alza la mano.
"Che lui era un gran figo?" dice la ragazza che si chiama Samantha.
Il professore ignora la risposta. "Romeo ama Giulietta e ne è ricambiato. Il loro è l'amore perfetto, ma osteggiato dalle reciproche famiglie. Nonostante tutto il vero nemico dei due giovani è un altro."
Tutti si guardano perplessi.
"Il fato" continua il professore, ormai preso dal suo discorso, "Un Dio severo e incomprensibile, che decide il loro destino."
La sedia mi sembra così comoda dopo tutte queste ore di lavoro! La voce del professore che inizia a leggere il famoso brano del balcone è dolce e profonda, quasi una melodia, una ninna nanna.
Scivolo sul banco. In fondo è solo per qualche secondo penso, non se ne accorgerà nessuno.

Too late to say I'm sorryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora